di Dario e Paolo Teri
Con molto piacere abbiamo accolto l’invito di Gaetano Perricone e del suo blog per parlare delle nostre attività. Prima di cominciare però è doverosa una precisazione. Seppure la nostra attenzione si sia rivolta alle grotte etnee, poco note o sconosciute, censendone oltre 60, non siamo e non ci consideriamo speleologi professionisti. Siamo solo dei buoni camminatori e appassionati come tanti del nostro vulcano e la nostra attenzione è maggiormente rivolta alla conoscenza di luoghi finora a noi sconosciuti. Siamo da sempre convinti che in generale si conosca relativamente poco il vulcano e chi afferma di conoscerlo a fondo pecca, ingenuamente, di ignoranza – per richiamare il trio comico più famoso d’Italia – nel senso che proprio si ignora quante bellezze nascoste celi la nostra Etna. Per questo gli ingrottamenti vulcanici, più tecnicamente cavità reogenetiche, hanno colpito in maniera sempre più crescente il nostro interesse: ne esistono centinaia e potenzialmente è possibile trovarne in qualsiasi campo lavico, antico o recente.
Tutto in realtà è partito nel 2018 quando iniziammo a trasferire sui nostri gps le tracce di vecchi sentieri e mulattiere. Ci appassionò l’idea di catalogare le vie utilizzate dai nostri avi a dorso di mulo prima dell’avvento dell’asfalto. Come ci si muoveva sulle aspre superfici laviche prima che arrivassero le strade? Dunque volevamo semplicemente valorizzare un aspetto che ci affascinava molto: l’eroismo delle genti dell’Etna che si trovavano a far da pionieri, come le piante endemiche, nel modellare a suon di picconi e mazze le rocce frastagliate delle superfici laviche delle sciare etnee per chilometri e chilometri. E così camminando ed esplorando il territorio ne abbiamo catalogate moltissime, più di cento. Poi si è palesato ai nostri occhi che queste opere artificiali, anche di un certo valore etnoantropologico, conducevano, non casualmente, in dagale (isole di vegetazione risparmiate dalla furia delle colate) o in grotte utilizzate come bivacchi o come niviere. In molti casi di questi ipogei non vi era alcuna traccia storica o sulle mappe. Alla fine ci siamo resi conto che inseguendo queste antiche vie di ascesa sui fianchi del Mongibello eravamo venuti a conoscenza anche di tante nuove grotte dimenticate, ma che in passato dovevano essere delle importanti mete per i mestieranti etnei.
Tra i casi più emblematici di questa sorta di oblio vi è proprio la Grotta Polare sul versante Nord Ovest che è raggiunta proprio da una vecchia mulattiera. Ma non bisogna poi stupirsi più di tanto del fatto che di questa come altre se ne sia persa memoria nel tempo. Siamo riusciti infatti a esplorarla quasi interamente solo tornando più volte sul posto, addirittura in anni diversi, quando finalmente abbiamo trovato un passaggio nella neve per accedere al livello più basso che ospita un importante deposito di ghiaccio. Ciò la rende, alle conoscenze attuali, la grotta con deposito glaciale più a sud d’Europa ed anche alla quota più bassa, 2014 mt contro i 2040 della famosa sorella Grotta del Gelo.
Queste ricerche danno in qualche modo un senso al nostro pervicace desiderio di esplorazione di luoghi probabilmente sconosciuti o di cui si è persa memoria, ma soprattutto all’inizio non potevamo immaginare che alcune di queste “scoperte” avrebbero potuto dare un piccolo contributo alla ricerca scientifica. Infatti proprio nel caso della Grotta Polare, l’Ingv di Catania e il Centro Speleologico Etneo hanno voluto avviare un progetto di monitoraggio della grotta, anche per poter paragonare i dati tra questa e la Grotta del Gelo che è monitorata da anni.
Come detto in premessa, non siamo speleologi, ma ci consideriamo appassionati esploratori del nostro territorio. Non ci differenzia solo il fatto di avere un approccio meno tecnico, ma anche la voglia di divulgare tutto ciò che troviamo online. Infatti abbiamo notato nel tempo che in questo ambiente c’è spesso una certa gelosia e antagonismo che porta spesso a non pubblicare notizie su ritrovamenti anche molto rilevanti dal punto di vista naturalistico. Alcune grotte sono pure catastate, ma non si trovano notizie o le coordinate per andarle a visitare. Dunque diventa difficile o quasi impossibile scovarle. Il nostro scopo invece è divulgativo e abbiamo creato un censimento chiamato Etna Lava Tubes Project e messo tutte le informazioni online e sui social: foto, descrizioni e coordinate. Grazie a questo approccio abbiamo potuto fare anche delle scoperte indirette. Come nel caso di una piccola grotta che si trova nei Dagalotti del Diavolo, vicino Monte Scavo e Monte Denza, dove abbiamo fotografato una felce che non avevamo mai notato sull’Etna che poi è stata riconosciuta da un botanico tramite le foto condivise da un nostro caro amico appassionato di botanica (Fabrizio La Carrubba ndr) e con non poco stupore abbiamo appreso si trattasse di una felce (Polystichum lonchitis) che si pensava non fosse presente in Sicilia. Ciò ci ha confermato la bontà della scelta di divulgare tutti i nostri rilevamenti.
Riguardo all’ultima, la Grotta 3000, si è già scritto parecchio, anche molto oltre qualsiasi nostra aspettativa e non mi voglio dilungare oltre se non per ribadire a eventuali lettori che non hanno letto altrove, che è l’ipogeo reogenetico probabilmente più alto sul vulcano, che contiene ghiaccio al suo interno nonostante la giovanissima età di formazione (2014).
Ma in realtà la vera novità, che raccontiamo in forma inedita qui su IlVulcanico.it è proprio il fatto che la Grotta 3000 non è già più l’ultima cavità da noi esplorata. Sono passate 2 settimane e abbiamo aggiunto già altre 2 cavità, più una terza ancora da verificare perché non accessibile al momento per la neve ancora presente, che abbiamo voluto dedicare al leggendario Tifeo, il titano che sfidò Zeus e tale arroganza fu punita con l’imprigionamento dentro il vulcano etneo, generando così quando è più irrequieto, terremoti ed eruzioni. Il nome non è casuale. Volevamo dedicare da tempo una cavità a questo personaggio mitologico, ma attendavamo un ingrottato che morfologicamente ispirasse questa attribuzione.
E’ questa continua ricerca di novità che fa muovere le nostre gambe e non ci fa annoiare mai. Inoltre i nostri gps sono ancora ricchi di punti di interesse da visitare e chissà che il vulcano non ci riservi, a noi o altre persone mosse da tanta curiosità, ancora delle bellezze inesplorate.
Con il titolo: Dario Teri davanti alla “Grotta del Tifeo”, l’ultima cavità scoperta
Nella fotogallery, alcune delle affascinanti avventure dei fratelli Dario e Paolo Teri alla scoperta delle grotte dell’Etna: 1 Grotta Damiano, eruzione 1651, Etna Ovest; 2, 3 e 4: Grotta della Luce, Etna Nord, eruzione 1614; 5 Grotta Inghiottitoio, presso Monte Grigio, Etna Nord, prima esplorazione dell’impressionante pozzo collocato su una magnifica distesa di sabbia vulcanica; 6 Grotta Lava Cube, Etna Sud; 7 ingresso Grotta Damiano, lava 1651, EtnaOvest; 8,9, 10; Grotta Carlotta, lave 1614, vicina Dagala dell’Orso; 11,12,13,14,15 Grotta Polare, ritrovamento del passaggio al livello inferiore che nascondeva un gioiello ghiacciato; 16,17,18,19 Grotta Piera e Riccardo, Etna Nord, 2650 m., novembre 2021; 20,21,22 Grotta in cui è stata rilevata la specie di Felce Polysticum Lonchitis, ritenuta non presente in Sicilia, Etna Ovest, Dagalotti del Diavolo; 23, 24, 25, 26, 27 Grotta Tremila, aprile 2022: 28 Grotta Bellissimo, lave 1614, Etna Nord; 29, 30, 31, 32: Grotta Amazzonia, lave 1651, Monte Egitto-Grotte dell’Angelo, Etna Ovest; 33 i fratelli Teri insieme alla Grotta di Gravità Permanente; 34,35,36, 37 Grotta del Tifeo
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