di Santo Scalia
Nei primi giorni di ottobre del 2022 i mezzi di informazione si sono spesso interessati ad una notizia riguardante la riscoperta ed il restauro di un filmato vecchio di cent’anni.
Infatti, nel corso del 2021, presso la Filmoteca de Catalunya a Barcellona, è stato ritrovato un documentario della durata di 24 minuti, suddiviso in due bobine, che ripercorre le vicende dell’eruzione vulcanica del giugno del 1923, sul versante settentrionale dell’Etna. Si tratta di una copia integrale del film, considerato perduto, La Montagne Infidèle del regista francese, nato a Varsavia, Jean Epstein.
La pellicola, ritrovata tra i 40 filmati della collezione Pere Tresserra della filmoteca, ha per titolo “La Montaña Traidora, erupción del Etna (Junio-Julio 1923)”. Contrariamente all’originale, girato su pellicola da 35mm, la copia è nel formato Pathé Kok 28mm, un formato realizzato principalmente per il cinema domestico o scolastico dalla società cinematografica francese Pathé (fondata a Vincennes, nel 1896, da Charles Pathé).
Ma torniamo all’eruzione e alla nascita del filmato: la notte del 16 giugno 1923 l’Etna iniziò ad eruttare sul versante nord. Quattro giorni dopo, la Pathé Consortium Cinéma inviò in Sicilia il giovane regista Jean Epstein e gli operatori Paul Guichard e Léon Donnot, con cinquemila metri di pellicola e una macchina da presa Caméréclair. Il risultato fu un documentario, su pellicola da 35 mm, naturalmente in bianco e nero. Jean Epstein aveva allora appena 26 anni (era nato a Varsavia nel 1897).
La storia della realizzazione di questo particolare documentario è magistralmente narrata in un articolo del ricercatore e storico del cinema Daniel Pitarch e di Rosa Cardona Arnau (curatrice presso la Cineteca della Catalogna); l’articolo è stato pubblicato sul sito delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone: «Una volta arrivati sull’isola, il 24 giugno, essi [Epstein e collaboratori, n.d.A.] ottennero dalla Prefettura di Catania il permesso di salire sul vulcano. L’eruzione era già stata filmata dagli operatori dei cinegiornali e, sebbene stesse scemando (sarebbe cessata il 18 luglio), la lava continuava a scendere dalla montagna.[…] Il film è strutturato come un viaggio con ascesa al vulcano. Inizia presentando la Sicilia come un paesaggio rurale, fertile e idilliaco, con il vulcano come mostro minaccioso, che gli abitanti dell’isola cercano di combattere con l’aiuto dei santi protettori. Si sofferma poi sulla distruzione causata dall’eruzione vicino alla cittadina di Linguaglossa (si vedono case sepolte dalla lava e, quali garanti dell’ordine pubblico, le camicie nere fasciste) e sulle piante della montagna. Infine si risale il vulcano fino ad effettuare alcune riprese a pochi metri da un fiume di lava largo, dicono le didascalie, 150 metri. Questa e altre immagini del vulcano in eruzione non vengono mostrate solo nella parte finale, ma sono disseminate in sequenze precedenti.»
La copia ritrovata è stata restaurata e digitalizzata a cura del Centro di Conservazione e restauro catalano e presentata, il 3 ottobre, in Italia, in occasione delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, festival del cinema muto di riferimento a livello internazionale. Successivamente, il 27 ottobre è stata presentata in Spagna, in occasione del Dia Mundial del Patrimoni Audiovisual 2022 (Giornata mondiale del patrimonio audiovisivo, istituita dall’UNESCO).
Tre anni dopo aver realizzato il documentario, lo stesso Epstein raccontò, in una cinquantina di pagine, le esperienze vissute in quei giorni. Nel 1926, infatti, pubblicò una brochure intitolata Le Cinématographe vu de l’Etna (Il Cinematografo visto dall’Etna, alla fine della fotogallery l’immagine della copertina e una foto presente nel testo che raffigura il regista al lavoro); in essa, oltre ad esporre una sua visione della cinematografia (maggiore realismo della rappresentazione, approfondimento della riflessione su un mondo in cui l’uomo non ha più alcuna centralità), il regista espone la cosiddetta “fotogenia del movimento” e narra, in poco meno di sette pagine, la sua esperienza siciliana.
La rivista francese Cinéa Ciné (N.11 Série N° 59 – del 15 aprile 1926 – Pagg. 9 e 10) presentò un estratto della brochure:
«[…] Di fronte a noi: l’Etna, grande attore che mette in scena il suo spettacolo due o tre volte al secolo, e di cui sono riuscito a filmare la fantasia tragica. Un intero versante della montagna non era altro che una festa di fuoco. L’incendio proseguiva nella parte arrossata del cielo. Già a venti chilometri di distanza il rumore giungeva, di tanto in tanto, come quello di un lontano trionfo, di migliaia di applausi, di un’immensa ovazione. […]
Le strade della zona pedemontana dell’Etna erano state bloccate per precauzione. Ad ogni bivio le camicie nere ci chiedevano di esibire il nostro permesso di circolazione. Ma questi soldati, per la maggior parte, non sapevano leggere, e il prospetto multicolore che aveva avvolto il mio tubo di aspirina aveva su di loro un effetto maggiore della firma autentica del Prefetto di Catania. […]
A Linguaglossa, i mulattieri ci aspettavano davanti al fronte lavico, nero, screziato di porpora come un bel tappeto. Questo muro di braci avanzava per crolli successivi. Sotto la sua pressione, le case, scarsamente protette da immagini sacre, crollavano con un suono di noci fracassate. Alti alberi colpiti alla loro base improvvisamente prendevano fuoco, dalla radice alla cima, e bruciavano come torce, crepitando. […]
Bellissimo vulcano! Non ho mai visto espressioni paragonabili alla sua. L’ustione aveva ricoperto tutto dello stesso colore incolore, grigio, opaco, morto. Ogni foglia di ogni albero a vista d’occhio attraversava tutte le sfumature e tutte le crepe dell’autunno, contorta, infine arrostita, cadeva nel respiro del fuoco. […]
La lava procedeva con il suono di milioni di lastre che si rompevano contemporaneamente. Sacche di gas si squarciavano, sibilando dolcemente come serpenti […]».
Jean Epstein ed i suoi collaboratori si trattennero sull’Etna per quasi tre settimane: giunti in Sicilia iniziarono le riprese il 24 giugno (una settimana dopo l’inizio dell’eruzione) e girarono metri e metri di pellicola, realizzando, dopo il montaggio, un documentario di 24 minuti.
L’eruzione si esaurì il 18 luglio. Per i paesani di Linguaglossa, ancora una volta, dopo il 1566, Sant’Egidio aveva miracolosamente protetto il paese.
Epstein morì prematuramente a Parigi, nel 1953, all’età di 56 anni. Al suo attivo (dal 1922 al 1948) aveva ben 37 pellicole, tra documentari e film.
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