(Gaetano Perricone) Da vecchio amico e grande ammiratore e sostenitore di Zdenek Zeman (mi sarebbe molto piaciuto vederlo sulla panchina del Palermo …), il mitico allenatore di calcio boemo che tante discussioni ha sempre suscitato negli ambienti sportivi e non solo per la sua schiettezza e le sue denunce, ho gioito ieri sera insieme a tanti amici per il suo trionfale ritorno a suon di gol e spettacolo sul palcoscenico della serie A, sulla panchina del Pescara. E ho dunque accolto con grande piacere l’invito dell’amico Enzo Ganci, tra gli autori del Vulcanico, a pubblicare questa curiosa e divertente testimonianza di Benedetto Rossi, monrealese, che ha ricordato l’esperienza di insegnante di Sdenko Zeman, palermitano d’adozione, nella splendida cittadina del Duomo Patrimonio dell’Umanità. Figlio di uno degli ultimi pupari di Monreale, dove era presente una grande scuola, Benedetto Rossi è adesso impegnato in una pregevole opera di mantenimento delle tradizioni e tiene numerosi incontri nelle scuole, proponendo agli studenti spettacoli delle gesta di Orlando e Rinaldo, molto apprezzati. Ecco il suo bell’articolo, per il quale lo ringraziamo di cuore, insieme a Enzo Ganci per il prezioso suggerimento.
di Benedetto Rossi
Cinque gol al debutto, in stile prettamente… zemaniano. Difficile immaginare un esordio diverso per il tecnico boemo, che alla rispettabile età di settant’anni è tornato con il suo calcio “scoppiettante”, che fa dello spettacolo il suo unico credo. Un ritorno in grande stile, quindi, che riporta alla mente i fasti calcistici dell’allenatore ceco, sulle cui metodologie d’allenamento e sulle cui teorie si sono scritte valanghe di articoli.
Ma forse non tutti sanno che nel passato, ormai lontano, di “Sdenko” c’è anche una sua permanenza a Monreale nel ruolo che forse non tutti conoscono di insegnante di Educazione Fisica. Non sono un esperto di calcio e la notizia rimbalzata su tutti i giornali, e su tutti i media, del ritorno del tecnico boemo alla guida di una squadra di serie A, dopo un periodo di assenza dal grande calcio, non ha suscitato in me molta attenzione, forse perché preso da altre passioni, o a causa del distacco che ho sempre mostrato verso il calcio di oggi, industria di denaro rispetto al calcio giocato con passione. Tuttavia ha fatto riaffiorare nella mia memoria il ricordo di questo personaggio legato agli anni della mia frequenza all’istituto d’arte di Monreale.
Nei primi anni ‘80 Zeman, dopo aver conseguito il patentino di allenatore, fu chiamato alla guida della Primavera del Palermo e nello stesso tempo svolse l’attività di insegnante di Educazione Fisica presso alcuni istituti scolastici della provincia, tra questi anche Monreale. Nessuno di noi ragazzi poteva immaginare che un giovane insegnante venuto dalla Cecoslovacchia, se pur nipote di un grande allenatore, quale era stato lo zio materno Cestmir Vycpàlek che aveva vinto pure due scudetti sulla panchina della Juventus, sarebbe diventato un personaggio popolare, tra i più importanti allenatori di calcio del panorama italiano.
Ci incuriosì sin da subito il suo modo di fare flemmatico e composto, apparentemente chiuso, ma disponibile verso i suoi alunni. Sull’onda dell’entusiasmo tipico di quell’età e attratti da questo personaggio, lo seguimmo in occasione di un incontro di calcio tra la Primavera del Palermo e la locale squadra del Monreale svoltasi a San Martino delle Scale. L’occasione ci apparve ghiotta in considerazione del fatto che eventi di tale portata non erano frequenti a Monreale, anche perché nelle fila del Monreale giocava mio fratello Franco. La partita fu combattuta e a sprazzi anche gradevole, ma priva di gol. Conservo un bel ricordo di quella giornata, l’aver pareggiato o meglio non aver perso con i giocatori della Primavera del Palermo, fu per noi monrealesi motivo di vanto.
Tornati a scuola rivendicammo ironicamente l’impresa della mancata sconfitta con Zeman, il quale ci liquidò con una frase che ancora ricordo bene: ”siete stati fortunati”, ci disse con una frase che usammo in molte altre circostanze, imitando la tonalità tipica del suo modo di parlare. Il privilegio di averlo avuto come insegnante è cresciuto negli anni successivi quando le sue doti di grande allenatore cominciarono a emergere e tutta l’Italia sportiva parlava di questo personaggio e della sua capacità di portare le squadre minori ad alti livelli e di competere con le formazioni più blasonate dei campionati maggiori.
Apprezzavo il modo schietto di esternare il suo punto di vista controcorrente che lo poneva al centro d’interminabili discussioni e polemiche, al punto di caratterizzarlo tracciando così una sorta di “Zemanpensiero” assieme al proverbiale modo di stare in panchina sempre con la sigaretta in mano. Di quel periodo mi piace raccontare un aneddoto: frequentava lo stesso istituto, un mio compagno di classe, Totò Brisciano, che si dilettava tra i pali ed era il portiere che difendeva i colori della squadra dell’istituto nei tornei distrettuali tra studenti, il quale con insistenza chiedeva a Zeman di inserirlo tra i portieri dei giovanissimi delle squadre che allenava. Lui lo guardava e non rispondeva.
Un giorno però davanti alle insistenze del giovane, con un sorriso ironico disse: “Ma dove vuoi andare? Sei basso…” che diventò il tormentone di quell’anno. A fronte di tanti successi conseguiti durante la sua carriera, un’impresa, però, non gli è stata possibile realizzare e cioè quella di far indossare la tuta da ginnastica a Maurizio La Mattina che, da studente “adulto” e sedentario com’era, non fu quasi mai presente in palestra. Alle ore di Educazione Fisica preferiva il disegno e ancor di più gli “schiticchi” di focacce con olio e sarde salate.
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