di Santo Scalia
Accadde nel 1971, mezzo secolo fa!
Per me era la prima volta, la prima nella quale salivo a bordo di un aeromobile e mi staccavo da terra. L’aereo era un McDonnell Douglas DC-9 e portava le insegne della compagnia ATI, ovvero Aero Trasporti Italiani, una emanazione della stessa compagnia di bandiera, l’Alitalia, e dell’IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale.
Da quel giorno – e non avrei mai potuto immaginarlo allora – altre 744 volte mi sarei staccato da terra a bordo di un velivolo, che fosse un monomotore ad elica, un bimotore, un elicottero o un idrovolante, oppure un jet di linea; che fosse per lavoro o per diletto, per necessità o per svago, avrei volato ancora tante altre volte, chissà, forse anche troppe.
Nel 1971 l’Autostrada A19 (la Palermo-Catania) non era ancora una realtà, ma ci si stava già lavorando: infatti i tratti prossimi alle due grandi città siciliane erano già stati aperti (da Palermo a Buonfornello e da Catania fino Motta Sant’Anastasia); il troncone centrale sarebbe stato inaugurato soltanto quattro anni dopo. Per andare in auto da Palermo a Catania, o viceversa, ci si doveva avventurare lungo la tortuosa strada statale 121, la cosiddetta Catanese.
E si impiegavano ore ed ore, anche a voler utilizzare il treno.
Quanto più strettamente agli aerei, erano altri tempi: l’11 settembre del 2001 sarebbe arrivato trent’anni dopo. In quegli anni i controlli di sicurezza per l’accesso a bordo dei velivoli di linea erano molto meno rigidi, si potevano portare a bordo liquidi di qualunque genere, e si potevano fare cose oggi impensabili.
All’aeroporto Fontanarossa di Catania (solo in seguito sarebbe stato denominato Vincenzo Bellini) si poteva accedere ad un’ampia terrazza, proprio a livello pista, giusto a pochi metri dagli aerei fermi in prossimità dello scalo; una semplice cancellata separava l’area aperta al pubblico da quella riservata ai servizi aeroportuali.
Esisteva un regolare collegamento tra Catania e Palermo, tra gli aeroporti di Fontanarossa (CTA secondo il codice dell’International Air Transport Association) e di Punta Raisi (PMO nella codifica IATA). Così – l’ho già accennato nel ricordare l’eruzione dell’Etna del 1971 – in una primaverile mattina del 5 aprile del 1971, dopo aver colmato a piedi la breve distanza, salii a bordo dell’aereo che mi avrebbe condotto a Palermo. Appena 20 minuti di volo, nemmeno il tempo di raggiugere la quota di crociera, e cominciò la discesa verso il capoluogo siciliano. Un tempo troppo breve per realizzare di essere giunto all’altro capo dell’isola, non più sotto l’Etna, ma sotto il Monte Pellegrino.
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Un elegante pullman colorato di rosso attendeva i passeggeri appena fuori dell’aerostazione. Poco dopo mi trovai in pieno centro, nel Viale della Libertà, dove aveva sede il terminal dell’Alitalia.
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Oggi in città, a Palermo, all’angolo tra il Viale della Libertà e Via Torrearsa, non c’è più il terminal Alitalia. Anzi, anni dopo la mia prima visita a Palermo, quei locali furono utilizzati dal famoso (e anch’esso non più esistente) bar Roney.
Il viaggio di ritorno fu anche più rapido: nella nostra regione, infatti, i venti dominanti spirano principalmente da occidente verso oriente; così i venti minuti impiegati all’andata divennero appena quindici nel viaggio di ritorno! Con il vento in coda l’aereo, muovendosi nella stessa direzione e a favore di vento, impiegò circa un quarto in meno del tempo impiegato all’andata.
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E fu proprio l’approssimarsi dell’atterraggio che mi riservò una gradita sorpresa; come già descritto altrove (ilVulcanico.it del 5 aprile scorso) «[…] era già buio, e provenendo da nord-nord-ovest, poco prima della virata per allineare l’aereo con la pista 08 dell’aeroporto di Fontanarossa, ecco apparire a sinistra, al centro del finestrino, la sagoma del vulcano e l’inferno, quasi in cima: poco tempo prima, tra le 17 e le 18, ben cinque bocche si erano aperte intorno a quota 3000, nelle vicinanze dell’Osservatorio Vulcanologico». Una giornata memorabile della quale mi resta impresso il ricordo, come un ricordo è l’andare in aereo da Catania a Palermo.
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Oggi un collegamento aereo tra le due più grandi città siciliane non c’è, e forse non sarebbe nemmeno sostenibile economicamente; vengono spontanee però delle considerazioni, viste le condizioni dell’autostrada A19, eterno cantiere e prova di abilità e di pazienza per gli automobilisti che la percorrono. Ma non è di queste che volevo trattare, bensì solo di un ricordo.
Ove non indicato diversamente, le immagini sono state reperite sul web utilizzando i comuni motori di ricerca.
Con il titolo: il velivolo bireattore McDonnell Douglas DC-9 con la livrea dell’ATI
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