di Santo Scalia

Voglio cominciare questo contributo alla rievocazione dell’eruzione dell’Etna del 1928 con le parole che si usavano una volta nell’iniziare il racconto di una favola: “C’era una volta… Mascali”.  «Perché “c’era una volta”?… Mascali c’è tutt’ora!» direte voi, ed avete ragione, anche se non del tutto.

Il luogo dove era il cimitero (Collezione S. Scalia)

Sì, perché non tutti – soprattutto i più giovani, quelli della gen Z, come si usa dire ora – sanno che prima della Mascali attuale c’è stata un’altra città, che aveva lo stesso nome e che si trovava poco più in là. E di quella città oggi non c’è (quasi) più traccia. In effetti, rimangono una chiesa ed alcune piccole case che le stanno accanto, e che costituiscono il quartiere denominato Sant’Antonino. Il resto della città, camposanto compreso, sta ora sotto decine di metri di nera sciara.

Voglio raccontare i terribili giorni che vanno dal 2 al 7 novembre del 1928, i giorni dell’eruzione di novantacinque anni fa, più con le immagini che con le parole. Queste ultime, comunque, sono indispensabili, per illustrare ciò che le immagini rappresentano. Tutte le immagini (salvo ove indicato) provengono dalla mia collezione personale di ephemera, e sono, nella gran parte dei casi, delle cartoline postali.

Anche le cartoline postali, ormai, per la maggioranza dei più giovani sono oggetti sconosciuti, rese obsolete dalle odierne tecnologie e dai nuovi media di comunicazione; la fotogallery a corredo di questo scritto riporta le più significative.

Cominciò tutto il 2 novembre (il giorno dei morti”), alle ore 16,30: «L’eruzione iniziò […] con un’esplosione dal Cratere di Nord-Est, nell’area sommitale. Una nuvola carica di cenere si innalzò per più di 1000 metri. Questa fu seguita da frequenti esplosioni, all’incirca una al minuto, per un’ora, fino alle 6 pomeridiane. Una frattura si aprì a 2600 metri, nella Valle del Leone, con una lunghezza di 150 metri. Una piccola colata, di breve durata, lunga all’circa 500 metri e larga 200, fuoriuscì da questa spaccatura […]» (traduzione dell’A. dalla pubblicazione The 1928 Eruption of Mount Etna Volcano, Sicily, and the Destruction of the Town of Mascali di Duncan, Dibben, Chester e Guest).

Foto dal Fondo Fotografico “Gaetano Ponte” dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo

E proprio quel momento, alle 16,30 del 2 novembre, fu immortalato in una istantanea scattata nella piazza principale del paese di Nicolosi: mentre un gruppetto di paesani seguiva in processione il Santissimo, due bambini si inginocchiavano, nel piano davanti la Chiesa Madre, in segno di riverenza; intanto due uomini, di spalle, guardavano la scena, o forse la loro attenzione era stata attirata da ciò che stava accadendo in cima al vulcano.

Emissioni gassose lungo la frattura (Collezione S. Scalia)

L’eruzione, però, non rimase confinata alle alte quote: già nelle prime ore del giorno dopo, alle 3,30, una frattura lunga 3,5 chilometri si aprì tra le quote 2.200 e 1.550 metri, alla Serra delle Concazze (Duncan et Al., op. citata). Colate di lava scaturirono da vari punti lungo tutta la frattura, ma ebbero vita breve: il giorno 4, infatti, si erano già esaurite.

Una delle bocche sorte in contrada Ripa della Naca (Collezione S. Scalia)

Ma al peggio non c’è fine, si dice: nella notte tra il 4 ed il 5, infatti, iniziò una nuova fase. In seguito ad uno scuotimento del terreno, una nuova frattura si aprì nell’area denominata Ripa della Naca dove, da alcune modeste bocche a quota 1200 metri, cominciò a scorrere un torrente di fuoco.

Il fiume di lava, stavolta, non si esaurì rapidamente, ma continuò a scorrere verso i paesi pedemontani: Sant’Alfio e Mascali avrebbero potuto essere interessati. Fu la topografia dei luoghi a determinare quale dei due paesi si sarebbe salvato, e quale invece si sarebbe trovato lungo il percorso della lava: il torrente Vallonazzo, purtroppo, attraversava giusto il cuore del paese di Mascali, passando proprio accanto alla Piazza del Duomo e alla Chiesa Madre, dedicata al Santo patrono, San Leonardo.

Mascali quasi deserta attende l’arrivo della colata (Collezione S. Scalia)

Il 5 fu un giorno frenetico per Mascali e per i suoi abitanti: in poche ore le autorità ordinarono ed eseguirono l’evacuazione della città. Oltre ai beni mobili, furono messi in salvo anche gli infissi delle case, le inferriate, e spesso anche le tegole: rimase solo una città fantasma, svuotata di tutto ciò che poteva essere salvato.

L’ironia della sorte volle che il giorno 6 fosse proprio il giorno della festa dedicata al Santo Patrono. E proprio quel giorno la lava, dopo aver percorso 6 chilometri e mezzo, dopo aver interrotto i collegamenti con i paesi dei versanti settentrionale ed occidentale tagliando la ferrovia Circumetnea, dopo aver interrotto la strada provinciale che dalla frazione di Nunziata portava a Piedimonte, Linguaglossa e Randazzo, cominciò ad aggredire le prime case di Mascali. Anche i binari della ferrovia furono smantellati, e trasportati con gli ultimi convogli ancora utilizzabili in zone più sicure, prima che la lava aggredisse le strutture della stazione ferroviaria.

La statua di San Leonardo posta davanti al torrente di lava (Collezione S. Scalia)

Il simulacro del Santo Patrono fu portato alle porte del paese e posto davanti al torrente di lava che tuttavia, contro le aspettative e le speranze della popolazione, non si arrestò e costrinse i fedeli ad indietreggiare e portare in salvo anche la statua. “Fuiri non è virgogna, ma sarvamentu di vita”, diceva saggiamente mia nonna, mascalese  come tutti gli altri miei antenati.

Il monumento ai Caduti e la Chiesa Madre già danneggiata (Collezione S. Scalia)

Intanto la lava dell’Etna, seguendo il percorso del Vallonazzo, invadeva la città abbattendo irriverente anche la Chiesa di San Leonardo ed il monumento ai Caduti della guerra, che da lì a giorni avrebbe dovuto essere inaugurato: i mascalesi non ebbero la ventura di vederlo!

Desolazione totale dopo la distruzione del paese (Collezione S. Scalia

Il giorno seguente, il 7 novembre, Mascali era già completamente distrutta, tranne – come già detto – il piccolo quartiere di Sant’Antonino. Sono già trascorsi 95 anni da quei giorni, manca solo un lustro e poi saranno 100!

La casa con la palma raffigurata da Escher (Collezione S. Scalia)

Alcuni anni dopo, un grande artista grafico, Maurits Cornelis Escher, ebbe modo di visitare ed illustrare paesaggi di varie regioni italiane, Sicilia compresa. Si trovò a passare per i luoghi che erano stati ricoperti dalla lava. Qui, a Nunziata di Mascali, la sua attenzione fu colpita da una casa nobiliare, completamente circondata dalla lava ma non abbattuta; inoltre, dietro la casa, una palma ancora in vita, svettava manifestando la sua gioia per essere scampata al fuoco. Qualche anno fa ho trovato, nelle mie ricerche di testimonianze inerenti le attività etnee, una cartolina raffigurante la costruzione. Ho ritenuto che questo episodio potesse risultare interessante, e ne ho trattato in un articolo pubblicato dal blog IlVulcanico.it nel luglio del 2020.

Sulla distruzione di Mascali, questo blog ha già ospitato altri miei interventi, compresi una novella a tema, e diverse testimonianze e ricordi di prima mano – a me riferiti da chi aveva vissuto quei giorni. Riporto di seguito i collegamenti a questi pezzi, per chi volesse leggere di più sull’argomento:

Etna, Mascali, novembre 1928. Quando “U focu calava comu l’acqua”. Così Pippinu, Pitrina e i loro 9 figli vissero quei giorni scolpiti nella storia del vulcano

Il giallo di quelle vittime (2 o 5 ?) della lava a Mascali nel 1928. “Rumors” dall’estero o censura del Regime ?

Etna, Mascali, 9 novembre 1928: “miracolo” alla Nunziatella

Etna 1928, la casa nella lava di Escher: una nuova immagine inedita

“Era novembre” del 1928 a Mascali, Etna

Etna, a 94 anni dall’eruzione di Mascali: una rilettura in due racconti

Con il titolo: panorama di Mascali prima del novembre 1928 (Collezione S. Scalia)

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