di Gaetano Perricone
Non so se ci siano altri casi, nella storia del cinema, in cui un film abbia anticipato di vari anni la realtà, una terribile realtà, in modo così preciso e puntuale, direi assolutamente impressionante e sbalorditivo, come ha fatto Contagion, il film con un super cast di attori diretto nel 2011 dal regista americano Steven Soderbergh , certamente non uno sprovveduto come dimostrano una Palma d’Oro e un Oscar nel suo curriculum.
Come credo tanti di voi, non ho resistito alla curiosità e ho voluto vederlo su Canale 5, ben sapendo che mi sarei fatto del male – il sottotitolo, “Nessuno è immune alla paura“, è emblematico – e così è stato, visto che stanotte non ho dormito granché, anche se negli Stati Uniti pare che ne venga di questi tempi addirittura consigliato, con successo, il noleggio come sostegno psicologico per affrontare la pandemia. Contagion sembra infatti la perfetta trama e l’incredibile sceneggiatura, scritta e portata sul grande schermo addirittura nove anni fa, della grande tragedia che va in scena oggi in tutto il mondo.
Cambia solo il nome: il virus nel film si chiama MEV-1 invece di Covid-19. Poi tutto è assolutamente uguale: luogo di origine della pandemia, spillover da pipistrelli e maiali, meccanismi di contagio a partire dal paziente zero, sintomi, diffusione planetaria, lockdown, ecatombe con decine di milioni di morti compresi eroici medici, carovane di camion con le bare, fosse comuni, spionaggio e accuse tra Stati, fake news e ruolo dei media, piccole e grandi storie di solidarietà, la grande corsa al vaccino, trovato rapidamente. E’ talmente reale da sembrare oggi un documentario, più che un film. Con un retroscena pazzesco: il dottor Ian Lipkin, che fece da consulente allo sceneggiatore di Contagion ha oggi contratto il virus.
Ma senza continuare a parlare del film, che vi invito a vedere se non lo avete fatto, un paio di considerazioni mi vengono inevitabilmente in mente. La prima è sul regista, Steven Soderbergh: certamente bravo e sicuramente dotato di talento visionario, non è comunque un veggente, un indovino o un profeta, come può sembrare. Nel realizzare il film, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2011, si è ispirato al terribile virus NIPAH (qualcuno dice anche alla SARS), uno degli otto più pericolosi al mondo secondo l’OMS, comparso per la prima volta nel 1998 in una località malese dallo stesso nome e trasmesso a partire dai “pipistrelli della frutta” in modo quasi uguale e con gli stessi sintomi del Covid-19. In altre parole, come spiegato in passato dallo stesso regista e dallo sceneggiatore, Contagion partiva da una realtà e trasmetteva un messaggio su ciò che era successo e poteva succedere.
La seconda considerazione è conseguente ed è una semplice domanda, senza dietrologia complottista ma con lo spirito del vecchio cronista: se un regista bravo e intelligente è riuscito a raccontare addirittura 9 anni fa, in modo pressoché identico, la spaventosa storia di oggi, che dunque era se non prevedibile realisticamente immaginabile, come mai scienziati e istituzioni di tutto il mondo si sono fatti trovare così impreparati di fronte all’attacco letale del nuovo Coronavirus ?
La domanda è tragicamente inquietante e personalmente non ho risposte, non me ne so dare. La visione e il messaggio del film hanno comunque rafforzato una mia triste convinzione: siamo pedine infinitamente piccole stritolate dalla logica e dalle esigenze tritatutto dell’economia globale, che passano sopra alla tutela della salute dell’uomo e dell’umanità, anche quando è possibile prevenire tragedie come quella che stiamo vivendo, preparandosi al peggio con gli strumenti giusti. Ma purtroppo gli interessi di pochi valgono sempre molto di più della vita di tanti.
Visto in quest’ottica, Contagion che in altri tempi avremmo semplicisticamente classificato come film catastrofistico, seppur di ottimo livello, oggi che la catastrofe è davanti ai nostri occhi appare per molti versi un potente atto d’accusa contro un potere cinico e spietato.
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