di Rosario Catania
“I buchi neri non sono dopo tutto così neri: essi risplendono come un corpo caldissimo, e quanto più piccoli sono tanto più risplendono. Così, paradossalmente, i buchi neri più piccoli potrebbero risultare in realtà più facili da scoprire di quelli più grandi!” Stephen Hawking, (Dal big bang ai buchi neri, 1988)
Ecco la prima “storica” fotografia di un Buco Nero al centro della nostra galassia La Via Lattea. La notizia, resa pubblica il 12 maggio 2022, durante molteplici conferenze stampa in tutto il mondo, ha confermato ancora una volta che Albert Einstein aveva ragione! «Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell’anello siano in accordo con le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein», commenta Geoffrey Bower, scienziato del Progetto EHT.
L’ EHT è un radio-telescopio grande quanto la Terra, per la caccia all’ orizzonte degli eventi (da cui Event Horizon Telescope EHT, in italiano traducibile come Telescopio per l’orizzonte degli eventi); è un progetto internazionale costituito con l’obiettivo di studiare l’ambiente circostante l’oggetto celeste Sagittarius A il buco nero supermassiccio situato al centro della Via Lattea, così come il buco nero M87 situato al centro della galassia ellittica supergigante Virgo A. Per ottenere la foto o per meglio dire il dato, poi trasformato in foto, è stato predisposto un sistema composto da più radiotelescopi collegati mediante la tecnica di Interferometria a Base Molto Ampia (VLBI) che consente di ottenere una risoluzione angolare in grado di evidenziare l’orizzonte degli eventi dei suddetti buchi neri e sincronizzare i dati provenienti dalle singole stazioni riceventi appartenenti alla rete. Per l’elaborazione dei dati è stato necessario utilizzare un super computer. La prima immagine di un buco nero, quello al centro della galassia M87, è stata pubblicata il 10 aprile 2019.
Ma vediamo di capire cos’è un buco nero e quali sono le sue caratteristiche che lo rendono l’oggetto più ricercato dell’intero universo!
Il buco nero è una regione dello spazio in cui il campo gravitazionale è così forte che qualsiasi cosa giunga nelle vicinanze non ha più possibilità di sfuggire. Sono presenti nello spazio, ma nessuno è mai riuscito ad osservarli realmente ad occhio nudo, perché non sono in grado di emettere alcun tipo di luce, e vengono considerati come gli oggetti più distruttivi. Se vogliamo possiamo paragonarlo ad una stella caratterizzata da una massa dieci volte superiore a quella del Sole, massa talmente elevata da curvare il tessuto spazio-tempo, struttura a quattro dimensioni di cui è formato l’universo. Einstein aveva intuito che la gravità non è un campo ma una proprietà, ossia una caratteristica dello spazio stesso, affermando che tutti i corpi massicci, tutti, dal Sole all’oggetto più piccolo, curvano lo spazio attorno a se stessi.
Un esempio intuitivo e che possiamo sperimentare anche a casa con i nostri figli o con i nostri amici, è quello del telo tenuto ben teso e la sfera; il telo rappresenta lo spazio-tempo così come definito dalla relatività di Einstein, e la sfera la massa presente; se lasciamo cadere una sfera da 100 grammi, questa farà piegare il telo verso il basso, ancor di più se la sfera passa ad 1 chilogrammo, e così via, fino a quando noteremo che la curvatura del telo è talmente profonda da non riuscire a vedere la stessa sfera!
Pensiamo adesso ad una stella che curva lo spazio-tempo e che abbia decine, migliaia, milioni o miliardi di masse solari (ne ha 4 milioni il buco nero in Sagittarius A e oltre 6 miliardi quello in M87), la curvatura di quel punto sarebbe così profonda da intrappolare persino la stessa luce emessa dalla stella (da qui il nome black-hole >buco nero). Il termine “buco nero” è stato coniato dal fisico John Archibald Wheeler, dove l’aggettivo “nero” deriva dal fatto che non può emettere luce e il termine “buco” dal fatto che nessuna particella che vi fosse catturata possa più riemergere (nemmeno i fotoni quindi la luce).
I buchi neri però non si comportano come altre stelle che posso ad esempio esplodere (supernovae, ultimo atto, distruttivo e spettacolare, del ciclo evolutivo di stelle molto massive), semmai implodono su se stessi e non catturano tutto ciò che gli sta intorno, ma “ingoiano”, o come abbiamo capito, fanno precipitare dentro solo i corpi che sono più vicini. Questo avviene perché l’attrazione gravitazionale è inversamente proporzionale alla distanza del corpo considerato.
Tornando all’esempio del telo se dopo aver inserito una sfera da 1 chilogrammo lasciassimo cadere in rotazione altre sfere meno pesanti (immaginiamo il nostro sistema con il Sole e i pianeti che ruotano attorno), noteremo che descrivono orbite e, man mano che si avvicinano, ci precipitano dentro.
Questi oggetti vengono studiati sin dal 1900 (Robert Oppenheimer, già nel 1939, lo aveva capito molto bene e lo aveva descritto in un lavoro molto importante), ne troviamo ampia citazione in letteratura, e sono anche stati spunto di sceneggiatura cinematografica (film Interstellar, uscito nel 2014 e diretto da Christopher Nolan).
Una caratteristica peculiare di ogni buco nero è l’orizzonte degli eventi (da cui il nome del progetto EHT), una superficie immaginaria caratterizzata dal fatto che in ogni suo punto la velocità di fuga e la velocità della luce si equivalgono. La velocità di fuga di un corpo celeste è la velocità iniziale indispensabile affinché tale corpo riesca ad opporsi e “sfuggire” all’attrazione del campo gravitazionale. Sulla Terra vale 11.2 chilometri al secondo (lo shuttle e i razzi la superano per andare in orbita e non cadere giù), sul sole 617 chilometri al secondo. Se all’interno dell’orizzonte degli eventi si verifica un evento, questo non può essere visibile da un osservatore esterno: è visibile solo ciò che avviene all’esterno di questo orizzonte.
Sappiamo che nella nostra fisica anche la velocità ha un limite ed è la velocità della luce. Non può essere superata ed è pari a 299mila chilometri al secondo. E’ quindi possibile che la massa del buco nero sia talmente grande e concentrata in un raggio ridotto che nemmeno la velocità della luce è sufficiente per allontanarsi da questo. Questo raggio è detto raggio di Shwarzsdhild. Curiosità. Dal letto di ospedale Karl Schwarzschild scriveva ad Einstein: “Come vedi, la guerra mi ha trattato bene, mi ha permesso di sfuggire dal fuoco pesante e intraprendere questo cammino nella terra delle tue idee”. Purtroppo solo 6 mesi dopo sarebbe morto. Infatti in Russia contrasse una malattia autoimmune della pelle per cui a quei tempi non era noto alcun rimedio. Fu rimandato a casa nel marzo del 1926 e morì due mesi dopo a soli 42 anni. Chissà quali altre soluzioni e idee avrebbe potuto sviluppare…
Esistono fondamentalmente quattro categorie di buchi neri, dai supermassicci come quelli trattati dall’EHT ai micro buchi neri che posso raggiungere le dimensioni della Luna. Tra questi quelli di massa intermedia e quelli stellari.
Questi sono i più interessanti perché hanno origine dal collasso gravitazionale di una stella con massa compresa tra 3 e 30 masse solari, dove la temperatura dell’astro tende a diminuire, la stella si contrae, il volume diminuisce di miliardi di volte rispetto a quello originario. Queste stelle possono esplodere in supernovae e poi diventare oggetti estremi come i buchi neri.
Dato che sono per definizione ”neri”, l’unico modo di osservarli è tramite l’effetto che hanno su altri oggetti, ad esempio altre stelle nelle vicinanze. Se il buco nero è in un sistema binario quindi vicino ad un’altra stella, la sua forte attrazione gravitazionale può deformare la stella e strapparle gas e dall’osservazione si vede questo fenomeno che porta gli scienziati a definire la posizione del buco nero stesso. La maggior parte di questi sistemi stellari è “a riposo,” ma ogni tanto qualcuno si “sveglia” e viene immediatamente osservato con tutti i telescopi disponibili.
Conclusioni
Lo studio dei buchi neri è di fondamentale importanza, per due semplici motivi: permette di provare con l’osservazione la relatività generale e sperimenta la stessa nelle condizioni estreme. La teoria funziona molto bene in vicinanza di corpi “leggeri” come la Terra o a grandi distanze da corpi massicci, ma come si comporta a pochi chilometri da un buco nero, dove la gravità è immensa e lo spazio è estremamente curvo, quella è una sfida. La sfida è cercare le informazioni che non conosciamo, e ce ne sono tante sparse nell’universo. Ma è anche quella tecnologica e di sinergia tra paesi, in un mondo globalizzato e oggi geo-politicamente instabile, ma i team internazionali sono un esempio di aggregazione per affrontare grandi quesiti e trovare grandi soluzioni. Tutto nasce da un’idea geniale di una persona al di sopra della media, l’idea diventa una teoria e la teoria va provata con l’esperimento, riproducibile da chiunque. Per fare questo servono altre grandi menti e altrettante risorse, costruire macchine, e trasformare l’idea in una prova. Avanti tutta.
Consigli per la lettura
Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo
Stephen Hawking
Stephen William Hawking (8 Gennaio 1942 – 14 marzo 2018 ) è stato un fisico, cosmologo e astrofisico britannico. E’ conosciuto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri. Nonostante la sua carriera scolastica non sia stata eccellente, fu ribattezzato Einstein. Hawking è noto ai più per i suoi studi sui buchi neri, sull’origine dell’universo e sulla radiazione di Hawking. Hawking dal 1965 al 1970 approfondì isuoi studi e pubblicò il suo capolavoro intitolato “Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”. Purtroppo dopo il suo arrivo a Cambridge, iniziò a star male e di lì a poco gli venne diagnosticata una fatale malattia degenerativa dei motoneuroni.
Link al video YT che mostra, come funziona EHT: https://youtu.be/hMsNd1W_lmE
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