FONTE: INGVVULCANI

di Sandro de Vita, Mauro A. Di Vito, Rosella Nave

Le esplosioni parossistiche di Stromboli di quest’estate hanno generato fenomeni spettacolari, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. Tra questi, lo scorrimento di flussi piroclastici sul mare ha prodotto una notevole impressione, in quanto fenomeno raro e poche volte osservato da testimoni diretti (Figura 1).

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Figura 1Vista da Sud dei flussi piroclastici generati durante l’esplosione del 28 agosto 2019 a Stromboli. I flussi, dopo aver fluito lungo la Sciara del Fuoco hanno continuato a scorrere sul mare per diverse centinaia di metri. Foto di Alberto Lunardi (Twitter).

 

Che i flussi piroclastici possano viaggiare sull’acqua è un fenomeno noto, evidenziato in varie parti del mondo dal ritrovamento di depositi vulcanici legati allo scorrimento di tali flussi.

In Campania, in particolare, è possibile osservare uno degli esempi più significativi di flusso piroclastico, che, generato dalla colossale eruzione dell’Ignimbrite Campana avvenuta 40.000 anni fa ai Campi Flegrei, ha viaggiato sul mare per oltre 30 km, depositandosi in Penisola Sorrentina. Il deposito di tufo grigio, prodotto dall’ indurimento della cenere vulcanica lasciata dal flusso piroclastico, è detto deposito “ignimbritico” ed è ben esposto lungo tutta la falesia di Sorrento, dove raggiunge uno spessore di oltre 40 m (Figura 2).

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Figura 2Deposito di tufo grigio esposto lungo la falesia di Sorrento (NA), prodotto dall’eruzione dell’Ignimbrite Campana (Campi Flegrei), 40.000 anni fa. Foto degli autori.

 

Tra i fenomeni delle eruzioni esplosive, i flussi piroclastici sono quelli che hanno di gran lunga il maggiore potenziale distruttivo. La stragrande maggioranza di perdite di vite umane durante un’eruzione esplosiva è legata, infatti, allo scorrimento e all’impatto dei flussi piroclastici.

La loro elevata pericolosità deriva dal fatto che essi scorrono al suolo a temperatura elevata e a grandi velocità, raggiungendo anche grandi distanze dal vulcano che li ha generati. Si tratta di miscele di gas caldi e materiale solido, composto da cenere, pomici e frammenti di rocce, che si muovono con velocità che possono superare i 100 km/h. Ne esistono vari tipi, caratterizzati da temperature molto diverse, differenti concentrazioni di particelle, velocità e mobilità molto variabili. Si muovono lungo i versanti dei vulcani e nelle aree circostanti scorrendo al suolo sotto l’effetto della forza di gravità (Figura 3). Il loro movimento può essere turbolento (per bassa concentrazione di particelle solide) o laminare (per alta concentrazione) e questo determina la loro più o meno elevata mobilità.

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Figura 3Uno degli esempi di flussi piroclastici più recenti e distruttivi è sicuramente quello generato dall’eruzione del Monte Merapi, in Indonesia, dell’ottobre-novembre 2010. Durante questa eruzione si sono generati flussi che hanno determinato la morte di 353 persone e ingenti danni. Nella foto si vedono i flussi piroclastici incanalati lungo una valle. Fonte: http://www.montserratvolcano.org.

 

I flussi piroclastici vengono anche chiamati correnti piroclastiche di densità e possono essere generati da vari meccanismi, tra i quali menzioniamo:

  • parziale o totale collasso verso il suolo di una colonna eruttiva;
  • esplosione o collasso di un duomo lavico in accrescimento;
  • continua espulsione della miscela piroclastica dalla bocca eruttiva che, senza formare una colonna, comincia ad espandersi lateralmente lungo i fianchi del vulcano, come avviene nel trabocco di una pentola di riso sui fornelli;
  • espansione della miscela piroclastica, che si propaga radialmente come un anello dal centro eruttivo o alla base della colonna eruttiva;
  • esplosione direzionale e fuoriuscita fortemente orientata della miscela piroclastica, dovuta al cedimento di una parte instabile dell’edificio vulcanico.

La scala dei fenomeni è molto diversa da eruzione a eruzione, anche per uno stesso vulcano: si passa da piccoli flussi piroclastici che si fermano dopo poche centinaia di metri lungo i versanti del vulcano, a flussi piroclastici che percorrono anche distanze di oltre 100 km. Ad esempio, durante l’eruzione del Vesuvio del 1944  si sono generati flussi piroclastici che hanno viaggiato per meno di un chilometro, fermandosi lungo i versanti del vulcano (Figura 4); mentre in altre occasioni, durante le eruzioni pliniane dello stesso vulcano i flussi piroclastici hanno percorso distanze di oltre 20 km nella Piana Campana, con elevatissimo potere distruttivo dovuto all’alta temperatura (diverse centinaia di gradi centigradi) e alla considerevole pressione dinamica che i flussi possono esercitare su ostacoli lungo il loro percorso.

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Figura 4Flussi piroclastici generati durante l’eruzione del Vesuvio del 1944, caratterizzati da bassa mobilità e distribuiti solo fino ai piedi del Gran Cono del vulcano.

 

La particolarità dell’esplosione del 28 agosto 2019 a Stromboli consiste nel fatto che i flussi piroclastici hanno raggiunto il mare e hanno continuato a scorrere sull’acqua per diverse centinaia di metri, e sono stati filmati da osservatori su una barca che si allontanava velocemente dalla Sciara del Fuoco (Figura 1). Fenomeni simili si erano già verificati durante il parossismo del 3 luglio 2019 e nel corso dell’eruzione del 2002-2003.

Immagini simili sono state registrate durante l’eruzione di Montserrat, un’isola dei Caraibi, nel 1997-2010 (Figura 5), dove i flussi hanno raggiunto il mare attraverso una lunga valle, hanno viaggiato sul mare e hanno determinato, per l’accumulo dei materiali vulcanici, un avanzamento della linea di costa di diverse centinaia di metri (Figura 6). Anche al Vesuvio, durante l’eruzione di Pompei del 79 d.C., tra Ercolano e Torre Annunziata la linea di costa è avanzata per diverse centinaia di metri, proprio per l’accumulo dei depositi dei flussi piroclastici. In questo caso la maggior parte delle vittime dell’eruzione è stata causata proprio dallo scorrimento di flussi ad alta velocità e temperatura in varie fasi dell’eruzione.

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Figura 5Flussi piroclastici che entrano in mare, generati dal collasso di un duomo lavico durante l’eruzione di Montserrat (Caraibi, giugno 1997). Foto Montserrat Volcano Observatory.
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Figura 6Depositi dei flussi piroclastici in Figura 5, che hanno determinato l’avanzamento della linea di costa di diverse centinaia di metri nell’isola di Montserrat. Foto: Montserrat Volcano Observatory                                                                                                                       

 

Con il titolo: flussi piroclastici in mare durante l’eruzione di Montserrat (Caraibi, giugno 1997)

https://ingvvulcani.wordpress.com/

Gaetano Perricone

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