(Gaetano Perricone). Lettere e firme dal territorio fioccano in queste ore freneticamente. C’è quella sottoscritta da circa 2000 dirigenti scolastici, presidi mi piace chiamarli, al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e al presidente del Consiglio Mario Draghi, che chiede il differimento di un paio di settimane della riapertura delle scuole in presenza, ricominciando intanto con la Didattica a Distanza, per rafforzare la vaccinazione nei più piccoli e organizzarsi meglio. In Sicilia le prese di posizione sono nette. “La riapertura delle scuole in presenza a partire dal 10 gennaio sarebbe un atto irresponsabile. Non esistono, infatti, le condizioni minime di sicurezza e la possibilità da parte dell’Asp di fornire collaborazione adeguata alle autorità scolastiche”, hanno ribadito 200 sindaci che hanno partecipato in videoconferenza ad una riunione urgente indetta dal presidente dell’Anci Sicilia, Leoluca Orlando, per fare il punto sulla ripresa delle lezioni a scuola in un momento di aumento di contagi per il Covid. Fa eco loro il presidente della Regione Nello Musumeci: “Ho appena scritto al presidente Draghi rappresentando la gravità della situazione delle ultime ore e ribadito le stesse perplessità da noi espresse nel confronto Stato-Regioni dei giorni scorsi. Valuteremo attentamente nelle prossime ore l’evolversi del contagio per valutare eventuali ulteriori provvedimenti”. Ma lui, anzi loro vanno avanti senza sentire ragioni: il ministro, sostenuto dal premier, ribadisce con forza ai quattro venti che la scuola riaprirà in presenza lunedì prossimo 10 gennaio, minacciando di impugnare la decisione del solito monellaccio Vincenzo De Luca, presidente della Campania, di tenere chiuse le scuole nella sua regione fino al 29 gennaio. Dico solo: non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere. A commento della decisioni del Governo, pubblichiamo questa bellissima riflessione di Maurizio Muraglia, valoroso insegnante a Palermo, giornalista e scrittore (è di recente autore insieme a Laura Mollica del libro “Dante parla ancora?), con il quale speriamo di avere avviato una preziosa e proficua collaborazione
di Maurizio Muraglia *
L’immagine del dito e della luna mi pare si adatti bene alle vicende legate al rientro a scuola in presenza in regime di emergenza pandemica aumentata. I nostri politici nazionali, e il ministro dell’istruzione in testa, si sono intestati la crociata del rientro costi quel che costi, adducendo le motivazioni che ben si conoscono: la depressione degli studenti, il valore socializzante della scuola, l’inefficacia della DAD, insomma quel che sappiamo tutti. Migliaia di dirigenti scolastici in questa fase chiedono al ministro di valutare la possibilità di un rinvio di questo rientro e di un riavvio soft con didattica a distanza in attesa di un quadro meno preoccupante. Nisba. Il ministro Patrizio Bianchi rimanda al mittente la richiesta.
Ora, il dito è certamente la scuola. Ma il dito indica la luna, e non pare che la luna venga presa in considerazione. La luna è l’apprendimento. La scuola indica l’apprendimento, favorisce l’apprendimento, esiste per l’apprendimento. Se la scuola comincia ad esistere per la contabilità di contagiati, guariti, vaccinati, non vaccinati, da 120 giorni, da 119, da 118; se la scuola comincia ad esistere perché alzati-la-mascherina, alzatevi-uno-per-volta, compila-questa-autocertificazione, mi-faccia-vedere-il-green-pass e potrei continuare all’infinito, la scuola non indica e favorisce se non se stessa come contenitore dell’emergenza.
Ai politici importa molto far vedere che grazie a loro c’è la normalità. Anche se di normale in questa scuola-con-mascherina non c’è proprio nulla, quel che importa è che si possa dire che la scuola in presenza c’è e non si tocca. La luna non conta, conta il dito ed il dito è ben vivo e vegeto.
La didattica a distanza non la ama nessuno, ma ancor meno sono amabili il caos, la classe suddivisa in chi segue da casa e chi segue da scuola, la conversazione dietro una mascherina, insomma tutti quei dispositivi che rendono molto precaria la possibilità di fare scuola, ma che consentono ai politici di dire che la scuola è aperta.
I dirigenti scolastici conoscono bene tutto questo e per questo hanno firmato numerosi, e sostenuti da tanti docenti, l’appello al ministro. Il quale ha risposto che egli ascolta tutte queste voci, ma anche le “tante voci” che spingono per la scuola in presenza (fonte Orizzontescuola.it). Il fatto è che le voci che si rivolgono a lui sono voci di addetti ai lavori e hanno nome, cognome, scuola di appartenenza e regione, mentre le “tante voci” che affastellano la mente del ministro e che lui determina di volere ascoltare hanno l’aspetto evanescente di cui piacerebbe conoscere il peso politico. Il tutto rende sempre più tossico il rapporto tra scuola e politica.
* Insegnante Liceo Classico Europeo “Maria Adelaide” Palermo
Con il titolo: da Corriere.it
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