di Gaetano Perricone
Comincia così il Comunicato Etna, aggiornamento n.75 delle ore 17,47 del 29 agosto 2020: “L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo, comunica che alle 14:55 UTC è cessata l’emissione di cenere al Nuovo Cratere di Sud-Est. Permane un intenso degassamento, talvolta accompagnato da una discontinua e blanda attività esplosiva … “.
Dunque, ufficialmente è, sarebbe finita. Meglio così, se è davvero finita.
Ma oltre e al di là della scienza e del monitoraggio, dell’attività del più alto vulcano attivo del continente europeo, del suo “lavoro” di vulcano, c’è anche un “effetto cenere“, che ha creato e crea disagi più o meno pesanti a seconda dell’intensità dell’emissione – e comunque molto evidenti – per le comunità che vivono alle pendici dell’Etna.
Ne scrissi con dovizia di particolari, descrivendo gli effetti impressionanti e per me del tutto nuovi di un’emissione di cenere particolarmente importante e significativa del 2002, nel mio libro “La mia Etna. Dialogo con la Muntagna” (Giuseppe Maimone Editore, novembre 2004) e, anche se l’attuale situazione non è certamente altrettanto pesante e complessa, mi piace oggi riproporre, a beneficio dei cari lettori del Vulcanico che questo fenomeno non lo conoscono – a parte l’effetto più plateale che è la chiusura dell’aeroporto di Fontanatossa a Catania – o ne sentono solo parlare, quel brano alle pagine 65-66, illustrandolo con qualche mio scatto di giornata sugli effetti casalinghi della cenere del vulcano.
” … Un fenomeno davvero particolare e certamente inusuale: mai e poi mai, nelle mia vita, avrei potuto immaginare di dovermi coprire la testa e il corpo, difendendomi da una … pioggia di cenere. Sono stati giorni tristi e, diciamolo pure, particolarmente stressanti. Il sottile pulviscolo grigio-scuro la fece letteralmente da padrone nella vita della gente del luogo: insinuandosi implacabile tra i capelli e i vestiti; accumulandosi pesantemente su tetti e grondaie delle case; entrando beffardamente negli appartamenti, indifendibili con qualsiasi tipo di chiusura; devastando i campi e le colture, danneggiate in modo pesantissimo. Perfino le automobili non furono risparmiate: la cenere-killer, oltre a rendere pericolosa la guida soprattutto nei giorni di pioggia, si insinuava spietata nei motori e perfino nei filtri dei climatizzatori (uno di quei giorni ebbi l’infelice idea di accenderlo nella mia vettura, beccandomi in faccia una violenta sventagliata di pulviscolo … ).
Gli scenari erano surreali: un cielo perennemente cupo, per via della enorme nube grigio-giallastra che fuoriusciva dalla cima della montagna (quando arrivavo sull’autostrada, per le mie periodiche visite a Palermo, avevo l’impressione di rivedere la luce); gente per strada con gli ombrelli per coprirsi la testa dalla strana pioggia e con le mascherine per non respirarne le polveri; operatori ecologi e pesanti mezzi dei Comuni del territorio dispiegati per le strade, nel costante e faticoso impegno di ripulirle dalla cenere; casalinghe disperate nel ritrovarsi gli appartamenti pieni di pulviscolo, dopo averli puliti da cima a fondo il giorno prima; grande business per le piccole imprese edili, al lavoro da mattina a sera per sgombrare i tetti a rischio di cedimento; gran da fare per i medici oculisti e specialisti di patologie respiratorie, preoccupati per il possibile insorgere di una nuova malattia … da cenere vulcanica.
Una esperienza davvero fuori dal normale … difficile da descrivere dettagliatamente a chi ne sentiva parlare senza viverla. Una situazione tale da mettere oggettivamente a dura prova la serenità, in certi casi perfino l’integrità mentale, di chi la subiva. Un giorno con un collega giornalista che mi chiedeva notizie, definii questa situazione “un flagello”. Poi me ne pentii subito – anche se probabilmente avevo usato le parole giuste – perché mi sembrò quasi di offenderti, mia cara Muntagna; ed anche in questa circostanza, nel rendermi conto di sentirmi un po’ in colpa per avere parlato di te e delle tue bizzarrie, come appunto la pioggia di cenere, compresi ancora di più quanto e con quanta pregnanza mi stai dentro il cuore”.
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