di Adolfo Fantaccini
Roberto Boninsegna da Mantova detto Bonimba o Bobo-gol, ha compiuto 80 anni il 13 novembre 2023. Lo celebriamo con questo leggendario racconto, che è entrato a buon diritto nell’immaginario collettivo e nella storia del calcio italiano
“I tedeschi ancora mi danno del simulatore, ma altro che: in campo pioveva di tutto, e io crollai a terra”. Dal 20 ottobre 1971 sono passati più di cinquantadue anni da quella sera non troppo rigida, ma piovosa, vissuta nell’angusto ‘fortino’ del Boekelbergstadion, a Moenchengladbach. Da qualche giorno John Lennon ha consegnato al mondo l’inno alla pace dal titolo Imagine, ma in Germania si prepara una vera e propria battaglia sportiva, che avrà strascichi nelle aule dei Tribunali sportivi e rimarrà nell’immaginario del calcio europeo.
Quel 20 ottobre 1971 giocano il Borussia Moenchengladbach dei miracoli, guidato in panchina da Hans Weisweiler e in campo da gente come Guenter Netzer o Berti Vogts, contro l’Inter di Invernizzi: sembra una partita normale, passerà alla storia del calcio come la partita della lattina. Quell’oggetto, lanciato in campo poco prima della mezz’ora di gioco, con il risultato sul 2-1 per i tedeschi, infatti, colpisce alla testa Roberto Boninsegna – autore del gol dei nerazzurri – che stramazza al suolo tramortito, privo di sensi e con un bernoccolo. Sandro Mazzola si china, raccoglie qualcosa, la consegna all’arbitro, l’impacciato olandese Porpman. E’ una lattina di Coca Cola, probabilmente la stessa che ha colpito Bonimba, anche se in molti sostengono – e continuano a farlo – che ‘baffo’ ne avesse raccolta una a caso fra quelle lanciate in campo.
L’andata del secondo turno (ottavi di finale) della Coppa dei Campioni, antesignana dell’attuale Champions, è ormai macchiata da un episodio che, in seguito, si rivelerà determinante per il passaggio del turno. Per i tedeschi “si tratta di una messinscena“, non per gli interisti, usciti sconfitti dal campo 7-1, ma scioccati da quell’episodio. “E’ stato tutto vero, nonostante qualcuno. come il centravanti Jupp Heynckes, abbia messo in dubbio la mia moralità – racconta Boninsegna, al telefono – Io non ho mai fatto scena, questa è la verità. Forse Heynckes non ha ancora digerito i 4 gol presi a San Siro nel ritorno. E poi, il referto lo stilò un commissario francese dell’Uefa, mica io. Mi era arrivato di tutto addosso: lattine, bottiglie, sputi. Sicuramente una lattina mi è arrivata in testa. Mi portarono negli spogliatoi e, fra il primo e il secondo tempo, ricevetti la visita del commissario francese dell’Uefa, che consultò anche il dottor Angelo Quarenghi, nostro medico sociale. Noi pensavamo di vincere a tavolino, a dire il vero, perché l’arbitro ci disse che, dopo quel fattaccio, considerava la partita ormai finita”.
L’arringa dell’avvocato Peppino Prisco, dirigente interista e inviato nella sede dell’Uefa a Ginevra, fece il resto, indirizzando la decisione della Disciplinare. I tedeschi si appellarono al fatto che a lanciare la lattina era stato un italiano al seguito dell’Inter. Ma non valse a nulla. L’Uefa decretò la ripetizione del match: non si sarebbe, però, giocato nel catino di Moenchengladbach, ma a Berlino. “Vincemmo la sfida di ritorno per 4-2, a San Siro, segnai anch’io: nella ripetizione, in Germania, li bloccammo sullo 0-0, grazie anche alle parate di Ivano Bordon, sostituto di Lido Vieri, che era il titolare”, ricorda Boninsegna.
L’Inter riuscì ad arrivare fino alla finale, contro l’Ajax del calcio totale e del Profeta del gol, Johan Cruijff. “Giocammo a Rotterdam, praticamente in casa loro e perdemmo per un paio di errori difensivi (2-0, ndr) – racconta Boninsegna -. Eravamo riusciti a chiudere il primo tempo sullo 0-0, nella ripresa arrivò la doppietta di Cruijff: nella prima rete ci fu un equivoco fra Oriali e Bordon e quell’episodio mise la partita in discesa per gli olandesi, che peraltro erano campioni in carica. Però, se avessimo giocato altrove, chissa’ …”.
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