di Santo Scalia
In quel tratto di strada c’è qualcosa di strano nell’aria.
Sarà capitato a molti di voi, percorrendo l’Autostrada A20, la “Palermo-Messina”, di avvertire uno strano odore nell’attraversare la galleria Capo Calavà (lunga ben 3114 metri). Non è solo una sensazione, ma una reale percezione.
E non è caso che nelle vicinanze, tra il promontorio di Capo Calavà (dal quale la galleria autostradale trae il proprio nome) e l’agglomerato di San Giorgio, sulla costa, si trovi una località detta Punta Fetente.
Già nel 1894 l’Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania, nel volume VII degli Atti, nel descrivere la geologia delle rocce incontrate nei trafori della linea ferroviaria che segue la costa settentrionale siciliana, così scriveva: «Per chi percorre la linea ferroviaria da Messina verso Palermo, dopo Patti incontra, nel tronco Patti-Brolo, i trafori di Punta Fetente, Scoglio Nero Calavà […]»; poco dopo, a proposito della Galleria Punta Fetente, aggiungeva: «Questa galleria attraversa rocce massicce cristalline. La sua denominazione, è dovuta molto probabilmente al fetore che emana, per sprigionamento d’idrogeno solforato. In prossimità della spiaggia, nella roccia che si erge ripidamente a costituire il capo, si osservano delle fessure tappezzate, come fumaruole [sic], da incrostazioni solfifere, che illusero tanto certi proprietari da spingerli a ricerche industriali, che come era bene a supporre, dovevano riuscire infruttuose.»
Nel 1897 l’allora Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, nel fascicolo LXII degli Annali di Statistica, riportava le seguenti notizie: «Nel territorio di Gioiosa Marea, ad est dal Capo Calavà, nella contrada detta Fetente, trovasi una sorgente fortemente solforosa con odore di uova fracide. A poca distanza da essa, facendosi lavori di scavo per una miniera di solfo, si incontrò una corrente talmente carica di gas acido solfidrico che si dovettero abbandonare i lavori.»
Ma i problemi più grossi si sono presentati nel corso della realizzazione dei lavori per lo scavo delle due gallerie parallele dell’autostrada Palermo-Messina: illuminante in merito è il resoconto, a firma degli Ingegneri Enrico Wolf (ingegnere capo e direttore dei lavori dell’autostrada A20), Remo Collini (direttore tecnico dell’omonima impresa di costruzioni) e Achille Balossi Restelli (consulente), pubblicato sul periodico specialistico Gallerie e grandi opere sotterranee (N° 8 del marzo 1979).
La pubblicazione, dal titolo Attraversamento di una tratta della galleria Capo Calavà in presenza di gas tossici in pressione, ribadisce infatti che nel luglio del 1973 i lavori dovettero essere sospesi a causa del rinvenimento di infiltrazioni di gas altamente tossico. Furono eseguiti sofisticati sondaggi, misure della portata e pressione del gas, analisi di laboratorio e verifiche della situazione geologica dell’area, stante la vicinanza dell’arcipelago vulcanico delle Isole Eolie.
I gas fuoriuscivano dalle rocce alla temperatura di circa 35 gradi centigradi, alla pressione massima di 1,8 atmosfere e risultarono costituiti per il 98,07% di anidride carbonica, dello 0,08% di idrogeno solforato, dallo 0,61% di metano e dall’1,24% di azoto: una miscela mortale.
E proprio a causa della tossicità di questa miscela gassosa sembra che alcuni lavoratori persero la vita all’interno delle gallerie in corso di realizzazione.
In seguito alle indagini tecniche si giunse alla determinazione di intervenire con un procedimento di impermeabilizzazione principalmente in un tratto della lunghezza di circa 250 metri, utilizzando particolari miscele cementizie e resine acriliche, in entrambe le gallerie. A completamento degli interventi esposti si procedette alla messa in opera di una guaina impermeabile, costituita da due strati di pvc (Polivinilcloruro) con in mezzo un ulteriore strato di pvdc (Polivinildencloruro); con questi accorgimenti si riuscì a portare le percentuali delle sostanze tossiche a valori non più pericolosi per l’organismo umano.
Del fenomeno gassoso e della struttura geologica dell’area si sono occupati più volte gli enti di ricerca scientifica; a titolo di esempio, nel Rapporto sull’attività scientifica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia del 2004, leggiamo che «[…] indagini sono ancora in corso ma i primi risultati hanno permesso di identificare l’ubicazione della faglia che attraversa Capo Calavà caratterizzata dalle emissioni più intense di CO2 dal suolo ed in ambiente sottomarino».
Il fenomeno delle emissioni gassose nell’area di Capo Calavà non è infatti limitata solamente al suolo, ma è presente anche sul fondale marino dell’area circostante. Si giustifica così la denominazione di Punta Fetente.
Se vi capiterà di transitare nuovamente nella galleria di Capo Calavà prestate quindi attenzione all’odore: nonostante tutti i tentativi messi in atto per rendere le pareti impermeabili alle emissioni gassose qualcosa riesce comunque a filtrare.
Con il titolo: l’ingresso della galleria Capo Calavà dell’Autostrada A20 (immagine dalla funzione Street View di Google Earth)
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