di Gaetano Perricone

Dopo il 4 dicembre e il “giorno del giudizio universale”, un po’ di pensieri in libertà …

Una delle cose più colorite, divertenti e anche interessanti di questi giorni convulsi pieni di chiacchiere allucinanti, me l’ha detto stamattina, all’alto della sua antica saggezza e di un encomiabile pragmatismo, una vivace signora di 81 anni che per carattere non le manda mai a dire. Riferisco testualmente le sue simpatiche parole, in dialetto, per commentare il risultato del referendum: “Ci pareva c’aviano a friire du ova, frische frische ! In quattro e quattr’otto“. Traduco: gli sembrava (il soggetto è evidente …) che dovevano semplicemente friggere due uova fresche. Come dire: hanno pensato di cambiare in quattro e quattr’otto, senza un consenso ampio e senza il popolo, una cosa enormemente importante come la Costituzione. E hanno sbagliato conti e valutazioni.

Molto, ma molto meno simpatico il commento che, sempre stamattina, ho intercettato su feisbuc da parte di una signora ben più giovane, del fronte del sì, che ha espresso il suo rammarico per il risultato negativo con parole da invasata, decisamente inquietanti. Ha scritto, in sostanza, che la Sicilia merita fascismo e mafia e non meritava uno come Renzi. Parole amareggiate e piene di rabbia, ma francamente inaccettabili e che fanno respirare in pieno quell’aria di tremenda lacerazione, innanzitutto tra persone, che una oscena campagna referendaria ha determinato.

Ed ecco, allora, qualche mia breve considerazione, anche a proposito di … colui che la Sicilia, secondo la signora di cui sopra, non avrebbe meritato. Alcune le ho postate stamattina sul mio profilo facebook, ne aggiungerò qualche altra da Vulcanico …

1) Democrazia e partecipazione sono termini che in Italia significano ancora qualcosa
2) Il popolo italiano, ancora una volta, ha dimostrato di essere molto meno stupido di quanto tanti politici pensino
3) Il popolo italiano, in più che ampia maggioranza, non vuole che la nostra Costituzione venga modificata e speriamo che i saputelli di turno la smettano di proporre cambiamenti ogni dieci anni
4) Un vero leader, vale in politica come in ogni altra cosa della vita, lavora costantemente per unire e non per dividere, per mediare e non per spaccare e imporsi a tutti i costi, per ben miscelare, nell’interesse della propria leadership, intelligenze e capacità giovani ed emergenti ed esperienze consolidate. Un vero leader non butta a mare per principio e con arroganza pregiudiziale, con egocentrismo smisurato, il vissuto, politico e personale, di un’intera generazione – la mia, per intenderci, fatta sicuramente, sul fronte della politica attiva, da varie persone appiccicate alla poltrona e ai privilegi, ma anche da molta altra gente che ha dentro la passione antica e autentica per le cose della politica, per le battaglie giuste e un background culturale e umano significativo – , ma cerca di utilizzarlo al meglio come risorsa importante per i suoi progetti.  Un leader vero non si presta, come ha fatto il premier  esonerato dal voto popolare di ieri, ai continui endorsement (sostegni pubblici) di personaggi più o meno squallidi che curano solo i propri interessi, di figure antiche e ambigue che hanno fatto ormai il loro tempo e che non riscuotono ormai, in termini di credibilità e di affetto, alcun consenso popolare.
5) Quel leader che invece vuole “rottamare” tutto ciò che non gli sta bene, che dall’alto della propria indomita arroganza e sfottente spavalderia opera quotidianamente come un martello pneumatico per dividere e riesce persino a mettere contro gente della stessa famiglia o amici della vita, leader vero in realtà non è e finisce per rottamare “serenamente” se stesso …con le proprie mani e con i propri errori.
Ciò detto, apprezzo la pubblica coerenza di chi, dopo essersi giocato tutto, perde tutto e lascia il Governo del Paese. Ne ho ancora di più apprezzato l’amabile ringraziamento alla famiglia, alla moglie e ai figli, con un atteggiamento che in questi anni da Primo Ministro gli avrebbe forse giovato di più rispetto alla sprezzante spocchioseria esibita troppo spesso in modo inutile e stucchevole. Apprezzo anche alcune leggi di significativo spessore che ha promosso (le unioni civili, il provvedimento contro gli sprechi alimentari), non ne condivido per nulla molte altre, ma non si può certo dire, delirio di onnipotenza e devastante azione divisiva a parte, che se ne sia stato con le mani in mano.
Pur avendo fatto parte dell'”accozzaglia“, guardo con perplessità alla inevitabile e un pò penosa corsa di queste ore all’ “ho vinto io !” delle varie componenti politiche del mucchio selvaggio, dalle maggior parte delle quali sono e mi sento peraltro lontano anni luce per idee e convinzioni politiche e culturali. Ci sono molte cose importanti e urgenti da fare subito, ripartendo dall’attuale Parlamento con una fase la meno rissosa possibile che porti il Paese alla nuove elezioni. Bisogna provare a ridare un minimo di unità a un’Italia spaventosamente lacerata e spaccata e che probabilmente, dopo il clamoroso voto popolare, vedrà ulteriormente cambiare le carte in tavola, con vari e ben noti personaggi del fronte degli sconfitti, abituati da sempre a galleggiare abilmente nell’agitato mare della politica, che già vedo salire velocemente sul carro del vincitore (quale? uno è piuttosto chiaro chi è, ma gli altri …?).

Confido molto nella grande saggezza e nella profonda competenza in materia costituzionale del presidente della Repubblica Sergio Mattarella – ne conservo la firma, oggi certamente un ricordo bello e prestigioso, sul mio vecchio libretto universitario, in Diritto Parlamentare – che saprà guardarsi intorno facendo le mosse adeguate per risolvere rapidamente la crisi. La soluzione istituzionale temporanea ideale potrebbe essere molto vicina a lui, tra le più alte cariche dello stato ….

L’ultima cosa, con un pizzico di sarcasmo, mi viene in mente di scriverla a proposito del fronte del sì siciliano, palermitano e catanese, prevalentemente e apparentemente vicinissimo al grande capo dimissionario, un fronte stracciato e fatto letteralmente a pezzi dallo spietato voto popolare. A quei suoi vari leader, più o meno grandi o piccoletti, più o meno “autorevoli e carismatici”, che si sorridono pubblicamente e si fanno le foto insieme, ma che cercano di fottersi a vicenda per il potere sul territorio, più che passare un bel po’ del loro tempo a pensare e organizzare piccoli e grandi complotti per cercare consensi che evidentemente non esistono, suggerirei umilmente di trovarsi un … “brand”, un marchio unitario per risollevarsi dalla polvere e rilanciare quel che resta della sinistra, se resta qualcosa … Ne hanno due, di brand, meravigliosi e a portata di mano: si chiamano Etna oppure Cappella Palatina, il meglio di questa nostra Terra fantastica e maledetta …

Finisco in musica con un pezzo mai passato di moda, che si addice perfettamente al momento: “Bisogna saper perdere”, mitica canzone del 1967 dei Rokes, con la voce unica del grande Shel Shapiro. Per ascoltarlo, cliccate sopra il titolo.

Ps: la stupefacente protervia e la perseverante arroganza dei “Premier boys” non sembra arrestarsi neanche dopo la enorme bastonata del referendum … continuano a raccontare stupidate,  dicendo che il partito di maggioranza ha fatto comunque il 40 per cento e che ripartiranno da questo dato … Lungi da me, per carità, l’idea di prendere le parti degli alleati di destra di un partito che dovrebbe essere di centro-sinistra o di sinistra-centro, ma che di sinistra non ha granché. Ma chi racconta del 40 per cento,  perché fa finta di non considerarli ? Un tre-quattro per cento insieme non l’hanno portato loro nel conto finale per il sì, dentro il quale ci saranno anche voti d’opinione dell’area contraria, così come ce sono tra chi ha votato no ? E dunque, sarebbe davvero bello che i questi giovani rampanti della politica finora governativa dicessero con chiarezza, adesso e senza mistificazioni, come ha fatto stanotte il grande capo: abbiamo perso e basta Abbiamo perso, ripartiamo dalla sconfitta, magari provando a recuperare in un partito piuttosto a pezzi un po’ di sinistra e di gente che fu di sinistra, che forse avrebbe pure piacere di essere recuperata, ma non con questa costante arroganza e con le bugie. Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere …

 

 

 

Gaetano Perricone

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