Roberta Castelli, scrittrice, nasce nel 1978 in provincia di Torino ma cresce ad Acicastello in Sicilia, terra che ama profondamente e che altrettanto profondamente sente sua. Vive a Vienna. La scrittura è la sua grande passione da sempre e nel 2019, dopo una lunga esperienza come blogger, scrive due racconti che le fanno vincere una menzione speciale e una pubblicazione. Nel 2019 il suo racconto “La macchia rossa”, che vede l’esordio assoluto del commissario Vanedda è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Il tallone di Achille” (Golem Edizioni). “La traccia del pescatore” (Golem Edizioni), di recentissima uscita, è il suo primo romanzo. Le abbiamo chiesto una testimonianza sulla terribile notte viennese dell’attentato del 2 novembre: Roberta ci ha scritto questa bellissima lettera carica di emozioni, della quale la ringraziamo moltissimo.
di Roberta Castelli
Caro Gaetano, definire a parole le sensazioni provate lunedì sera è molto complicato anche per chi, come me, ama scrivere. Non intendo puntare il dito su questioni irrisolte che potrebbero avere acceso la miccia, perché so benissimo che uno sfogo carico di rabbia, lanciato sul web, alimenterebbe l’ondata di odio che sta investendo il mondo.
Però, da madre, posso provare a esprimere le infinite sensazioni che mi hanno letteralmente trafitto il cuore. Alle 20.46 ho ricevuto una telefonata inquietante: “Mamma, c’è stata una sparatoria e siamo rimaste bloccate qui in strada, vicino Schwedenplatz.”. Ho iniziato a cercare notizie, perché non mi ero accorta di niente, e il tempo, davanti alle immagini in diretta, si è cristallizzato in attimi di puro terrore. Potevo fare poco, io ero a casa e lei lì fuori, con un pazzo (in quel momento pensavamo che fossero di più) pronto a uccidere chiunque avesse incrociato il suo cammino.
Cosa fare? Uscire e iniziare a correre cercando di raggiungerla? Prendere i mezzi pubblici era impossibile in quel momento e la consapevolezza di essere completamente inerme mi stava travolgendo. Alla fine sono rimasta dov’ero e l’ho seguita via telefono, per lunghissimi minuti, fino alla salvezza. Inutile dirvi che ho avuto paura, ansia, voglia di piangere e rabbia, tanta rabbia. Il tipico silenzio che pervade Vienna la sera, in quel momento, era interrotto solo dal rumore degli elicotteri e delle sirene e, potevo immaginarlo benissimo, in quel punto della città era interrotto anche da urla di terrore e di sgomento.
Sono stata sempre molto sensibile verso certe tragedie e sapevo che nessun luogo è davvero sicuro ma… una cosa è pensarlo, un’altra è vivere l’esperienza in prima persona. Improvvisamente, non eravamo attaccati solo dal virus ma anche da un nemico che sa essere altrettanto spietato e che colpisce tutti, senza distinzioni. Mentre scrivo, sono trascorsi due giorni dall’attentato e Vienna prova a rialzarsi, anche se tornare alla normalità è impossibile a causa della pandemia e delle conseguenti restrizioni. È un anno molto difficile e mai come adesso sento forte la mancanza della mia terra, della mia famiglia, di qualcuno che sappia esattamente chi sono e che non ha bisogno di parole per capirmi.
Voglio dedicare un pensiero alle vittime, tutte giovani, e alle loro famiglie; ci sono dei genitori che quella sera non hanno riabbracciato i propri figli e non avranno più un’occasione per farlo. Sperando che questo terribile 2020 ci insegni almeno che cambiare rotta è necessario, vi abbraccio forte.
La foto con il titolo dal web
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