di Boris Behncke
Dovete immaginare che una trentina di anni fa, quando ero studente di Scienze Geologiche in Germania e dovevo per la prima volta tenere un seminario davanti agli altri partecipanti al corso di “Seminari Geologici”, ho dovuto leggere parola per parola il testo che mi ero preparato e stampato su un foglio di carta. Ero incapace di parlare liberamente davanti ad un pubblico, persino quando l’argomento di cui parlavo era “Vulcanismo”! Solo anni dopo ho superato questo blocco e sono riuscito ad esprimermi senza problemi e senza dover prepararmi un foglio da cui leggere. Ho scoperto che parlare ad un pubblico – che siano altri scienziati durante un convegno o semplicemente gente interessata – può essere estremamente piacevole, soprattutto se si riesce a presentare un argomento in maniera accattivante, semplice e divertente.
Ricetta molto efficace quando si tratta di incontrare la gente che vive in zona ad alto rischio sismico e vulcanico, come qui intorno all’Etna e spiegare loro cosa sta succedendo, come funziona questo vulcano e come funzionano i terremoti nostrani, come prepararci e proteggerci per poter vivere più serenamente con questi fenomeni. In questi ultimi 5-6 anni, sono stato invitato decine di volte a tenere conferenze a scuole o per il pubblico generale nell’area etnea. Ovviamente la domanda di questi incontri aumenta sensibilmente quando succedono cose che mettono la gente in ansia o causano disagi, come le frequenti e spesso pesanti ricadute di materiale piroclastico durante le numerose fontane di lava negli anni 2011-2013. Però mai è stata la richiesta così diffusa ed urgente che in questi ultimi mesi, ovvero dopo gli eventi eruttivi e sismici sull’Etna nel periodo natalizio del 2018.
Presto fu chiaro che si sarebbe trattato di un vero e proprio “tour”, di città in città e di scuola in scuola, fra Catania e paesi etnei e persino Messina: fra fine dicembre 2018 e fine marzo 2019 una trentina di conferenze, non contando gli appuntamenti settimanali con le scolaresche in visita alla sede catanese dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Osservatorio Etneo. Divulgazione in veste di ricercatore dell’INGV, si chiama “la Terza Missione” (vedi l’articolo precedente del collega ed amico Marco Neri qui su IlVulcanico.it), che opta per la diffusione di informazioni scientifiche al pubblico generale. Ciò richiede una buona capacità di comunicare, usando un linguaggio accessibile e comprensibile senza però banalizzare, di rendere l’argomento attraente per il pubblico, ma anche un’ottima padronanza dell’argomento di cui si parla.
Discorso relativamente facile in “tempi di pace”, quando non siamo in una situazione di crisi o persino di emergenza: là abbiamo una quasi totale libertà di discutere scenari di terremoti ed eruzioni ed il loro impatto, e dare consigli su come difendersi nel caso si verifichi un determinato scenario. In situazioni di emergenza cambia tutto: là, bisogna pesare ogni parola, bisogna evitare di essere troppo “allarmisti” o troppo “tranquillizzanti”, bisogna essere in sintonia con la comunicazione da parte dell’istituto e della Protezione Civile.
In una tale situazione è cominciato il “tour” di conferenze, che ho voluto chiamare “Fra terremoti ed eruzioni: vivere su una terra che ancora sta nascendo”, e uno dei primi appuntamenti era proprio a Fleri, uno degli abitati più duramente colpiti dal terremoto del 26 dicembre 2018. L’incontro era stato programmato in una saletta presto rivelatasi troppo piccola per il grande numero di persone che si sono dette interessate della conferenza. Così è stata allestita l’aula della Scuola Elementare di Fleri, dove quella sera – era il 12 gennaio 2019 – si sono radunate circa 300 persone, circa un terzo della popolazione del paese. Atmosfera carica di preoccupazione e ansia, ma anche di un immenso bisogno di sapere: qual è la verità, qual è la realtà dell’attività sismica e vulcanica in quella zona, quanto bisogna tener conto degli annunci catastrofisti sui “social”?
Il mio segreto per far funzionare la comunicazione anche in casi come questo è … di divertirmi mentre faccio la conferenza, e di far divertire il pubblico, soprattutto quando si devono passare i messaggi seri e non tanto belli. Lo è il misto fra dramma e aneddoti e battute, momenti di riflessione in alternanza con intervalli di video e musiche a ritmo frenetico. Lo è, infine, il coinvolgimento del pubblico, l’ormai consueto “esame su che cosa è la magnitudo”, ma ovviamente anche – e soprattutto – le spiegazioni scientifiche dei fatti e dei processi.
Ho notato, a Fleri come in molti altri posti dove la gente da mesi vive con la psicosi dei terremoti, che loro non si aspettano da noi scienziati una falsa consolazione, non vogliono sentirsi dire “tranquilli, non succederà niente”. Le persone hanno solo il desiderio di sapere cosa sta veramente succedendo e cosa significa, accettano anche che ci troviamo di fatto in una zona ad alto rischio sismico e vulcanico, e che inevitabilmente in futuro ci saranno terremoti più forti, e l’Etna farà eruzioni potenzialmente distruttive. Però non bisogna fermarsi ad annunciare i disastri del futuro: bisogna anche offrire soluzioni, dare consigli su come affrontare le crisi che verranno e su come comportarsi in caso di terremoti ed eruzioni.
Lo scopo principale di queste conferenze è di disseminare la conoscenza dei fenomeni che possono risultare dannosi per noi, e ovviamente lo si deve fare soprattutto con i giovani, e quindi alle scuole. Gli incontri con i bambini e con i ragazzi sono forse quelli più belli in assoluto, perché è con loro che bisogna costruire un futuro diverso, è a loro che bisogna dare questo immenso compito di cambiare le cose in questo Paese, l’impegno di portare avanti quella che dovrebbe diventare una vera e propria rivoluzione antisismica. Formula di particolare successo: gli “INGV-Day” presso le scuole, incontri fra i giovani e diversi colleghi dell’INGV, con conferenze su vari argomenti e dimostrazione di strumenti come sismografi, telecamere termiche e droni.
Succede, ogni tanto, che incontro una persona giovane che mi dice: “Ho assistito alla tua conferenza di qualche anno fa, e ho deciso di iscrivermi in Scienze Geologiche per diventare vulcanologo o sismologo”. Succede anche che incontro delle persone che, dopo aver sentito una delle nostre conferenze, hanno assunto una visione diversa dei fenomeni sismici e vulcanici in zona etnea, perché ora capiscono meglio come funzionano, quali problemi possono causare, e come mitigato il loro impatto.
Ma il lavoro ancora da fare è enorme e come sempre, quando i fenomeni si attenuano e le anime si calmano, si tende a rimuovere i pensieri e occuparsi di altro. Questa però deve essere la volta buona, quella che lascia un segno e che ci porta avanti sulla strada verso la “rivoluzione antisismica”.
Con il titolo: Boris Behncke a Catania all’Istituto Comprensivo Pizzigoni
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