Guardando indietro, sembra come se fosse un altro vulcano, l’Etna di 25 anni fa. Era un’estate infernale, in Sicilia faceva quasi altrettanto caldo che in questo rovente luglio del 2023. E l’Etna da ormai 3 anni stava dando spettacolo con tutti e quattro i crateri sommitali in attività (Figure 1 e 2). I primi due a risvegliarsi dopo due anni di calma, a fine luglio 1995, erano stati il cratere Bocca Nuova e quello di Nord-Est, seguiti a novembre 1996 dal Cratere di Sud-Est, e infine, a luglio 1997, dal cratere Voragine.
Il Cratere di Nord-Est (Figura 3), dopo una serie di episodi di fontane di lava (parossismi) tra novembre 1995 e giugno 1996 e trabocchi lavici a luglio-agosto 1996, si era un po’ calmato, anche se il 27 marzo 1998 ci fu ancora una singola fontana di lava durante quello che sarebbe stato l’ultimo parossismo del Cratere di Nord-Est fino ai nostri giorni. Nei caldissimi giorni di fine giugno – inizio luglio 1998, l’attività del Cratere di Nord-Est si limitava a sporadici getti di lava incandescente all’interno del suo profondo pozzo craterico.
Molto più “pimpanti”, invece, gli altri tre crateri sommitali: all’interno della Bocca Nuova c’erano due centri eruttivi principali, quello ad ovest (ora conosciuto come “BN-1”) con un grosso cono che conteneva diverse piccole bocche in attività (Figura 4a), e quello a sud-est (“BN-2”, spesso anche chiamato “bocca del 1964” o “bocca della spagnola”, riferendosi ad una turista spagnola scomparsa in circostanze misteriose durante una visita alla Bocca Nuova. In alcuni momenti, dalla BN-1 venivano emesse piccole colate di lava, che si espandevano sul fondo craterico circostante (Figura 4b, d).
Durante il mese di giugno 1998, l’attività della Bocca Nuova – soprattutto della BN-1 – si intensificò gradualmente. Durante un sopralluogo effettuato l’11 giugno, la più grande delle bocche della BN-1 produceva delle violentissime esplosioni, che lanciavano brandelli di lava incandescente in direzione obliqua contro le pareti interne del cratere ed a basso angolo oltre l’orlo craterico (Figura 4c). Questa intensa attività esplosiva metteva in pericolo chiunque si affacciasse al cratere, ragione per cui l’accesso ai crateri sommitali era limitato.
Il Cratere di Sud-Est, il più giovane dei quattro crateri sommitali etnei, da più di un anno e mezzo era in uno stato di “attività persistente”, con quasi continue, modeste esplosioni stromboliane accompagnate dall’emissione di piccole colate di lava. Nel corso di questa attività, che era iniziata a novembre 1996, sul fondo craterico si era formato un piccolo cono di scorie, alto qualche decina di metri, che era la sede dell’attività stromboliana. L’attività effusiva si manifestava attraverso bocche che si aprivano sui fianchi ed alla base di questo nuovo cono, cambiando spesso posizione. Dalla metà di luglio 1997, la lava traboccava sui fianchi esterni del Cratere di Sud-Est, formando una sorta di “corazza” di lava intorno al suo cono. Nel frattempo aveva anche riempito quasi tutta la depressione craterica, in maniera tale che il conetto intracraterico si ergesse su una piattaforma all’altezza dell’orlo craterico (Figura 5)
L’attività della Voragine
Protagonista indiscusso di quella estate, però, fu il cratere Voragine (spesso anche detto “Centrale”), che assieme al cratere Bocca Nuova occupava ciò che una volta rappresentava davvero il Cratere Centrale dell’Etna. Nella seconda metà degli anni ‘90 questi due crateri erano separati da una sottilissima parete, il cosiddetto “diaframma”, che presentava una spettacolare cresta frastagliata (Figura 6a). Dall’anno precedente, al centro del fondo craterico della Voragine era in attività un conetto, intorno al quale si era formata una piccola piattaforma lavica, e a novembre 1997 una seconda bocca si era aperta sotto il “diaframma”. Ambedue all’inizio del 1998 mostravano un’attività molto ridotta, ma da maggio si osservò un netto aumento dell’attività alla bocca sotto il “diaframma”, e il 4 giugno quella bocca era in piena attività stromboliana, spesso in alternanza con brevi fontane di lava (Figura 6a).
Undici giorni dopo, il 15 giugno, lo scenario era diverso: ora era la bocca al centro della Voragine a produrre l’attività più intensa, alternando esplosioni stromboliane a vere e proprie fontane di lava stile hawaiiano (senza alcuna emissione di cenere). Gli episodi di fontana di lava producevano anche trabocchi lavici dalla bocca, che si espandevano sul fondo craterico (Figura 6b). Il 22 giugno, fu di nuovo la bocca del “diaframma” sede di una vivace attività stromboliana (Figura 6c), mentre la bocca centrale taceva. Il 1° luglio, le due bocche produssero fontane di lava, che lasciarono un deposito di scorie sul lato orientale del cratere, fino al Cratere di Sud-Est. Il 4 luglio era in attività soprattutto la bocca centrale, e nel cratere era presente un notevole volume di nuovi prodotti eruttivi.
In quei giorni la Sicilia era interessata da una fortissima ondata di calore, con picchi di oltre 45°C registrati a Catania. Il 4 luglio, il termometro alla stazione di partenza della Funivia dell’Etna mostrava una temperatura di 33°C (a 1900 m di quota!).
Straordinaria la dinamica della Voragine il 13 luglio 1998 (Figura 6d): quel giorno, infatti, erano in attività ambedue le bocche interne, quella del “diaframma”, che produceva frequenti getti di lava e cenere, mentre in quella centrale si formavano, quasi ininterrottamente, delle grosse bolle di lava (Figura 7a), che si gonfiavano durante alcuni secondi per poi scoppiare (Figura 7b) con fracasso assordante, lanciando immensi brandelli di lava fino a 200 m sopra la bocca. La stessa sera, lo scenario era nuovamente cambiato: non c’erano più le bolle di lava che scoppiavano, ma erano molto attive sia la bocca centrale sia quella del “diaframma” (Figura 7c) con costanti getti di lava alti 100-200 m.
Durante la serata, il numero di bocche attive al cono centrale si portò a 5, e queste producevano basse fontane di lava e diverse colate laviche che si espandevano sul fondo craterico circostante (Figura 7d). Anche la bocca del “diaframma” era molto attiva, con getti lavici a volte alti centinaia di metri. Dalle aree abitate circostanti e fino alla città di Catania lo spettacolo era ben visibile e, di notte, si sentivano i potenti boati prodotti dalle esplosioni. Allo stesso tempo, continuava l’attività all’interno della Bocca Nuova e la persistente attività stromboliana ed effusiva al Cratere di Sud-Est. Il vulcano sembrava estremamente carico.
Il parossismo del 22 luglio 1998
Nel pomeriggio del 22 luglio, l’attività eruttiva della Voragine mostrò un repentino aumento. Fortunatamente c’erano poche persone in area sommitale – una coppia di turisti tedeschi, che si stavano avviando alla discesa verso l’area della Funivia dell’Etna, e una guida dell’Etna con ormai decenni di esperienza . Il parossismo iniziò in maniera piuttosto repentina, con la formazione di alte fontane di lava e di una colonna eruttiva che rapidamente raggiunse un’altezza di 12 km sopra la cima dell’Etna (Figura 8). Un’intensa ricaduta di materiale piroclastico si propagò dall’area sommitale verso sud, depositando cenere a Catania ed interrompendo le operazioni all’aeroporto di Catania (per la prima volta dopo 12 anni).
Il parossismo durò poco tempo – la fase più intensa solo pochi minuti, e dopo mezz’ora l’attività ritornò più o meno quella di prima. Però in quel breve tempo, l’area sommitale fu sconvolta. La pesante ricaduta di brandelli di lava fluidi sull’orlo occidentale della Voragine generò una colata di lava insolita – una colata cosiddetta reomorfica, alimentata cioè dalla coalescenza e dal fluire di quei brandelli di lava ancora liquida. Questa colata si estese verso ovest, interrompendo la strada sterrata che collegava i versanti sud e nord della montagna. Più a monte, questa stessa colata trascinò con sé l’intero fianco meridionale del Cratere di Nord-Est, lasciando una parete quasi verticale. Un’altra colata reomorfica si riversò dentro l’adiacente cratere Bocca Nuova, coprendo tutto il fondo craterico tra le bocche BN-1 e BN-2. Lungo l’orlo orientale della Voragine si formò un fitto sistema di fratture beanti, che negli anni successivi si sarebbe prolungato sempre di più in direzione del Cratere di Sud-Est.
Lo stesso Cratere di Sud-Est continuò per alcuni giorni con la sua ormai consueta attività stromboliana-effusiva, però il 28 luglio, questa attività si arrestò e per 7 settimane il cratere rimase completamente inattivo.
Agosto-Settembre 1998
Diversa, invece, fu l’attività della Voragine, che dopo alcuni giorni di fenomeni relativamente ridotti, ritornò a manifestarsi ad alti livelli durante il mese di agosto 1998. Dopo un breve episodio di fontane di lava, il 7 agosto, iniziò una intensa attività esplosiva da diverse bocche all’interno del cratere: una grande bocca nella posizione centrale, e diverse, più piccole, nella zona del “diaframma” (del resto, quest’ultimo si era abbassato durante il parossismo del 22 luglio, e la sua cresta frastagliata era diventata liscia). A fine agosto, da una bocca posta letteralmente sul “diaframma” (Figura 9a), una cascata di lava si riversò nella Bocca Nuova (Figura 9b). L’attività era anche caratterizzata dalla formazione di dense nubi di cenere (Figura 9c, d).
Nella prima metà di settembre, l’attività della Voragine si calmò progressivamente, e per molti mesi questo cratere rimase in uno stato di riposo.
Nel mattino del 15 settembre, d’improvviso si risvegliò il Cratere di Sud-Est e all’inizio sembrava dovesse riprendere la sua persistente attività stromboliana-effusiva. Presto, però, fu evidente che l’attività stava prendendo un carattere episodico e gli eventi divennero progressivamente più intensi e più brevi: era cominciata una nuova serie di parossismi, che sarebbe durata, con un totale di circa 22 eventi, fino al 4 febbraio 1999.
Ma questa è un’altra storia.
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