(Gaetano Perricone) Ho letto per la prima volta “L’ETNA che vorrei”, nella sua prima versione, circa sette anni fa, nel 2010. Da responsabile dell’Ufficio Stampa del Parco, dunque molto attento a guardare in giro le cose più belle e interessanti scritte sulla Muntagna oggi Patrimonio Mondiale dell’Umanità, mi piacque moltissimo, al punto che ho tenuto conservato il file per tutti questi anni.
Mi piacque ancora di più perché l’autore di questo bellissimo scritto, riflessione poetica di prim’ordine, era il mio vecchio amico Giuseppe Riggio, giornalista e narratore di cose del Vulcano (e della natura in generale) colto, di eccellente livello, tra i migliori in assoluto. Conosco e stimo Giuseppe da oltre trentacinque anni, da quando lavoravo a Palermo nella redazione del grande giornale L’Ora e lui era uno dei corrispondenti nel Catanese. L’ho ritrovato con grande piacere sull’Etna, in quella che io chiamo la mia seconda vita.
Rileggendo ieri “L’ETNA che vorrei”, a distanza di anni, l’ho trovato ancora attualissimo, intenso e appassionante come sempre, quanto mai vicino al mio modo di pensare la Muntagna Patrimonio Mondiale Unesco, un vero e proprio “manifesto”, all’insegna della poesia e del grande amore per un luogo magico, dei suoi valori più alti e significativi, ma anche delle pessime cose che si fanno e che si pensano per violare questi valori e per alterarne l’integrità.
E allora ho chiesto a Giuseppe Riggio se potevo avere il piacere, vista l’importanza dei messaggi contenuti in questo scritto e la mia piena condivisione, di pubblicarlo sul mio blog. Ha detto subito sì, non avevo dubbi, trasmettendomi la versione più aggiornata, pubblicata all’interno del suo libro “L’Etna raccontata ai ragazzi. Le storie dei montanari del Novecento” (Giuseppe Maimone Editore). Gliene sono grato e vi propongo questa bella, emozionante, a tratti commovente lettura …
L’ETNA che vorrei
di Giuseppe Riggio
( tratto da “L’Etna raccontata ai ragazzi, Maimone Editore)
L’ETNA che vorrei è gremita di gioia
È accogliente come una madre
È calda come la passione che avvolge i poeti
È travolgente come il tempo che passa
L’ETNA che amo è attraversata dagli uomini, risuona di passi, certe volte è avvolta dai canti
La montagna che amo è un vulcano che non uccide. Dove la natura fa il suo corso ed i crateri nascono
e crescono a seconda di quello che accade nel ventre della Terra
Un posto in cui gli uomini osservano silenziosi la potenza del Pianeta e se difendono le proprie case lo fanno
con la consapevolezza di essere delle formiche, impegnate a fermare l’inondazione
L’ETNA che mi ha preso il cuore offre silenzi sconfinati macchiati dal sibilare del vento
Puzza di zolfo
È lurida di cenere che nevica sopra le teste
Rimbomba di boati
Fa gelare persino le idee quando soffia il vento della tempesta
Risuona di pietre rotolanti che avanzano dinanzi agli uomini, pietre che infiammano la notte
e riscaldano le membra di chi si avvicina in preghiera
L’ETNA che non posso dimenticare è quella che hanno visto tutti gli escursionisti con cui ho camminato
in questi anni, è il territorio in cui mi sono rifugiato tante volte a coltivare l’amore
L’ETNA è il luogo dove ho visto andar via Teresa, mentre il sole splendeva sulla neve
ed una macchina volante vagava inutilmente nel cielo
L’ETNA che non mi è mai piaciuta
È quella circondata dai custodi, guardata a vista dalla Protezione civile,
vietata allo sguardo di chi vorrebbe contemplarla
Proibita al popolo, proprio quando chi la abita dovrebbe invece potersi
inchinare dinanzi alla grandezza di un’eruzione
L’ETNA che non sopporto è quella invasa da chi non l’apprezza
Da chi la fa diventare una creatura immonda cosparsa di rifiuti
Da chi la usa solo per saccheggiare castagne in autunno e frescura in estate
ed in cambio… offre violenza e offese
L’ETNA che non riconosco è quella descritta dai politici pronti a venderla per trenta denari
Ignorata dagli amministratori e dai burocrati che non amano realmente il
loro mondo, che citano le meraviglie della nostra montagna senza avere mai
visto l’alba dai crateri, senza avere mai sfiorato la corteccia di una betulla
L’ETNA che mi avvilisce è quella descritta in prima pagina, quella che assomiglia
alla bocca dell’inferno, luogo in cui smarrire la retta via, in cui avventurarsi
solo dopo aver fatto testamento, come gli antichi pellegrini verso Santiago
L’ETNA che mi piace è quella descritta nelle pagine interne, quella di chi
le dedica il proprio lavoro con trasporto, quella degli uomini che l’hanno
vissuta per una vita rispettandola profondamente
La montagna che vorrei continuare a godere è la creatura descritta dalle
parole di Goethe e di Brydone, di Verga e di De Roberto, di Mollica Alagona e di Luigi Biffo.
Dipinta da Saint Non e filmata da Alessandro, da Giovanni, da Gian Maria.
La montagna che rimane sempre dentro di me è quella coperta di neve fredda e leggera,
quando neanche gli sci riescono a far rumore ed io mi sento un pezzo di natura in movimento
L’ETNA cui non posso rinunciare è quella che ho conosciuto negli ultimi
quaranta anni, ma soprattutto quella che scoprirò domani, dopodomani, il mese prossimo
Quella delle giornate terse e quella della bufera
Quella che mi riserva il piacere di sperimentare la solitudine del tracciatore di piste,
ma anche il conforto di un rifugio riscaldato, che mi rende capace
di tornare sui luoghi di sempre, dove sono cresciuto io stesso e quelli
che sono venuti dopo di me, dove i miei figli hanno cambiato aspetto
Tutto questo affinché l’ETNA che vorrei – che forse vogliamo – possa diventare
sempre più l’ETNA che è, la montagna straordinaria in nome della quale tutto è possibile.
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