di Antonella De Francesco
Per chi come me è nato negli anni sessanta il film “Fai bei sogni” del regista Marco Bellocchio, tratto del best seller di Massimo Gramellini, non può che rievocare ricordi di una infanzia semplice dove si viveva, si rideva e si giocava con poco in Sicilia come a Torino, dove il film è ambientato.
Noi immaginavamo quasi tutto quando eravamo piccoli , amici immaginari ne abbiamo avuto almeno uno con cui giocare o anche un supereroe che ci venisse a salvare nei momenti più difficili Un salto tra i divani poteva rappresentare un tuffo acrobatico visto in televisione e il nascondino era il gioco per eccellenza, da fare anche con la mamma a casa in una grigia giornata di pioggia.
La mamma, specie se casalinga, è stata il nostro costante punto di riferimento: presente, allegra, rassicurante, in lei riponevamo tutte le nostre aspettative affettive .
Mentre scorrevano le immagini del film, mi sono chiesta se noi, a nostra volta, siamo state madri rassicuranti e presenti alla stessa maniera o se non siamo apparse troppe volte vulnerabili e insicure agli occhi dei nostri figli. Ma se la madre di Gramellini avesse avuto più coraggio per se stessa e avesse trovato la forza di dire che aveva paura, forse avrebbe regalato al proprio figlio una vita diversa.
Un lutto può cambiare una intera esistenza e il superamento di questo può richiedere buona parte di essa, specie se vengono sottaciute le ragioni della morte.
Perché la morte, come l’abbandono, ha per chi resta il sapore amaro della beffa, la delusione perché ci si sente traditi, privati del domani, mutilati dei sogni.
Il regista sceglie una ambientazione cupa dal ritmo lento, a volte opprimente, senza sentimentalismi , senza commozione, tra presente e passato, giochi e preghiere, in un mondo senza spiegazioni rendendo bene, però, a mio parere, lo sforzo del protagonista di ricostruire da adulto le sequenze di una scomparsa, di quegli attimi che l’anno preceduta e di quelli che l’hanno seguita, nel tentativo di trovare quel maledetto filo logico
che tiene insieme presente e passato, quella consequenzialità senza la quale non riusciamo ad andare avanti, quel dettaglio che può darci la chiave di lettura di ciò che non vogliamo accettare e che non sappiamo superare. Soltanto la verità riesce a ricompattare la visione completa degli accadimenti e a liberare Massimo dai tormenti dell’anima, dal peso di una mancanza, anche se con la amarezza che la persona tanto amata, in fondo , semplicemente, non ha avuto lo stesso coraggio dei nostri supereroi di restare ” nonostante tutto”.
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