di Santo Scalia

C’era una volta, sopra la Zafarana, il Prioratus sancti Iacobi de nemore, ovvero il Priorato di San Giacomo del bosco.

All’imbocco della Valle San Giacomo, valle stretta tra il Monte Fior di Cosimo ed il cosiddetto Cugno di Mezzo, già nel 1537 esisteva una “grancia” (o grangia”), cioè una  piccola comunità monastica governata da un rappresentante dell’abate, ovvero una unità economica (fattoria) amministrata dal cellerario o monaco granciere. La grangia, inoltre, poteva essere ampliata da popolazione laica, composta da salariati, contadini, pastori e piccoli artigiani.

Una bolla papale firmata dal Papa Eugenio IV, nel 1443, ci informa dell’esistenza di una  chiesa dedicata a San Giacomo, dove si somministravano i sacramenti. Inoltre nella chiesa si conservavano le reliquie del Santo, la cui festa cadeva, e cade tutt’oggi, il 25 luglio. La vita del Priorato non fu però duratura: nel 1464 il vescovo di Catania Guglielmo Bellomo annesse il priorato al Capitolo della Cattedrale; la chiesa di San Giacomo rimase comunque attiva, almeno fino al fatidico terremoto del 1693 che la distrusse. Intanto, poco più a valle del cenobio, si era formato l’abitato che porterà il nome di Zafferana Etnea.

Il cartello posto nel luogo dove si trovava il convento del Priorato (foto S. Scalia)

Quello del Priorato di San Giacomo non è che uno dei numerosi esempi del fervore monastico, soprattutto opera dei seguaci di San Benedetto, che nel corso dei secoli si è sviluppato intorno all’Etna:

  • in una lettera inviata nel 593 d.C. dal Papa Gregorio I (poi San Gregorio Magno) al vescovo di Taormina Secondino, si parla del monastero di San Andrea «quod est super Maschalas» [con riferimento al santuario di Vena, vicino Mascali];
  • tra il VI ed il IX secolo si sviluppò una comunità monastica benedettina nelle vicinanze della frazione di Dagala del Re; fu realizzata una cella trichora (poi abbandonata nel 1284 a causa di una eruzione dell’Etna) i cui resti sono ancora ben visibili;
  • il monastero benedettino di San Leone in Pannacchio (o San Leone del Bosco) esisteva già intorno alla metà del XII secolo (come ricorda Tommaso Fazello), così come anche il Monastero di Santa Maria di Licodia, innalzato ad Abbazia nel 1205 per volere del vescovo Ruggero Orbus de Oco;
  • intorno alla metà del Trecento, Federico d’Aragona (noto anche come Federico III di Sicilia) fece costruire il monastero benedettino di San Nicolò la Rena (così denominato per la devozione dei monaci a San Nicola di Bari), nei pressi del quale nacque poi l’abitato di Nicolosi; il monastero, minacciato e danneggiato nel corso delle eruzioni del 1536 e 1537, fu alla fine abbandonato dai frati, che gli preferirono il più sicuro e confortevole monastero edificato nella città di Catania.
  • nel versante orientale, già alla fine del XIV secolo, è certificata l’esistenza del Priorato della Santissima Maria Annunciata a Mascali.

Quali tracce rimangono oggi del Priorato di San Giacomo? Nella cittadina di Zafferana Etnea esiste una via – denominata proprio Via San Giacomo – che sale dal centro fino a Piano dell’Acqua (m. 740). Seguendo detta strada, alla quota di 679 metri si trova un complesso di edifici rurali con cisterna, prossimo ad un’area coltivata a vigneto. Qui un cartello ci informa che in quel luogo, dove un tempo sorgevano il Priorato e la Chiesa, purtroppo  «[…] oggi non si hanno tracce del  convento trasformato nell’attuale casa rurale […]».

Oltre che nella sua odonomastica, Zafferana custodisce altri ricordi relativi al Priorato: nella Chiesa Madre della cittadina, dedicata a Santa Maria della Provvidenza, si trova un portale bronzeo realizzato dall’artista e scultore Giuseppe Cristaudo.

Nella sua anta di sinistra (quella destra è dedicata alla raffigurazione di eventi relativi all’eruzione etnea del 1792) è la visione artistica della Valle San Giacomo, del Priorato e delle attività che ivi si svolgevano; vi sono raffigurati la vallata, il convento e l’annessa chiesa, i frati dediti alle quotidiane attività lavorative (coltivare le vigne, raccogliere legna, attingere l’acqua dal pozzo); vengono illustrate anche attività ivi svolte dai paesani (come il  preparare i fussuni per la produzione di carbone) che, pur non essendo dei religiosi, dalla Valle traevano di che sostentarsi.

Opera fondamentale per le notizie relative al Priorato è il volume di Giuseppe Pistorio Il Priorato di San Giacomo e Zafferana Etnea, pubblicato nel 1965 e ristampato dall’originale nel 2006.

La Valle San Giacomo e il luogo dove presumibilmente sorgeva il Priorato (particolare da Carta I.G.M. 1969)

Giuseppe Pistorio era nato a Zafferana Etnea l’8 Marzo del 1928 ed era stato ordinato sacerdote il 1 Luglio del 1951. Uomo di grande cultura storico-umanistica e teologo, morì il 26 settembre del 1977. A lui Zafferana ha intitolato una delle sue strade.

 

 

Con il titolo: Valle San Giacomo, particolare da elaborazione tratta da Google Earth

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