di Gisella Rocca
Ho visto e conosciuto per la prima volta Papa Francesco il giorno della messa solenne per la sua intronizzazione (termine desueto, soprattutto con la nuova era di Francesco I) a piazza San Pietro. Era il 19 marzo 2013 e il Vaticano, vista la mole dei fedeli, decise di celebrare la Santa Messa fuori dalla basilica. Ero lì, sul sagrato, tra i cantori del Pontificio Istituto di Musica Sacra e i cantori della Cappella Sistina.
Uscì fuori una giornata di sole luminosissima e calda, tanto che l’organizzazione Vaticana ci fornì un berrettino ciascuno per evitarci una insolazione. Vedevamo la piazza e tutta via della Conciliazione, completamente gremite di gente…. aspettavamo Francesco e cantavamo nel frattempo Palestrina, Bartolucci e i grandi compositori di musica sacra. Sapevamo che il Santo Padre stava facendo un giro tra la folla nella “Papa mobile” e capivamo in quale parte della piazza si trovasse, non perché riuscissimo a vedere lui, ma perché d’improvviso una grande massa di gente si spostava correndo verso un punto del percorso piuttosto che verso un altro…. lì c’era Francesco.
E poi, quando sta per iniziare la cerimonia solenne, tra capi di Stato di tutto il mondo, dignitari, politici, cardinali e vescovi che, in quel giorno, come per magia, erano vestiti tutti in abiti sobri e senza ori e gioielli da perderci la vista, mi passa accanto, sul mio lato sinistro, un uomo dal passo un po’ “ondulante”, vestito di bianco, con due scarponi, non proprio nuovi, di colore nero, che si avviava verso l’altare…. era Francesco. E sotto l’abito bianco, in controluce, si vedevano i pantaloni neri di un semplice prete.
Ecco il primo ricordo di questo Papa, che concelebrava con sacerdoti francescani con piedi nudi e sandali aperti. E il saluto è stato di quelli che arrivi pronta a inginocchiarti ma la sua mano, ti trattiene, come per dire: “non porti al di sotto di me…. siamo pari”.
Se volessi farne una narrazione artisico/musicale, potrei dire che quanto appena narrato, per sommi capi, è stato il mio “debutto” per e con Papa Francesco, ma la vita aveva in serbo per me ancora qualche sorpresa, oltre alle altre volte che ho cantato per le solennità sempre per il Papa, ancora con gli stessi cori di cui ho scritto all’inizio, sia nella basilica di San Pietro che, nella piazza, che nel sagrato.
Nell’aprile di qualche anno dopo (2015) vengo chiamata dall’Istituto Scolastico “Massimo” a Roma (istituto gestito dall’ordine dei Gesuiti, al quale Bergoglio apparteneva prima di diventare Pontefice), per dirigere alcuni brani corali per un concerto in Aula Nervi, in Vaticano, alla presenza di Papa Francesco. Accetto, tra l’incredulità e la gioia.
Due soli momenti per le prove e il giorno arriva. Arriviamo la mattina intorno alle 9. Il Papa arriverà alle 11. Veniamo collocati proprio accanto a Sua Santità….alla sinistra. Una prova microfoni, una con l’organista che, viste le dimensioni della sala si trova ad almeno 20 metri di distanza e tutti pronti, aspettando. Scelgo brani di Mozart, Palestrina, Frisina e un brano di Bepi De Marzi da eseguire alcuni con accompagnamento strumentale, altri, a cappella. Ops….dimenticavo….l’altro coro ospite ha un problema con i solisti. Sostituisco i cantanti all’ultimo minuto e mi ritrovo nella doppia veste di direttore e di cantante solista, quando sarà la volta dell’altro coro.
Intanto la sala si è riempita in ogni ordine di posti. Capienza 6000 persone, non c’è un solo posto vuoto. La mia visuale, dal “palcoscenico” e in più dal podio di direttore, è di 360 gradi. Ma non posso aspettarmi quello che sto per vedere.
Avete presente l’ingresso delle popstar nello stadio? Tra due ali di folla urlante? Ecco….io l’ho subito paragonato a una cosa così. Un puntino bianco in fondo e la gente comincia a urlare, tra flash e applausi, mentre Francesco avanza stringendo mani ed accarezzando e sorridendo, mettendo in grosse difficoltà gli uomini della sicurezza.
Questa è la cosa che più ricordo di quel giorno. Un uomo vestito di bianco tra migliaia di volti e di mani che lo indicavamo e applaudivano e occhi lucidi e lacrime e voci inneggianti.
Il concerto? Bello. Emozionante. Grande. Ma…mi sentivo a casa. Mi sentivo a mio agio….in un posto immenso, con distanze enormi, con migliaia di persone, con il Papa alla mia sinistra, proprio lì, vicino a me. Ma io mi sentivo bene, serena, gioiosamente concentrata e con la sensazione interiore e fisica, anche, di avere tra le mie mani un filo sottile e invisibile che univa me e gli esecutori, in una unica, unita, grande entità. Sentire e sapere che il Papa era lì non mi metteva soggezione né mi dava ansia alcuna. Mi sentivo a casa, addirittura in una piccola casa. Le distanze si erano dissolte, la musica che riuscivo a “tirare” fuori dagli esecutori riempiva ogni parte di me e di noi e quando ho avuto anche il privilegio di cantare, ho sentito la mia voce elevarsi, essere ferma ed anche pura, senza incrinature.
Difficilmente mi sono sentita cosi. Ho cantato tanto e in diversi luoghi, ma quella volta, davanti all’uomo più importante della Terra, ero serena, ero sorridente. Posso dire di essere stata Felice.
Nelle foto, alcuni momenti dell’esperienza di Gisella Rocca (direzione e canto) nel concerto per Papa Francesco nell’aula Nervi al Vaticano e la prova con le “voci bianche”
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