di Santo Scalia
Calanna è un comune della Calabria con quasi mille abitanti; appartiene alla città metropolitana di Reggio Calabria e si trova a 511 metri s.l.m. Calanna è anche un cognome: la città di Acireale annovera infatti, tra i suoi uomini illustri, il poeta, politico e filologo Lionardo Vigo Calanna, uomo di nobili origini e grande cultura. Nella città esiste un palazzo Calanna (in via Vittorio Emanuele) che appartenne ad Andrea Calanna; l’edificio fu affrescato dal pittore Giuseppe Sciuti e fu acquistato successivamente dal poeta. Esiste anche una Villa Calanna, appartenuta a tale Arcangelo Calanna, che si trova poco fuori città, nella contrada detta la Gazzena. Purtroppo questa oggi versa in rovina, nonostante il fatto che “con i suoi palmenti, cantine e malazzeni sotto e gli ampi saloni con i tetti a volta affrescati al piano superiore” sia stata in passato una maestosa residenza nobiliare. [F.A.I.]
Calanna è anche uno degli oronimi etnei, un rilievo che raggiunge i 1325 metri e che si trova nel comune di Zafferana Etnea, al confine tra la parte sud-orientale della Valle del Bove e la pianeggiante vallata sottostante, detta proprio Val Calanna.
Nella parte più orientale della Val Calanna si trovava un lieve rialzo, che chiudeva la vallata; manco a dirlo, il luogo veniva denominato Portella Calanna.
Non mi è nota l’origine dei suddetti toponimi della zona (il monte, la valle, la portella): posso solo azzardare l’ipotesi, ma senza poterla sostenere con dati certi, che tutta l’area un tempo appartenesse alla famiglia che portava tale nome. Anche lo storico Giuseppe Recupero, nella sua opera Storia naturale e generale dell’ Etna, pubblicata nel 1815, cita le Montagne di Calanna, l’acqua di Calanna e la fossa di Calanna, senza spiegarne l’origine del nome (Volume 1, pag. 180-182).
Le carte topografiche, anche quelle più antiche, non aggiungono molto di più: nell’Atlas des Aetna (1853) il barone Sartorius von Waltershausen indica, oltre alla ben nota “Valle del Bue”, anche il “Monte Calanna”, la “Val di Calanna” ed una “Casa Calanna”.
Nella Carta Volcanologica e Topografica dell’Etna in scala 1:100.000, pubblicata a Ginevra nel 1892 dal prof. Emilio Chaix, è annotato soltanto il nome del “Monte Calanna”, mentre nella Kulturgeographische Karte des Ätna (pubblicata a Lipsia da Paul Hupfer, nel 1893), oltre al nome del monte viene chiaramente riportato anche quello della Valle.
Ma perché ho parlato della Val Calanna al passato? Forse la valle non esiste più?
La Val Calanna, “lunga 3 Km e larga 2 Km, si presenta come una vasta depressione interamente ricoperta dalle colate laviche dell’eruzione del 1991 – 1993. Fino agli anni cinquanta Val Calanna era abitata e interamente coltivata.” [dal sito web del Comune di Zafferana].
La valle esiste ancora, ma non è più com’era! La linea di demarcazione temporale corrisponde a mio parere con la fine del 1991 quando, mi sia concessa l’espressione, fu l’inizio della fine: c’è infatti un prima… ed un dopo quella data. Il 23 dicembre 1991 la colata lavica, scaturita dalle bocche apertesi a circa 2200 metri s.l.m. tra il 13 ed il 14 dello stesso mese, sulla ripida parete occidentale della Valle del Bove, dopo aver attraversato per intero la stessa, fecero la loro comparsa a Portella Calanna, e cominciarono a fluire lungo il “Salto della Giumenta”, dentro la Valle Calanna.
Non era la prima volta, a mia memoria, che una colata lavica si fosse affacciata sulla Valle dall’alto di Portella Calanna: era già accaduto nel novembre 1978, ma quella volta la lava si era fermata lì, senza neanche raggiungere il fondo della valle. Stavolta non era così. Di notte, lo spettacolo offerto dalle colate che venivano giù dal Salto era affascinante: ricordo ancora le numerose lingue di fuoco che scendevano lungo il ripido pendio, rendendo man mano più lieve la pendenza del Salto della Giumenta.
La Val Calanna, oltre ad essere un luogo di assoluto silenzio e tranquillità, era anche una zona rinomata per la coltivazione dei fertili terreni a frutteto, per il prelievo di legname dai boschi cedui e, data la relativa vicinanza a Zafferana, era meta di tante escursioni. Inoltre la valle era ricca di sorgenti d’acqua, tanto che da quella detta “Acqua Grande” veniva prelevata l’acqua ad uso degli abitanti della città. Davanti alla concreta minaccia della lava, si preferì abbattere gli alberi della valle, per sottrarre al fuoco il legname evitando che andasse inutilmente in fumo.
Si decise pure di ricoprire con terra di riporto i pozzi e le tubature che portavano l’acqua in città, nella speranza che, terminata l’eruzione, si potesse tornare a fruirne. Il 27 dicembre 1991 il quotidiano Repubblica (a pagina 18) scriveva:
ETNA, LA LAVA SULLE SORGENTI
Man mano che passavano i giorni, la lava riempiva sempre di più la vallata. Venne ricoperto anche il bellissimo fontanile in pietra lavica, punto di ristoro per chi, terminata la salita dal paese, aveva raggiunto il pianoro della valle, ma anche (e forse… soprattutto) per chi, di ritorno da un’escursione nella Valle del Bove, o dopo la discesa del Canalone della Rina e l’attraversamento dell’ampia caldera, trovava sollievo dalle fresche acque sempre correnti, frutto delle nevi invernali dell’Etna.
Si capì presto che la Val Calanna era condannata. Si pensò allora, per proteggere la città, di realizzare un argine all’altezza di Portella Calanna, lì dove finiva la valle e cominciava la discesa verso Zafferana. Il progetto venne ufficializzato sulla Gazzetta Ufficiale del giorno 8 gennaio 1992:
Art 1. In accoglimento delle istanze di cui alla delibera n. 1 del 1
gennaio 1992 del consiglio comunale di Zafferana Etnea e sulla base
del parere espresso dalla commissione grandi rischi nella riunione
del 2 gennaio 1992, citati tutti nelle premesse, si dispone la
realizzazione di un terrapieno in prossimità della portella di Val
Calanna al fine di ritardare il deflusso del fronte lavico dalla
Valle Calanna verso il centro abitato del comune di Zafferana.
Decine di camion, ruspe, escavatrici cominciarono a realizzare un terrapieno alto 21 metri per una lunghezza di 234 metri
I lavori per la realizzazione dell’argine procedettero di giorno e di notte, alla luce di potenti fotoelettriche portate allo scopo dall’Esercito Italiano
La lava si accumulò per quasi un mese all’interno della valle, ma alla fine superò l’argine e minacciò seriamente Zafferana.
Cosa rimane oggi della Val Calanna? Solo desolazione e tanti ricordi. Là dove c’erano alberi da frutto oggi c’è una distesa di lava, spessa tanti metri. Del gorgoglio della fresca acqua del fontanile, del sapore particolare della sorgente dell’Acqua di ferru (quella che si trovava in fondo alla valle, sotto Monte Calanna), della comoda via di accesso alla Valle del Bove – percorso familiare agli escursionisti e ai montanari per intere generazioni – non c’è più nulla. Più delle parole certamente possono le immagini
Con il titolo: fotomosaico da un’antica locandina di Val Calanna Teatro
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