(Gaetano Perricone). La costante, intensissima, spettacolare attività parossistica dell’Etna mi ha riportato alla mente un bellissimo articolo scritto quasi dieci anni fa, nel mese di settembre del 2011 dal mio amico Salvo Caffo, eccellente vulcanologo del Parco, pubblicato sul Bollettino ufficiale dell’ente, che allora curavo come vicedirettore responsabile nel mio ruolo di addetto stampa. Un’attenta, profonda, dotta spiegazione, analisi scientifica e interpretazione dei continui parossismi del nostro vulcano che, allora come ora, ci ricorda che quello che accadde  e accade oggi e ci riempie di stupore non è in realtà “nulla di anomalo”, ma solo “normale evoluzione” e soprattutto che al di là e al disopra della scienza, degli studiosi e degli scienziati, anche quelli più bravi, è lui, grande e potentissima macchina geologica, a stabilire le “regole del gioco”. Dunque riproponiamo molto volentieri questo articolo per i tanti amici che seguono questo blog, ma anche per altri che vogliono comprendere di più sui parossismi vulcanici.

FONTE: Bollettino Ente Parco dell’Etna,  Settembre 2011

L’intensa e particolare attività degli ultimi mesi. Il vulcano è diventato esplosivo? Dibattito aperto. La parola al vulcanologo del Parco

di Salvatore Caffo *

L’Etna e i suoi continui parossismi del 2011

Nulla di anomalo, normale evoluzione

 

Premessa

L’unico elemento di interpretazione di attività eruttive, violentemente esplosive è rappresentato dall’aumento della frequenza del tremore vulcanico. La sismologia si occupa in genere dello studio dei terremoti legati prevalentemente ai meccanismi di fratturazione delle rocce. Nell’area etnea questi si esplicano attraverso l’attività dei principali lineamenti strutturali, che hanno significato sia tettonico che vulcano-tettonico. Le strutture tettoniche riflettono fedelmente la distribuzione azimutale delle principali discontinuità regionali che attraversano il basamento etneo, mentre le strutture vulcano-tettoniche, rappresentano la risposta rigida della copertura vulcanica, alle sollecitazioni indotte dal campo di stress regionale. In aree sede di vulcanismo attivo, i segnali sismici possono essere generati anche per effetto di processi fluidodinamici che hanno sede all’interno del sistema magmatico fuso, generati in conseguenza della liberazione nell’atmosfera delle fasi volatili originariamente disciolte, allo stato molecolare. Tali fenomeni si traducono, dal punto di vista meccanico e dinamico, nella produzione di onde elastiche di compressione e di dilatazione (per molti aspetti simili alle onde acustiche) che attraversando il fuso magmatico contenuto nei condotti vulcanici o in intrusioni laterali del vulcano, interagiscono con le pareti solide di questi ultimi e si trasmettono, per rifrazione, nel mezzo circostante (apparato vulcanico), producendo una vibrazione continua di bassa energia del suolo che è nota con il termine di “tremore vulcanico”; nell’area etnea è un segnale sismico piuttosto complesso caratterizzato da basse frequenze (generalmente inferiori ai 6 Hz) e da ampiezze variabili in relazione allo stato di turbolenza dinamica dei gas all’interno dei condotti vulcanici.

Da quanto detto emerge, pertanto, che lo studio del tremore vulcanico è un utile indicatore sismologico dello stato di agitazione magmatica all’interno delle porzioni sommitali del vulcano e, in tal senso, può essere validamente applicato per la previsione a breve termine di parossismi eruttivi sia di tipo sommitale (eruzioni esplosive ai crateri terminali, attività stromboliana e fontane di lava), che di tipo laterale (infiltrazioni periferiche di dicchi magmatici con produzione di colate laviche lungo i fianchi dell’edificio vulcanico). I risultati di prove di laboratorio, o, applicati alla ricerca vulcanologica e sismologica, hanno evidenziato come durante le fasi di quieto degassamento dai crateri sommitali, regime che tipicamente caratterizza l’Etna durante gli stadi più consueti dell’attività persistente, si registra un tremore sismico di bassa intensità determinato dall’azione meccanica delle bolle di gas che si liberano in corrispondenza della sommità della colonna magmatica.

Per effetto dell’incremento del contenuto energetico delle fasi gassose, si determina all’interno della colonna magmatica la formazione di bolle di gas di grandi dimensioni (noti con il termine inglese di “slug”), il cui diametro tende ad occupare l’intera sezione del condotto vulcanico. La liberazione in superficie di questi “slug” genera dei momentanei e successivi incrementi nell’ampiezza del tremore, con conseguente comparsa di fenomeni transienti della durata di qualche secondo. In queste condizioni si parla di tremore “intermittente”. Per ulteriore innalzamento dello stato di turbolenza dei gas, il regime fluidodinamico della colonna magmatica è completamente governato dalla presenza, generalizzata lungo tutto l’asse del condotto di “slug” di dimensioni sempre maggiori che, in superficie danno origine ad attività stromboliana di crescente intensità, frequentemente accompagnata dall’emissione di fontane di lava, che possono raggiungere diverse centinaia di metri in altezza, e dal lancio di materiali solidi (bombe vulcaniche).

Se la colonna magmatica si abbassa improvvisamente, provocando l’ostruzione parziale o totale del condotto, la tensione di vapore dei gas può raggiungere valori elevatissimi, tanto da espellere il “tappo” con grande impeto ed il parossismo esplosivo che ne segue può essere estremamente violento. Talvolta a causa della violenza delle esplosioni, si determinano delle modificazioni strutturali all’interno del condotto vulcanico interessato alla fenomenologia – in taluni casi sull’Etna si verificano profonde fratture che permettono alle acque freatiche che impregnano le rocce o a quelle dovute allo scioglimento delle nevi di venire in contatto con il magma determinando violente esplosioni per l’improvvisa vaporizzazione delle acque (esplosioni freatiche e freatomagmatiche). Dal punto di vista sismico, questo tipo di attività ha riscontro nella registrazione di un tremore “continuo” ma caratterizzato da livelli in ampiezza, e quindi in energia, crescenti.

Attività parossistica Cratere Sud Est nel settembre 2011 (foto archivio Parco Etna)

Eventi

Tra il 12 – 13 gennaio e l’il 19 settembre del 2011, dalla bocca posta sul fianco orientale del Cratere di SudEst, hanno avuto luogo ben 14 episodi eruttivi parossistici:

12/13 gennaio 2011 (I); 18 febbraio 2011 (II); 10 aprile 2011 (III); 12 maggio 2011 (IV); 9 luglio 2011 (V); 19 luglio 2011 (VI); 25 luglio 2011 (VII); 30 luglio 2011 (VIII); 5/6 agosto 2011 (IX); 13 agosto 2011 (X); 20 agosto 2011 (XI); 29 agosto 2011 (XII); 8 settembre 2011 (XIII); 19 settembre (XIV).

Dal 6 novembre 2009, allorquando nella parte orientale del Cratere sub terminale di Sudest si formava un cratere pozzo, noto ai più come Pit-Crater che, durante i 13 parossismi si evolveva sino ad assumere le dimensioni di un imponente cono di scorie impiantato sul fianco orientale del CSE,, si è assistiti alla genesi ed alla successiva evoluzione morfologico-strutturale di quello che ormai a tutti gli effetti geologici può essere considerato il “Nuovo” cratere sub terminale di Sudest.

Se si escludono i primi eventi parossistici occorsi in tempi dell’ordine delle varie settimane tra l’uno e l’altro, appare evidente la frequenza di accadimenti nel corso dei mesi di luglio e agosto con ben 8 eventi parossistici; 4 per mese. Mentre scrivo queste considerazioni, probabilmente saranno già occorsi tanto il 14° che il 15° parossismo.

Non è mancata la ripresa dell’attività eruttiva della Bocca Nuova, che si è caratterizzata talvolta per la “tranquilla” emissione di ceneri e altre volte per l’intensa attività stromboliana caratterizzata dal lancio di blocchi e brandelli lavici con esplosioni che determinavano fortissimi boati udibili a decine di chilometri di distante e talvolta, si è arrivati al lancio di bombe vulcaniche incandescenti di medie e grandi dimensioni (da pluricentimetriche, sino a metriche) ben al di sopra (10-100 m) dell’orlo craterico del Cratere (14 giugno 2011 – 13 luglio 2011)

In tutti gli eventi eruttivi parossistici si è assistito ad un sensibile incremento dell’ampiezza del tremore vulcanico con conseguente spostamento e superficializzazione della sorgente del tremore vulcanico da posizioni prossime al Cratere subterminale di Nord-Est verso il “Nuovo” CSE,  a cui seguiva un’attività stromboliana accompagnata da notevoli boati udibili distintamente dagli abitanti dei paesi pedemontani e anche della città di Catania.

I parossismi eruttivi sono stati caratterizzati dalla formazione di getti continui di lava incandescente ora pulsanti ora sostenuti che in diverse occasioni hanno prodotto fontane di lava di altezze comprese tra i 200 e 450 m. (oltre l’orlo craterico).

Voluminosi flussi lavici di trabocco si sono riversati lungo l’orlo occidentale della Valle del Bove raggiungendo la base dei Monti Centenari. Diverse le colate reomorforfiche che si sono generate durante gli eventi eruttivi.

Colonne eruttive piroclastiche e gas anche di  5-6 km sopra la sommità del vulcano hanno determinato la ricaduta di ceneri, scorie e lapilli su tutti i paesi alle falde dell’Etna, sulla città di Catania sulla pista dell’aeroporto civile, determinando notevoli disagi alle attività antropiche.

Ripetuti eventi franosi hanno interessato le pareti instabili del cono piroclastico formatosi attorno al Nuovo SEC.

Attivita Etna agosto 2011 (foto archivio Parco Etna)

Considerazioni

Degli eventi eruttivi parossistici abbiamo ampiamente conosciuto ogni dettaglio attraverso le puntuali descrizioni scientifiche operate dagli studiosi della sezione catanese dell’I.N.G.V. nei vari bollettini, nonché attraverso gli ampi servizi giornalistici presenti sui media e attraverso i numerosissimi post e fotografie degli internauti su Facebook.

Numerosi studi e ricerche, effettuati nel corso di molti anni da parte di geofisici e vulcanologi e mirati ad una migliore conoscenza sia della struttura interna del sistema vulcanico Etna sia dei fenomeni precursori delle eruzioni, hanno consentito di stabilire che nel tempo ci si dovrà attendere una maggiore frequenza dei fenomeni eruttivi e anche un maggior carattere esplosivo degli stessi. Ciò non è dovuto come molti pensano ad una variazione del chimismo dei magmi e conseguentemente ad una maggiore “esplosività” dell’Etna, bensì alla normale evoluzione dell’attività vulcanica.

L’Etna ha conosciuto cicli eruttivi culminati in attività violentemente esplosive che hanno condizionato la vita delle popolazioni residenti alle sue pendici, ma pur nella loro eccezionalità, non possono essere disgiunti dalle complesse e variabili fenomenologie termodinamiche occorse negli anni precedenti sull’Etna, pena l’interpretazione fenomenologica in chiave sensazionalistica, poco rispondente alla storia geodinamica del complesso poligenico etneo e nello stesso tempo, ci devono far riflettere circa il nostro rapporto con il territorio. Ricordiamoci che è l’Etna a stabilire le Regole del gioco !

*Dirigente vulcanologo Parco dell’Etna

Con il titolo: Etna, parossismo 22 febbraio 2021, un magnifico scatto di Santo Scalia da Acireale

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