di Santo Scalia

Cominciò il 13 luglio 2001: una serie di piccole scosse sismiche, quasi tutte percepite soltanto a livello strumentale, interessarono il versante meridionale dell’Etna tra l’area sommitale e la Montagnola. Una tipica crisi sismica che produsse, nell’arco temporale di quattro giorni, circa 2600 scosse.

Tenuto conto che nel contempo la stessa zona era soggetta ad un rigonfiamento – stimato intorno ai 20 centimetri – e che nell’area intorno ai 2700 metri (quella denominata Belvedere) cominciarono a prodursi fratture nel terreno, era facile aspettarsi l’insorgere di uneruzione laterale.

L’ultima grande eruzione (laterale) era avvenuta sull’Etna tra il 14 dicembre del 1991 ed il 31 marzo del 1993: 473 giorni di fuoco che crearono tanta apprensione all’abitato di Zafferana Etnea, e che generarono tante polemiche, tanto da indurre le autorità a realizzare degli sbarramenti nel tentativo di arginare l’avanzata della lava verso il paese, e a tentare la deviazione della colata con l’uso di esplosivi e l’impiego di ruspe ed elicotteri.

Per completare il quadro bisogna ricordare che al Cratere di Sud-est, tra gennaio e agosto dell’anno 2000, si erano manifestate numerose attività sia esplosive (di tipo Stromboliano) sia effusive, compresi ben 66 episodi di fontane di lava. Anche nel 2001 c’erano state delle fontane di lava, 16 per la precisione, tra gennaio e luglio.

La mattina del 17 luglio l’ultimo parossismo del Sud-Est era da poco terminato quando dalla base del cratere, in direzione sud, da una frattura radiale cominciò a zampillare la lava. Cominciava così un’eruzione che si sarebbe protratta per soli 24 giorni, emettendo in totale circa 25 milioni di m3 di lava e tra 5 e 10 milioni di m3 di materiale piroclastico (ceneri, lapilli, bombe, scorie etc.).

L’apparato di quota 2100 (foto S.Scalia)

Il giorno dopo, 18 luglio, poco al di sopra di quota 2100 m., a poche centinaia di metri a nord dei Crateri Silvestri e dei Monti Calcarazzi si aprì una frattura eruttiva con orientamento nord-sud dalla quale fuoriuscì una colata di lava che, aggirando ad ovest i Silvestri, interruppe la strada provinciale SP92. Sulla frattura cominciò a crescere un conetto esplosivo parecchio attivo.

Il 19 luglio, 500 metri a nord-nord-ovest del cratere detto La Montagnola (nato nel 1763), nella zona denominata il Laghetto, a quota 2570 m., cominciò a crescere un nuovo cono esplosivo, detto perciò Cratere Laghetto (o Montagnola 2, successivamente battezzato come Cratere Escrivà).

Dal suo piede meridionale una colata si indirizzò ad est, verso la Valle del Bove; un’altra scese verso l’area del Sapienza. La lava, scendendo verso sud, si fermò poi a quota 1050 m., ad est della provinciale 92, all’altezza del bivio per Monte San Leo.

L’attività del Cratere Laghetto vista da Centuripe (foto S. Scalia)

L’attività del Cratere Laghetto, che raggiunse l’altezza di 100 metri circa, fu particolarmente intensa: grandi e continue volute di ceneri furono immesse nell’atmosfera, materiale finemente triturato a causa della violenta interazione tra il magma e l’acqua delle falde freatiche (attività freatomagmatica).

Xenolite (foto S. Scalia)

Nelle lave emesse nel corso dell’eruzione furono rinvenute grandi quantità di xenoliti sedimentari (in questo caso brandelli del substrato argilloso strappati ed inglobati nella massa fusa del magma e da questo alterati a causa del calore e portati in superficie). Il termine deriva dal greco, xènos (ξένος) che vuol dire estraneo e lithos (λίθος) che vuol dire pietra.

Analisi mineralogiche, condotte dagli studiosi francesi Tanguy e Clocchiatti, hanno rivelato la presenza di fenocristalli di augite di dimensioni dell’ordine del centimetro, nonché cristalli di anfibolo, la cui presenza ben si accorda con l’esplosività riscontrata.

Figura schematica che illustra la tipologia di eruzione eccentrica (da Bulletin of Volcanology – Boris Behncke, Marco Neri)

Ancora una particolarità dell’eruzione del 2001: negli studi condotti dai vulcanologi quest’eruzione è stata classificata come eruzione eccentrica, nel senso che si è ipotizzato  che in essa i  condotti di alimentazione del magma in risalita non fossero collegati col condotto centrale del vulcano, ma provenissero direttamente dalla riserva magmatica.

Va ricordato che quest’eruzione produsse ingenti danni alle strutture ed infrastrutture del versante meridionale dell’Etna: ne subirono gli impianti sciistici, la funivia (ancora una volta, dopo il 1971, il 1983 e il 1985), la viabilità sulla SP. 92 (la lava interruppe i collegamenti tra Nicolosi e Zafferana scorrendo poco ad ovest dei Crateri Silvestri, ricoprendo l’ampio parcheggio e le due bretelle tra l’area del Sapienza ed i citati Silvestri). Si salvarono, grazie all’intervento umano, il ristorante La Capannina e la struttura del Centro Servizi di Nicolosi Nord.

Mappa delle colate – da Bulletin of Volcanology (Boris Behncke, Marco Neri)

Per una trattazione scientifica dell’eruzione del 2001 è utile consultare l’interessante articolo a firma Boris Behncke e Marco Neri, apparso su Bulletin of Volcanology nel 2003 dal titolo The July–August 2001 eruption of Mt. Etna (Sicily). [Bulletin of Volcanology,  vol.65, n.7, pagine 461-476].

 

Con il titolo: il teatro eruttivo dell’eruzione del 2001 (Foto S.Scalia)

 

 

 

 

 

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