di Antonella De Francesco

Un semplice incidente, l’ultima fatica del regista iraniano Jafar Panahi, insignito della Palma d’oro al festival di Cannes, è un capolavoro.

È un coltello che ti entra dentro e che ti fa sentire tutta l’angoscia della prigionia, l’ingiustizia e la spietatezza del regime che cambia per sempre la vita della gente e lo fa con una semplicità disarmante, partendo da un evento assolutamente banale. In quel momento iniziale in cui la telecamera inquadra il protagonista, Vahid, mentre guida la sua auto nell’oscurità, la vittima è un cane investito che resta fuori dall’inquadratura Si avverte lo schianto ma non si vede la vittima. È solo un povero cane … Ricordatevi di questo buio e di questo fuori campo nel finale, perché lì resterà fuori dalla vostra vista il carnefice, anche se ne sentirete la presenza e ne riconoscerete l’identità senza vederlo.
È questo il miracolo che compie Pahani alla fine della sua pellicola: di averci reso tutti prigionieri, capaci di riconoscere il nostro aguzzino anche senza vederlo! Il film si basa proprio sulla paura che resta in chi ha subito la prigionia: una paura legata al buio delle bende sugli occhi, al rumore dei passi dei carcerieri, alle voci, alle umiliazioni e alle torture rimaste senza volto, ma indelebili e nitide nella memoria di chi le ha subite. È un film sul senso di vendetta, sul perdono e sulla pietà e su come ciascuno di noi sviluppi nella vita la sua personale capacità di provarle, oppure no. È a tratti anche una commedia grottesca che ci conduce con il sorriso nella quotidianità di un paese in cui regna la corruzione e nell’orrore che si compie tutti i giorni. E sul finale è un grido disperato perché venga fermata questa spirale di violenza che si perpetra da troppo tempo e non solo in Iran.

Jafar Panahi potrebbe essere definito geniale se non fosse che quello che racconta è reale e non si è inventato nulla. Qui non si tratta di una trovata cinematografica, né di un brutto sogno che possiamo lasciarci alle spalle, perché i carcerieri del regime esistono davvero e i prigionieri pure. Panahi lo sa bene e dopo questo film, anche i più distratti tra noi non possono ignorarlo. Da vedere assolutamente



Commenti recenti