Lo hanno chiamato l’incappucciato. Nella lingua islandese infatti Hekla significa incappucciato, ed è proprio per la caratteristica di avere quasi sempre la vetta coperta da nuvole che gli abitanti dell’Islanda (letteralmente la Terra dei ghiacci) hanno denominato così questo vulcano, uno dei più conosciuti dell’isola.
Oggi, forse, il più noto dei vulcani islandesi è quello dal nome quasi impronunciabile, salito agli onori della cronaca dieci anni fa, quando costrinse a terra la maggior parte degli aerei che volavano lungo le rotte del centro-nord Europa, l’Eyjafjallajökull. Questo vulcano mise a dura prova non solo il trasporto aereo, ma anche le capacità di tanti telecronisti che nei loro servizi televisivi si cimentarono nel nominarlo; il suo nome suona più o meno “ejafjatlajokutl” [ˈɛɪjaˌfjatlaˌjœkʏtl, in trascrizione fonetica], cioè il ghiacciaio (jökull) delle montagne delle isole (Eyjafjöll).
Nel passato però, uno dei più noti, se non il più noto dei vulcani islandesi, era il vulcano Hekla, indicato a volte come Hecla. Situato nella parte meridionale del paese, a poco più di cento chilometri in linea d’aria dalla capitale Reykjavík (letteralmente “la baia dei fumi”), il vulcano è noto sin dalle prime esplorazioni dell’isola. Lo conoscevano probabilmente già i primi monaci irlandesi che nel primo quarto del nono secolo iniziarono la loro opera di evangelizzazione dell’isola.
Nel 1539 l’arcivescovo cattolico, geografo e umanista svedese, Olof Måsson(o anche Månsson [Treccani n.d.a.]), noto con il nome latinizzato in Olaus Magnus (per noi italiani Olao Magno), ha riportato il Mons Hekla nella Carta marina et descriptio sepentrionalium terrarum ac mirabilium in eis contentarum diligentissime elaborata, pubblicata a Venezia in una collezione di nove fogli.
Gerolamo Cardano (nato a Pavia nel 1501, matematico, filosofo, medico, inventore nonché astrologo), trattando dell’Isola d’Islanda (nel De Subtilitate, pubblicato a Basilea nel 1554) paragona quel vulcano al nostro Etna: «Est Hecla mons in ea insula ardetque non aliter quam Aetna in Sicilia per intervalla».
Ma non solo Olao Magno, Cardano ed altri studiosi del Cinquecento riportarono notizie sull’Hekla. Anche il geografo Sebastian Münster scrisse del vulcano nel capitolo VII – intitolato Del fuoco, il quale s’accende nelle viscere della terra – del Libro I della sua celeberrima opera Cosmographia Universale: «Non e dubbio gia esser arsi monti, & campi nel cerchio della terra, & à tempi nostri altresì n’ardono, come in Islandia il monte Hecla che à diterminati tempi getta fuor sassi grandi, trabocca zolfo, sparge cenere tanto [lontano] intorno intorno, che la terra à dieci miglia propinqua non si può coltivar. […] e il piu delle volta non senza danno della regione, che v’ê à torno della qual cosa grande esempio è la’abbruciamento del monte Ethna pochi anni sono fatto.» (dall’edizione italiana edita a Colonia nel 1575)
Anche la letteratura non rimase insensibile alla fama dell’Hekla; il poeta Giacomo Leopardi, nel celebre Dialogo della Natura e di un Islandese, scritto a Recanati tra il 21 ed il 30 maggio del 1824, e inserito nella raccolta detta Operette Morali, fa esporre all’Islandese i suoi timori per «[…] le tempeste spaventevoli di mare e di terra, i ruggiti e le minacce del monte Ecla, il sospetto degl’incendi frequentissimi negli alberghi […]».
Un’interessante descrizione grafica dell’area dove si erge l’Hekla e dell’area sommitale la troviamo nella monografia Hekla og dens sidste udbrud (L’Hekla e il suo ultimo scoppio) di J. C. Schythe, pubblicato nel 1847 a Copenaghen.
Nel 1853 il barone tedesco Sartorius von Waltershausen pubblicò l’opera Geologischer Atlas Von Island (Atlante geologico dell’Islanda), corredata da varie incisioni, e fra queste non poteva mancare una raffigurazione dell’Hekla, disegnata proprio dall’autore.
Hekla é definito uno strato-vulcano, così come l’Etna; e proprio come quest’ultimo è un vulcano molto attivo. Presenta una forma allungata, essendosi evoluto lungo le grandi linee di frattura che interessano l’intera isola islandese, in direzione nord-est sud-ovest. Alto 1491 metri, trovandosi ad una latitudine di quasi 64° Nord, è sempre ricoperto da un mantello di neve.
La più antica eruzione storica risale all’anno 1104, anno in cui una forte attività esplosiva di tipo pliniano causò gravissimi danni in tutta l’isola a causa della grande ricaduta di ceneri. Tralasciando le numerose attività manifestatesi fino a tutto l’Ottocento, ricordiamo che nel XX secolo l’Hekla ha eruttato nel 1913, nel 1947, nel 1970, 1980-81,1991. L’eruzione più recente risale al 2000
Particolarmente impressionante è stata l’eruzione del 1947: la colonna di cenere, gas e vapore superò i 27.000 metri.
L’ufficio filatelico islandese, per ricordare l’avvenimento, emise dei francobolli commemorativi.
In attesa di una prossima eruzione, si spera spettacolare ma meno “compromettente” di quella del vulcano Eyjafjöll, mi accontenterò di vedere l’Hekla in attività in una delle stampe della mia collezione e nella Fotogallery.
Con il titolo: il vulcano Hekla, in Islanda (Foto S. Scalia)
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