(Gaetano Perricone) Il protagonista della storia Vulcanica della domenica è un figlio dell’Etna, uno dei tanti che ha fatto dell’amore per la Muntagna Patrimonio dell’Umanità ragione di vita. Si chiama Vincenzo Greco, è nativo di Linguaglossa, è un ragazzo semplice, amabile ed estremamente educato, che ho avuto il grande piacere di conoscere l’estate scorsa, in occasione di una serata al Parco dell’Etna dedicata proprio al rapporto tra i giovani e il Vulcano. Siamo subito diventati amici con Vincenzino ed è stata per me un’autentica gioia sapere qualche giorno fa che è riuscito a coronare il suo sogno, diventando Guida Vulcanologica – addirittura la più giovane d’Italia – e rinnovando così una tradizione familiare quanto mai importante, sulla scia del popolare e amato nonno, che si chiamava come lui. Per festeggiare il suo successo e per lanciare un messaggio di speranza ai suoi coetanei che come lui inseguono i loro sogni, ho chiesto a Vincenzino di raccontare su questo blog la sua bellissima storia, fatta di grande amore per la Muntagna, ma anche di altrettanta passione e determinazione. Eccola, con i più affettuosi auguri a Vincenzo Greco – e a tutti i figli dell’Etna che nella loro splendida terra vogliono restare, facendo il lavoro che sognano – di una vita ricca di soddisfazioni.
di Vincenzo Greco
Mi presento: sono Vincenzo Greco ho 23 anni, vivo a Linguaglossa un paese lungo il versante settentrionale dell’Etna, frequento la facoltà di Geologia di Catania. Il 22 febbraio 2017, quattro giorni fa, dopo aver preso parte al corso di formazione e sostenuto gli esami abilitativi ho conseguito il titolo di Guida Vulcanologica. Sono il più giovane ad aver raggiunto questo traguardo in Italia, con la volontà di apportare un grande aiuto nella fruizione e nello sviluppo del turismo sul nostro vulcano. La prima cosa che dissi guardando il cielo fu : “Ce l’ho fatta, nonno”. Ero riuscito a raggiungere il mio obiettivo e a rendere fiero mio padre, il mio maestro a cui devo tutto.
La mia è una storia che parte da lontano, il mio nome echeggia tra i crateri e le lave da molti anni. Io, come da tradizione, porto il nome del nonno, che nel panorama etneo fu una delle prime Guide Alpine in Sicilia, nonché uno dei primi maestri di sci di fondo ad operare sull’Etna. Egli esercitò per 40 anni la sua professione prima che un cattivo male lo portasse via. Grande fu la sua collaborazione con i più noti vulcanologi dell’epoca, in particolar modo con Haroun Tazieff, come grande era la voglia di vivere la montagna e di farla vivere. Lui, insieme al Cavaliere Greco, infatti portò avanti numerose iniziative che resero fiorente lo sci di fondo sul versante Nord del vulcano, oggi entrambi vengono ricordati durante le manifestazioni sportive. All’epoca, quindi, le apparecchiature scientifiche non erano sviluppate come lo sono oggi; allora come oggi il dialogo con le guide era fondamentale per comprendere gli umori dell’Etna.
Purtroppo, provato dalla malattia, mio nonno non ebbe la possibilità di istruire il nipote come avrebbe voluto, ero ancora troppo giovane per cogliere i segreti del vulcano. Alla fine credo che certi segreti devono rimanere chiusi nel loro scrigno per l’eternità, svelarli equivale a banalizzarli, privarli di ogni interesse. Quell’effimero contatto col nonno pero è la fiamma che oggi alimenta la mia passione, egli andò via quando avevo soltanto 6 anni.
Ciò nonostante, da bambino la montagna fu per me mamma calda e accogliente. A permettermi di viverla fu mio padre; saldo dei valori che gli erano stati trasmessi, a sua volta, prima dal nonno e poi dal padre, iniziò a crescermi a stretto contatto con la natura. A lui devo le mie libere corse tra i boschi, libero da ogni pensiero antropico, libero di scegliere le mie strade ed affrontare luoghi a me sconosciuti e sconfinati, di nutrirmi della bellezza del mondo, del verde dei castagni e della maestosità dei pini e della saggezza delle querce. Era il mio pane quotidiano correre sulle lave meditando sui colori di quei luoghi così variegati. Ricordo con entusiasmo che, in un luogo particolare, a mia scelta costruivo un piccolo bivacco come per consolidare il mio passaggio e per renderlo a me familiare.
Mio padre sa quanto sia fondamentale il rapporto tra l’uomo e la natura, come la montagna sia maestra muta di discepoli silenziosi. Silenzi pieni di sensazioni che hanno il potere di istruirti e formarti in un contesto unico. Più crescevo e più sentivo che quei luoghi mi echeggiavano dentro, la montagna iniziò a far parte del mio essere, ascoltavo per sentire, per capire, per conoscere. L’interesse crebbe finché mi accorsi del fuoco: la montagna era viva, a volte brontolava, parlava … o piangeva? Chi lo sa? Mio padre interpretava quei suoni gli dava un nome, mi diceva che ogni bocca ne produceva uno ed ogni bocca aveva un nome, come poteva essere possibile?
Si trattava dei crateri. Mi diceva anche che erano distanti e dalla distanza originava il mistero e dal mistero scaturiva la curiosità. Così, all’età di 5 anni, mio padre placò i miei dubbi: mi trovavo in cima al vulcano . Da li scaturì la scintilla che ogni mattina non mi avrebbe mai più fatto staccare lo sguardo da quella vetta.
Più crescevo e più l’interesse aumentava. Arrivò violenta l’eruzione del 2001 e ancor di più quella del 2002, scuotimenti, frastuoni, brontolii, l’Etna mostrava la sua energia. La forza del fenomeno mi colpì, mio padre decise che era arrivato il momento di farmi vedere un flusso lavico. Così per la prima volta vidi il fuoco divorare quegli alberi a me cari, quegli alberi che avevo imparato a conoscere correndo tra i suoni e i silenzi del bosco ora rotti da strani rumori simili a dei vetri che si frantumavano, da cascate di rocce infuocate, con nell’aria disciolte le urla disperate del verde, l’odore delle fiamme che divoravano gli alberi sofferenti prima dalla loro base e poi anche dalle chiome. Un’immagine infernale che mi colpì nell’animo: quell’attività eruttiva, avvenuta esattamente in occasione del secondo anniversario della scomparsa del nonno, fece riecheggiare nella mia mente il ricordo, anche mio padre non riuscì a pensare ad altro. La montagna aveva divorato i luoghi dove lui era stato cresciuto, dove aveva lavorato, dove mi aveva fatto conoscere lo sci pochi anni prima; adesso al suo posto c’era il grosso peso dei ricordi pesanti tanto quanto l’enorme lingua di basalto che li aveva ricoperti. La montagna è anche questo, morte in cambio di vita.
Così iniziai a vedere l’Etna attraverso una lente diversa, avevo conosciuto quelle forze imponenti, le stesse di cui parlava il nonno che aveva imparato ad interpretare, spiegando al figlio quanto fosse importante comprenderle. Ciò alimentò in me il fuoco dell’interesse e della curiosità, iniziai a pormi le domande cercando di trovare le risposte. Ma salita dopo salita, col passare del tempo iniziai a non sentirmi più solo, come se ci fosse qualcuno insieme a me, sensazione che anche oggi caratterizza le mie giornate sul vulcano.
Anno dopo anno ho capito che la strada da seguire era quella dettata dalla mia passione: sul vulcano io mi sento libero dall’affanno del nostro modo di vivere, mi sento un tutt’uno con l’ambiente che mi circonda. Ogni volta che io risalgo i pendii di basalto, ogni volta che mi fermo ad ammirare il mondo da lassù, sento di avere accanto quella figura che magari avrei voluto vicino fisicamente ma che percepisco soltanto in quei luoghi. Per me la montagna non è semplice passione, è molto di più. Proprio questa forza di cui parlo mi ha permesso di diventare quello che sono oggi. Ho capito che per stare con Vincenzo Greco dovevo fare quello che mi sentivo dentro, dovevo seguire la via dettata dal mio essere, la giusta via per me.
Così finalmente sono riuscito a coronare il mio sogno, prendendo parte al corso di guida la scorsa estate. Ho affrontato tutto con entusiasmo e determinazione, non è stato facile ma alla fine tutto è andato per il verso giusto, conosciuto il risultato sono letteralmente esploso di gioia. Ora più che mai muoio dalla voglia di trasmettere ciò che provo a chi mi sta accanto, sono pronto ad affrontare il mestiere che desideravo con dedizione e passione ed è un onore per me riportare il nome di Vincenzo Greco in alto, lì dove è sempre stato.
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