FONTE: INGVVulcani
di Paolo Papale
Un evento sismico con caratteristiche estremamente particolari è stato registrato dai sismografi di tutto il mondo l’11 novembre 2018, suscitando nei media l’impressione di trovarsi di fronte a un vero e proprio mistero. L’evento ha avuto origine al largo dell’isola di Mayotte, nella porzione settentrionale del canale di Mozambico, un’area nota per essere sede di processi geodinamici molti intensi che nel passato geologico hanno determinato il distacco del Madagascar dal continente africano, e che continuano tutt’oggi. L’isola appartiene all’arcipelago vulcanico delle Comore, formatosi in seguito alla risalita di magmi dal mantello terrestre che hanno accompagnato l’allontanamento del Madagascar dall’Africa continentale.
La peculiarità dell’evento sismico sta nel suo contenuto in frequenza, o in altre parole, nel periodo di oscillazione del terreno: il suolo ha oscillato per oltre venti minuti con periodo estremamente regolare, di circa venti secondi (figura 1). Un modo di oscillazione molto diverso rispetto a quello che caratterizza normalmente un evento sismico tipico, come ad esempio quelli che hanno ripetutamente colpito l’Appennino negli ultimi anni. In questi casi, infatti, il terreno si muove in maniera assai più complessa, attraverso la sovrapposizione di differenti tipi di onde che inducono oscillazioni con periodi assai diversi fra loro.
L’estrema regolarità del periodo di oscillazione del terremoto di Mayotte dell’11 novembre scorso, quindi, ha contribuito a creare attorno all’evento un alone di mistero. Repubblica titola nella sua home page: “L’11 novembre i sismografi di tutto il mondo hanno ‘sentito’ uno strano rombo. E nessuno sa spiegarlo”. Il Guardian parla di “onde sismiche misteriose”, e così anche il National Geographic, e moltissime altre testate giornalistiche in tutto il mondo.
Sebbene una spiegazione definitiva richieda studi approfonditi e non sia ancora disponibile, un’origine plausibile per l’evento dell’11 novembre è costituita dalla risalita di magma dalle profondità della crosta terrestre verso regioni più superficiali. Infatti, eventi sismici di lungo o lunghissimo periodo sono stati in precedenza osservati in aree vulcaniche, sebbene questo tipo di osservazioni richieda tecniche e strumentazioni particolari, e di conseguenza le osservazioni riguardino un numero ancora limitato di casi.
I modelli fisico-matematici di processi magmatici sviluppati dall’INGV suggeriscono che quando un volume di magma ricco in gas si sposta verso aree più superficiali all’interno della crosta terrestre, tale movimento induca oscillazioni del suolo di lungo periodo (o di bassa frequenza). Tali oscillazioni sono la manifestazione superficiale dei movimenti convettivi che avvengono in un corpo magmatico; le caratteristiche di tali oscillazioni ci dicono quindi qualcosa sia sulle proprietà del sistema magmatico profondo, sia sulla massa rocciosa attraversata dall’onda sismica. L’applicazione di tali modelli allo studio di casi sia ipotetici che reali permette di legare tra loro osservazioni rare e disparate in varie regioni del globo, e di ottenere un quadro fisico ben documentato per la comprensione delle dinamiche vulcaniche e delle fenomenologie ad esse connesse (figura 2).
Nel caso specifico dell’evento dell’11 novembre, ciò che sorprende maggiormente è la cosiddetta “monocromaticità” dell’evento, ossia l’estrema regolarità delle oscillazioni osservate dai sismografi in tutto il mondo; così come sorprende che l’evento abbia prodotto un segnale così ben visibile a scala planetaria. Tra le possibili spiegazioni che dovranno essere valutate per svelare il misterioso quanto singolare evento sismico, vi sono gli effetti di risonanza, un fenomeno del tutto noto in campo fisico, secondo il quale le oscillazioni su una determinata frequenza (la frequenza di risonanza) sono amplificate dalla stessa struttura posta in oscillazione, mentre altre frequenze vengono rapidamente smorzate (figura 3).
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