di Gaetano Perricone

Tanti bellissimi quadri in bianco e nero. Pezzetti di storia, pulsanti di vita. Di gente. Di curiosità. Di passione.

Ci sono uomini di spalle che guardano, affascinati ma non spaventati, il potente fronte lavico che avanza. Lo osservano anche, con molta tranquillità, una ragazza in minigonna e il suo uomo. E poi ancora un carretto, con un uomo in giacca bianca che grida gelati, fermo sulla strada Mareneve in mezzo al popolo venuto a vedere il fuoco che cammina. E ancora quello che potremmo definire il presepe Etna: tanti piccoli uomini e donne, con il bosco alle spalle, osservano il fiume di lava rovente che avanza sprigionando fumo. Poi le processioni, la gente che chiede aiuto al cielo e ai santi patroni per fermare la colata minacciosa.

 

Ma ci sono anche colori potenti, il rosso, il giallo e il nero della lava. Boschi che bruciano, il grigio cupo della pietra lavica delle case circondato dalle fiamme. Una spettacolare carrellata di immagini che raccontano una delle più importanti eruzioni della storia dell’Etna. E anche uno scatto meraviglioso, che mi ricorda molto una scena de Il Re Leone, il bellissimo film di Walt Disney: ma al posto del re della giungla, c’è la sagoma nera di un ragazzo che si staglia su una roccia e ritrae da breve distanza la lingua di fuoco impressionante e meravigliosa.

Parlo di alcune delle foto, in bianco e nero e a colori, inserite nell’ampia sezione (110 pagine) del libro Etna 1971, tra storia e vulcanologia – edito dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – riservata alle meravigliose, straordinarie e inedite immagini di Salvatore Tomarchio il cantore dell’Etna che non ho avuto il piacere di conoscere, che mi ha lasciato stupefatto, a bocca aperta, emozionato, commosso. Una documentazione inedita, formidabile, la parte che mi ha colpito di più e che a mio avviso ha impreziosito un’opera certamente bella e importante dal punto di vista scientifico e divulgativo. Con un particolare molto interessante e illuminante: il ragazzo della sagoma nera si chiama Giovanni Tomarchio ed è il grandissimo giornalista-operatore della Rai oggi in pensione che ha raccontato al mondo con le sue favolose immagini televisive l’eccezionale valore universale  dell’Etna. E’ il figlio di Salvatore. E allora mi sono spiegato meglio alcune cose, certi valori professionali, una passione e un legame così grande per il nostro vulcano: buon sangue non mente, si dice in certi casi, questione di DNA.

Donna Jana (la signora Sebastiana) al fronte lavico. Foto di Salvatore Tomarchio

 A proposito del padre e delle sue foto, mi piace molto riportare questo ritratto scritto su questo blog dal grande e sempre preziosissimo Santo Scalia in un articolo dedicato all’eruzione etnea del 1950-51Salvatore Tomarchio, conosciutissimo ed apprezzato fotografo di Zafferana Etnea, aveva 28 anni quando scoppiò l’eruzione. Come tanti, anch’egli si recò nelle aree interessate dalle colate laviche; suo è infatti uno degli scatti fotografici più conosciuti in tutto il mondo, usato ed abusato, spesso  utilizzato erroneamente a corredo di articoli riguardanti altre eruzioni etnee: è un’immagine di grande potenza, che rappresenta la figura di una donna – nella quale i paesani di Milo riconoscono Donna Jana – che, tenendo in mano il suo libretto delle preghiere affronta il fiume di pietre infuocate, intimandogli ed implorandolo di arrestarsi. In un solo scatto, un’istantanea, sono racchiusi sentimenti di paura, orrore, desolazione e speranza … Salvatore Tomarchio è stato anche il primo fotografo italiano a realizzare foto a colori di un’eruzione dell’Etna: come lui stesso raccontava, il rullino fu inviato all’estero per lo sviluppo. Dovette attendere circa un mese prima di ricevere negativi e stampe a colori. nel frattempo qualcuno si appropriò, e pubblicò su un giornale straniero, alcuni di quei meravigliosi scatti”. 

Aggiungo, per rendere ulteriore omaggio a questo grandissimo fotografo, alcune delle parole scritte da Carmelo Nicosia, direttore artistico della fondazione Oelle Mediterraneo Antico, nell’articolo di presentazione della sezione fotografica a lui dedicata: “Le fotografie di Tomarchio oscillano tra la documentazione scientifica, il corpo dolente e la passione struggente. Il fondo fotografico si dipana ai nostri occhi con una regia attenta per chi ha gelosamente custodito e riordinato le gesta di una vita”. 

Mi fermo qui, voglio evitare retorica e agiografia che non renderebbe giustizia alla sobria passione del padre che non ho avuto la fortuna di conoscere e del figlio che invece mi onoro di avere tra i miei più cari amici di sempre. Per dire di più di questo libro, che ho definito bello e importante, mi affido rigorosamente alla pubblicazione integrale del comunicato dell’INGV. Posso solo aggiungere che ho certamente molto apprezzato la prefazione del presidente Doglioni, le dotte analisi del direttore Branca, l’ottima ricostruzione storica di Musumeci e Ingaliso e più in generale tutti i puntuali e dettagliati contributi di divulgazione scientifica dell’eruzione del 1971, evento fondamentale nella storia recente dell’Etna, che vide la presenza sul campo di leggendarie figure della vulcanologia come Alfred Rittmann, Haroun Tazieff, Jean Claude Tanguy e che segnò una svolta determinante per il futuro sullo studio interdisciplinare delle eruzioni. Ma poiché sono sempre molto attratto dagli aspetti antropologici, dal rapporto tra uomo e vulcano, mi ha toccato il cuore e commosso il racconto del mio carissimo amico Salvo Caffo sulla sua fuga da ragazzino sull’Etna per vedere da vicino la lava del 1971 e per seguire il suo idolo Rittmann, conosciuto nel negozio di suo papà e mi ha affascinato il contributo finale dell’altro amico Giuseppe Riggio, L’ultima volta con il popolo, appassionata e appassionante narrazione della straripante presenza di gente a vedere l’eruzione, magnificamente documentata dagli scatti di Salvatore Tomarchio.

Anche qui rinnovo la mia enorme gratitudine per il generoso donatore di questo volume, che resta anonimo per sua e mia scelta, perché per me è un vero onore e un privilegio custodire nella mia libreria, già arricchita da tanti splendidi volumi sul nostro vulcano, questa preziosa pubblicazione con una documentazione eccezionale, che resterà anche per chi verrà dopo di me.

FONTE: https://www.ingv.it/stampa-e-urp/stampa/

La copertina del libro

Si è svolta sabato 14 ottobre, nella sede del Parco dell’Etna a Nicolosi (CT), la presentazione del volume “Etna 1971 tra storia e vulcanologia” a cura di Stefano Branca, Direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OE), e Daniele Musumeci (Università di Catania), pubblicato dalle Edizioni INGV.
L’evento, moderato dai due autori e da Salvatore Caffo, Dirigente dell’Ente Parco dell’Etna, ha riscosso un grande successo da parte del pubblico che ha gremito gli spazi dell’ex Monastero dei Benedettini di San Nicolò la Rena, evidenziando il notevole interesse per le attività divulgative organizzate dall’Osservatorio Etneo dell’INGV e tracciando la strada per ulteriori manifestazioni che l’INGV organizzerà sul territorio etneo per la promozione e la diffusione del volume.

Durante l’incontro gli autori dei saggi raccolti nel libro, realizzato in collaborazione con l’Università di Catania e il Parco dell’Etna, hanno presentato al pubblico i loro contributi: dalla storia della vulcanologia etnea tra il XIX e il XX secolo trattata da Luigi Ingaliso (Università di Catania) e Daniele Musumeci, al quadro storico-vulcanologico dell’eruzione del 1971 offerto dal Direttore Branca, passando per gli aspetti storico-sismologici e le relative considerazioni nel passaggio dalla sismologia storica al monitoraggio strumentale secondo Raffaele Azzaro (INGV) e la nascita della vulcanospeleologia sull’Etna raccontata da Giuseppe Puglisi (INGV).


Boris Behncke (INGV) ha inoltre illustrato l’evoluzione dell’area sommitale del vulcano nella seconda metà del XX secolo, a partire dall’eruzione del 1971 che ha prodotto il Cratere di Sud-Est, mentre Alessandro Bonaccorso (INGV) ha offerto al pubblico uno spaccato degli sviluppi istituzionali e dei progressi nel monitoraggio dell’Etna fatti nel ventennio che ha seguito l’eruzione del ‘71.
Al termine degli interventi di carattere storico-scientifico, il racconto è proseguito attraverso le straordinarie fotografie di Salvatore Tomarchio (1922-2009) raccontate da Carmelo Nicosia, già Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Catania. Presente in sala il figlio del fotografo, Giovanni Tomarchio, già giornalista RAI, che ha ringraziato l’INGV a nome della famiglia per l’interesse mostrato verso l’attività del padre.

La serata si è conclusa con l’intervento di Giuseppe Riggio, giornalista e scrittore, che ha evidenziato gli aspetti socio-antropologici del rapporto tra l’uomo e il vulcano durante l’evento del 1971, l’ultima grande eruzione con il popolo”.

Tutte le foto dall’archivio di Salvatore Tomarchio, per gentile concessione della famiglia, che ringraziamo moltissimo

Gaetano Perricone

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