di Salvo Caffo*
Si è tenuto a Catania presso l’Aula Magna della Facoltà di Ingegneria della Cittadella Universitaria di Catania un incontro-conferenza stampa sul rischio sismico in Sicilia orientale e sulle azioni e proposte per la prevenzione e la sicurezza sismica.
Aperto dal Rettore prof. Francesco Priolo e dal direttore del DICAR (Dipartimento Ingegneria Civile e Architettura) Prof. Matteo Ignaccolo, l’evento ha rappresentato lo spunto per approfondimenti sulla comunicazione e sulle nuove tecnologie messe in campo oggi in funzione del rischio sismico. A seguire gli interventi della prof.ssa Annalisa Greco (associato di Scienze delle costruzioni, Università di Catania), del dott. Rosario Fresta (presidente ANCE Catania), dell’ingegnere Mauro Scaccianoce (presidente Ordine degli Ingegneri di Catania), dell’architetto Sebastian Carlo Greco (presidente Ordine degli Architetti PPC di Catania), del geom. Agatino Spoto (presidente Collegio dei geometri e geometri laureati di Catania), del dott. Mauro Corrao (presidente Ordine Regionale dei Geologi Sicilia), del dott. Raffaele Azzaro primo ricercatore (Sezione Osservatorio Etneo, INGV Catania), dell’architetta Eleonora Bonanno (presidente Fondazione Architetti PPC Catania), dell’ingegnere Filippo Di Mauro (presidente Fondazione Ordine Ingegneri di Catania), dell’ingegnere Gaetano Laudani (ingegnere Capo Genio Civile Catania) e dell’ingegnere Salvatore Cocina (direttore generale della Protezione Civile Regione Siciliana). Un interessante Seminario Scientifico a cura del Prof. Ivo Caliò, dell’Università di Catania, del Prof. Paulo B. Lorenço, University of Minho, e del Prof. Bassam Izzuddin, dell’Imperial College of London. ha mostrato ai tanti intervenuti l’enorme capacità tecnica di mettere in sicurezza gli edifici al fine di diminuirne la vulnerabilità.
Nel richiamare la genesi delle norme che disciplinano la materia delle nuove costruzioni sino ai giorni nostri si è discusso delle capacità di mettere in sicurezza gli edifici storici, le scuole e l’edilizia privata e si è posto l’accento sulla necessità di adeguare i piani di PC dei comuni e su una mirata azione di comunicazione alla cittadinanza che spieghi la necessità di una pianificazione integrata che veda processi di rigenerazione urbanistica attraverso demolizioni e ricostruzioni e decostruzioni di manufatti obsoleti e di pessima qualità costruttiva. È stato posto l’accento sull’inadeguatezza strutturale dell’immenso costruito nel periodo 1960-1980 e sulla necessità di rivedere l’assetto urbanistico complessivo delle città e dei centri minori.
I terremoti del 1693 devastarono la Sicilia orientale, causando decine di migliaia di morti e feriti e lasciarono senza una casa centinaia di migliaia di persone. La sera del 9 gennaio 1693 un forte terremoto (Mn 6.2) colpì la Sicilia sud-orientale provocando danni gravissimi ad Augusta, Melilli, Floridia, Avola e Noto, e danni seri in diverse località delle attuali province di Catania, Siracusa e Ragusa. Questa scossa fu seguita nelle ore successive da numerose repliche fin quando, alle ore 13.30 dell’11 gennaio, un’altra violentissima scossa (Mn 7.4) devastò gran parte della Sicilia orientale e in particolare molte località del Val di Noto. Catania fu praticamente distrutta e contò 16.000 morti su una popolazione complessiva di 20000, Acireale, Augusta e circa settanta città e centri urbani nel ragusano, siracusano e catanese subirono danni gravissimi. I terremoti produssero anche vistosi sconvolgimenti del suolo in un’area molto vasta. I danni si estesero dalla Calabria meridionale a Malta e da Palermo ad Agrigento. Il terremoto fu fortemente avvertito in tutta la Sicilia, in Calabria settentrionale e in Tunisia. Effetti di maremoto si ebbero lungo la costa orientale della Sicilia da Messina a Siracusa. Le repliche continuarono per 2 anni e il processo di ricostruzione, durato alcuni decenni, fu accompagnato da un consistente flusso migratorio e segnò l’introduzione del barocco come canone architettonico. Diverse località furono ricostruite in luogo diverso e in alcuni casi (fra le tante Avola Vecchia, Noto Antica, Sortino Vecchia, Occhiolà-Grammichele) sono tuttora visibili tracce più o meno conservate dei centri abitati distrutti.
È ormai convinzione condivisa che la riduzione del rischio non si risolve soltanto con norme e leggi e che l’azione dello Stato, delle Regioni dei Comuni e dell’intero Sistema di Protezione Civile deve essere accompagnata dalla funzione attiva dei cittadini, resi consapevoli delle caratteristiche di pericolosità del territorio in cui vivono. Il ruolo attivo e consapevole della popolazione può essere determinante ai fini della prevenzione dei rischi e della riduzione degli effetti di un evento calamitoso e concorre in modo decisivo alla risoluzione dell’emergenza.
Nella trecentotrentesima ricorrenza di questa catastrofe, il Dipartimento regionale di protezione civile ritiene di dover ricordare le vittime e le devastazioni con iniziative utili concernenti il rischio sismico e le sue possibili conseguenze, promuovendo per tutto l’anno numerosi momenti di riflessione, di informazione e di verifica sulla prevenzione sismica che coinvolgano anche i cittadini.
*Dirigente Vulcanologo Ente Parco dell’Etna
Con il titolo: da INGVTerremoti, stampa dell’epoca raffigurante la mappa della Sicilia con i luoghi colpiti dal terremoto del 1693. Questa può essere a buon diritto considerata una “antenata” delle moderne mappe macrosismiche [Fonte: Azzaro et al. (2008)
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