di Antonella De Francesco
La stagione cinematografica non poteva iniziare meglio, almeno per me!
Il mio primo film è C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino, un omaggio ai film di serie B degli anni ‘70, che consente al regista di ricostruire un’epoca con la perfezione maniacale nella scelta dei dettagli di cui Lui è capace e alla quale noi restiamo profondamente grati. Sulla scena un cast stellare di grandi attori come Leonardo Di Caprio, nei panni di Rick Dalton, Brad Pitt in quelli del suo stunt-man Cliff Booth, Margot Robbie che incarna Sharon Tate, la moglie di Roman Polansky , Al Pacino nel ruolo del produttore Marvin Shwarz e molti altri.
Emerge tutta la formazione di un grande regista che, come ebbe a dire una volta, “non ha studiato cinema, ma si è formato guardando il cinema”, che poi è quello che fanno di continuo tutti i protagonisti di questo Suo ultimo film. Il Suo sincero ed ironico ringraziamento a quel cinema di serie B, spesso del genere western, che con poca spesa assicurava ai registi grandi incassi che poi sarebbero stati impiegati per la realizzazione di grandi film, l’importanza del “minore “ (film e attori) per produrre opere maggiori.
Nel film c’è tutto Tarantino: l’amore per i film western, la vita degli attori osservata sul set e nel tempo libero (spesso impegnati a rivedersi nelle stesse serie televisive a cui avevano partecipato) tra frustrazioni e piccole e grandi soddisfazioni regalate da chi anche solo si ricorda il loro nome, la Sua predilezione per i dialoghi, l’uso esperto di lunghissimi piano sequenza rivolti ai protagonisti ripresi da più punti, i “truck shot” ( riprese dall’interno dell’auto) e il “mexican standoff” , assetto mutuato da Sergio Leone ( per primo lo utilizzò ne Il Buono il Brutto e il cattivo), in cui tre pistoleri si tengono sotto tiro l’un l’altro, il suo feticismo per i piedi delle donne di Truffautiana memoria, i rimandi ad alcuni Suoi film (Bastardi senza gloria, The hateful eight e Pulp fiction), la sua passione per l’epoca pop ricostruita attraverso luoghi e sonorità ( bellissima la colonna sonora), la capacità di mixare generi filmici e salti temporali, le scene violente e cruente che nella fattispecie vengono utilizzate sul finire del film per rievocare un triste episodio di cronaca nera, noto come la strage di Cielo Drive ad opera di Charles Mamson e i suoi adepti hippie.
La ricostruzione, volutamente falsata, di un episodio che è costato la vita a Sharon Tate, allora incinta, e ai suoi ospiti sul finire degli anni ‘70 e che nel film invece costituisce, ironicamente, per Rick Dalton, l’ennesima opportunità di realizzare il sogno di una vita, di passare finalmente in serie A, tra i Big del cinema.
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