di Adolfo Fantaccini
Vecchi ma non troppo. Anzi, assai poco. O nulla. Come se il destino avesse giocato con il passato remoto e un presente sempre asfittico, fra ombre indelebili e tracce graffianti di arcinota iconografia, ecco irrompere sulla scena musicale due novità gigantesche destinate a spostare l’inerzia del mercato, sempre più alla ricerca di idee e nuovi stili. La novità sta nel fatto che arriva dal passato, quello che in genere non ritorna, ma questa volta ripropone una qualità ormai sempre più astratta.
Hanno aspettato l’autunno, Beatles e Rolling Stones, per fare la voce grossa e ricreare una girandola di emozioni mai sopite. Come mai sommersa è la qualità di suoni e atmosfere di qualcosa che non è mai stato cancellato dal tempo. In fondo cos’è la qualità se non un rapporto fra la realizzazione e un’attesa, proprio perché esprime il livello di corrispondenza tra le aspettative e il prodotto stesso? I Rolling Stones, con Mick Jagger e Keith Richards 80enni, nonché Ronnie Wood 76enne, il 20 ottobre hanno pubblicato Hackney diamonds ed è stato subito un successo, al punto che l’album – con 101 mila copie vendute nei primi sette giorni dall’uscita – ha debuttato al terzo posto della Billboard 200, la classifica settimanale ufficiale dei dischi più venduti negli Stati Uniti. Grazie a questo exploit, pertanto, gli ‘Stones’ sono diventati i primi a conquistare la top 10 della classifica statunitense con un album in ciascuno degli ultimi sei decenni.
Mick Jagger e compagni debuttarono per la prima volta nella top 10 a stelle e strisce nel 1964, con l’album ’12 x 5’ e solo negli anni ‘60 piazzarono tra le prime 10 posizioni ben 13 long playing. Solo un’artista, fra quelli in vita, può vantarsi di avere eguagliato il record dei Rolling Stones: è Barbra Streisand, l’unica ad aver piazzato un disco nella top 10 della Billboard 200 per ogni decennio, dagli anni ’60 agli anni 2010.
Poi arrivano i Beatles e lanciano il loro Now and then, la terza delle canzoni lasciate in eredità da John Lennon a Paul McCartney nel 1978, due anni prima di essere ucciso a New York, incise su musicassette. John infilò la musicassetta in una busta “Per Paul” e la consegnò a Yoko Ono che gliel’avrebbe donata nel 1994. Da quella musicassetta sono già state estrapolate, nel 1995, Free as a bird e Real love, inserite nella Beatles Anthology; adesso viene fuori Now and then, che è ben altra cosa dal punto di vista tecnologico e auditivo, perché il brano si può ascoltare – rispetto ai due precedenti pezzi – in hires, ossia in alta qualità, con il formato FLAC a 24 bit e 96 Khz.
La differenza, nella voce digitalizzata e rimasterizzata di Lennon, si sente. Eccome. Il brano, infatti, è scritto e cantato da John, poi sviluppato e lavorato da Paul, con George Harrison e Ringo Starr. La differenza sta proprio nel campionamento, oltre che nella bellezza, del brano. Qualità e talento sono spropositati, come nel caso degli Stones, non solo in relazione alle attuali offerte di mercato. E, cosa ancor più importante, grazie alla diffusione nelle varie piattaforme, anche i giovani hanno cominciato a chiedersi chi erano i Beatles, come cantavano gli Stadio. Dei Rolling Stones già sapevano tutto, ma forse non immaginavano che potessero impartire una lezione di energia pura a 80 anni suonati. Adesso sanno anche questo.
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