di Antonella De Francesco
Acclamato all’ultimo festival del cinema di Roma il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi (regista e protagonista) è un piccolo gioiello. Costruito rigorosamente in bianco e nero come una pellicola di De Sica degli anni ‘50 ne riproduce ambienti, linguaggio e dialoghi con un pizzico di modernità che lo rende originale.
Una storia ambientata nei quartieri più umili di Roma nell’Italia del dopoguerra, in cui il fascismo regnava ancora nelle case e gli uomini impedivano per lo più alle mogli di avere pensieri autonomi e di scegliere per loro stesse. In alcune famiglie a questo si aggiungeva anche la violenza, che si consumava dietro gli scuri chiusi delle case, davanti a familiari inermi e vicini omertosi. Le famiglie si reggevano su economie precarie in cui una lira poteva fare quadrare il bilancio. L’istruzione era, salvo rare eccezioni, appannaggio dei figli maschi e le donne erano avviate da subito al lavoro.
Il film corre sul filo di un “segreto” che inganna lo spettatore ma che finisce con l’essere quel quid in più nella storia che sul finale ci sorprende meravigliosamente. Uno sguardo tenerissimo alle donne sottomesse di quel tempo, geneticamente programmate per sgobbare e obbedire, ma in fondo al cuore vigili e ambiziose se non per sé stesse, almeno per le figlie.
Il mondo stava cambiando (ma è poi cambiato davvero?). C’era un’Italia (allora come ora?) da ricostruire e c’era (allora come ora?) una mentalità maschilista da demolire. La Cortellesi tira fuori una storia di donne “comuni” legate dal bisogno di dire no, di guadagnare qualche lira per sé, di immaginare un mondo diverso che forse, alla luce dei femminicidi che affliggono la nostra società, non è poi stato quello che avevano auspicato e per il quale hanno preso molte sberle in più. A loro dobbiamo, tutte noi donne, quel poco o molto di cui oggi possiamo godere ed è questo che la regista vuole ricordarci, avvertendoci (tra le righe) di non abbassare la guardia perché la perdita dei diritti, la violenza di genere e il maschilismo più becero sono sempre lì, hanno radici antichissime ed è lunga la strada per sconfiggerle del tutto.
In un perfetto equilibrio tra noir e commedia all’italiana, sulle note di una bellissima colonna sonora che spazia con cura tra i successi degli anni ‘40 (Aprite le finestre di Fiorella Bini ) e i giorni nostri (La sera dei miracoli di Lucio Dalla), questo piccolo capolavoro restituisce dignità alle nostre “nonne” , strappandole per un attimo a quel senso di inadeguatezza e anonimato che ne hanno contraddistinto l’intera esistenza.
Da non perdere
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di Gaetano Perricone
Non c’è più domani- come ci fu per Delia, Marcella e le altre donne del dopoguerra italiano protagoniste del meraviglioso film di Paola Cortellesi – per le 96 vittime di femminicidio del 2023 nel nostro Paese e per tutte le altre degli anni precedenti, ammazzate da psicopatici vigliacchi che si sentivano loro padroni; non c’è più per Masha Amini, Armita Garawand e le altre donne uccise dalla polizia iraniana per non avere indossato correttamente il velo. Non c’è ancora domani per le donne afghane escluse da ogni possibilità di partecipazione alla vita pubblica e per tutte le altre in tutte il mondo costrette alla sottomissione dai barbari talebani e dalle loro regole e sistemi sociali brutali e oscurantisti.
C’è ancora domani, per fortuna, per le migliaia di donne giovani e giovanissime che gremiscono in questi giorni – l’ho verificato con i miei occhi – le sale cinematografiche, con incassi record e applausi finali, percependo ed evidentemente apprezzando l’enorme importanza e il valore della storia raccontata dalla bravissima attrice e adesso regista romana con grande delicatezza, ma altrettanta forza evocativa e in un bianco e nero profondamente suggestivo, che è contemporaneamente omaggio al cinema del neorealismo, ma anche al periodo storico della vicenda.
Mi sembra superfluo scrivere cose lette e rilette sui contenuti – il valore della battaglia silenziosa per l’emancipazione di tantissime donne sofferenti di quell’epoca, costrette dai costumi allora vigenti alla sottomissione a uomini prepotenti e violenti, ma protagoniste di fondamentali conquiste sociali, come ben sottolinea Antonella De Francesco nella sua recensione e come ci racconta il memorabile finale del film – e sulla notevolissima bravura degli attori, non solo Delia- Paola Cortellesi e il cattivissimo Ivano- Valerio Mastandrea, ma anche la indomita figlia Marcella- Romana Maggiora Vergara, il mostruoso suocero padre-padrone Ottorino-Giorgio Colangeli e un cast di contorno eccellente e vivacissimo.
Voglio solo aggiungere una considerazione personale, per la quale mi reputo un uomo fortunato per gli insegnamenti ricevuti: nella mia storia familiare, con nonne e mamma del periodo narrato dalla Cortellesi, le donne sono state profondamente rispettate da uomini che non hanno mai avuto pretese o atteggiamenti di sopraffazione e naturalmente non hanno mai alzato un dito contro di loro. Né mai ci sono state, come nel film e come ancora purtroppo accade oggi e le drammatiche cronache ce lo raccontano, porte chiuse dietro le quali si consumano liti terribili e violenze domestiche dal finale imprevedibile e spesso tragico. Ma tante altre e altri non hanno avuto la stessa fortuna e portano sulla pelle e nell’anima i segni di storie dolorose e traumatiche.
C’è ancora domani è un film straordinario, un altro piccolo capolavoro di una stagione che sembra molto felice per il cinema italiano, nobilitata da Io Capitano, Nata per tee altri film bellissimi e importanti. Devono, dovete vederlo tutti, donne e uomini: per conoscere o rinfrescare la memoria, per riflettere sul passato e sul presente, soprattutto per godersi un’opera davvero speciale.
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