di Santo Scalia 

Molti la ricordano semplicemente come l’eruzione del 1992. In effetti l’eruzione cominciò il già nel 1991 e si concluse, dopo essersi protratta per tutto il 1992, alla fine di marzo del 1993, dopo 473 giorni.

Questa è stata l’ultima grande eruzione dell’Etna del XX Secolo: cominciò nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre del 1991, preceduta da una modesta e breve crisi sismica: una frattura, dalla base del Cratere di Sud-Est squarciò la ripida parete occidentale della Valle del Bove, da quota 3000 a circa 2200 metri s.l.m., dove si aprirono le bocche effusive.

Nel decennio precedente l’Etna era stato parecchio attivo: ricordiamo al proposito l’eruzione laterale del 1981 (quella che minacciò l’abitato di Randazzo); quella del 1983 (nel versante sud, con il tentativo di deviazione della lava); quella del 1985, nello stesso versante; l’eruzione del 1986-87 (sulla parete ovest della Valle del Bove) e l’attività del 1989, con emissione di lava nella Valle del Leone.

Nel corso dei tredici mesi e mezzo di attività del ’91-‘93 avvennero diversi eventi: di alcuni di questi ci riproponiamo di trattare prossimamente, in coincidenza con le date nelle quali ricade il loro trentesimo anniversario.

Meno di 10 giorni dopo l’apertura delle bocche effusive, i flussi lavici attraversarono l’intera Valle del Bove, da ovest ad est, raggiungendo, il 23 dicembre, il Salto della Giumenta e precipitando giù nella sottostante Val Calanna, ricoprendo casolari, terreni coltivati e sorgenti di acqua. (*)

Venne deciso allora di realizzare un terrapieno di sbarramento all’estremità orientale della valle, a Portella Calanna. La barriera, un terrapieno alto 21 metri per una lunghezza di ben 234 metri, fu in grado di contenere le ondate laviche per circa un mese.

Accumulandosi alle spalle del terrapieno, ma di volta in volta sempre più in alto, l’8 aprile del 1992 la lava riuscì a tracimare imboccando il ripido sentiero (con basolato lavico) che porta verso Zafferana Etnea.

Precipitosamente, altri tre sbarramenti vennero realizzati lungo il percorso per il Piano dell’Acqua, ma, uno dopo l’altro, furono scavalcati dai flussi lavici. La gente chiese l’intervento governativo; Giuseppe Fichera, polemicamente, scrisse “Grazie Governo sui muri del proprio podere minacciato – che poi sarà distrutto, dalla lava – e preparò una tavola apparecchiata, offrendo vino e pane al vulcano. (*)

Il titolo dell’articolo de La Stampa (14 aprile 1992)

Intanto una polemica scoppiò tra gli abitanti di Zafferana Etnea ed il critico d’arte – nonché, all’epoca, deputato – Vittorio Sgarbi: questi, in una sua esternazione, infatti affermò: «La lava dovrebbe buttarle giù tutte, queste brutte case. Sono un vero obbrobrio». [La Stampa del 14 aprile 1992 – pag. 3]

In seguito all’arrivo di nuovi flussi lavici che si sovrapposero ai precedenti, mentre si lavorava per mettere a punto la tecnica per rompere il fianco dell’argine di lava e deviare la colata in un canale parallelo, all’uopo scavato con le ruspe, si cercò di ostruire il canale di ingrottamento facendovi precipitare grandi blocchi di cemento e croci di Frisia (di 2x2x2 metri), trasportati dagli elicotteri della nostra Marina Militare e degli Black Stallion di quella statunitense, e legati tra di loro con grandi catene. (*)

Ben cinque interventi vennero messi in atto nell’alta Valle del Bove, al fine di creare le condizioni per la diversione della lava ed arrestare conseguentemente l’avanzata dei fronti lavici: il 21 aprile furono utilizzate 10 cariche esplosive da 15 Kg. e 100 di tritolo; poi altre detonazioni seguirono il 29 aprile, il 4 maggio e altre ancora tra il 7 ed il 9; si tentò nuovamente il 22 maggio, quando il canale scavato nel Piano del Trifoglietto da Rosario Di Carlo (per tutti Saro Ruspa) (*) finalmente accolse il flusso lavico. Si decise di completare l’opera e il 27 maggio, alle 16,36, avvenne l’esplosione che fece sì che la totalità del flusso lavico si riversò fuori dal precedente condotto.

Nei giorni successivi, l’alimentazione del fronte che minacciava Zafferana cessò (aveva già raggiunto la casa della famiglia Russo, davanti alla quale si arrestò, a poche centinaia di metri dalle prime case del paese).

Vittima illustre ed incolpevole fu il Rifugio Menza, o ciò che di esso ormai rimaneva…

Anche se prima dell’arrivo della colata il rifugio era già ridotto a dei ruderi, costituiva un punto di riferimento per gli escursionisti che attraversavano la Valle del Bove. Inaugurato il 3 dicembre 1933, fu intitolato a Gino Menza, socio del C.A.I., che aveva perso la vita nel 1925 durante una discesa della parete della Serra del Salifizio.

Alla fine dell’eruzione, del vecchio Rifugio Menza, del pozzo, dei sedili in basalto non rimaneva più nulla. Solo il ricordo di chi lo aveva visto, insieme alla memoria di come era l’intera Valle del Bove.

La lotta tra l’uomo ed il vulcano ebbe così fine. Tra il 30 ed il 31 marzo del 1993 anche le ultime “gocce” di lava smisero di uscire dalle bocche apertesi a quota 2200 m. A consuntivo si stima che l’area ricoperta dalle lave sia stata di circa 7,6 Km2, e che il volume della lava emessa si aggiri intorno a 230 milioni di m3.

Una medaglia fu poi prodotta per iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento di Protezione Civile, e concessa “per benemerenza” a coloro che si erano distinti nell’affrontare il pericolo vulcanico.

Non ho trovato molta documentazione su questa eruzione. Nella mia biblioteca c’è una sola pubblicazione sull’argomento: il volume L’eruzione 1991-1992 dell’Etna e gli interventi per fermare o ritardare l’avanzata della lava, di Barberi, Carapezza, Valenza e Villari, pubblicato da CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e GNV (Gruppo Nazionale per la Vulcanologia) ed edito da Giardini nel 1992.

Nella rete internet si trovano alcuni articoli e pagine web dedicate all’eruzione:

Zafferana 1992: quando il vulcano fa paura  – una nota di Marco Neri (Primo Ricercatore  presso l’I.N.G.V. – Sezione di Catania – Osservatorio Etneo) preparata per il sito Rai Cultura

20 ANNI FA: L’ERUZIONE ETNEA DEL 1991-1993 – pagina preparata nel 2001  dall’I.N.G.V. in occasione del ventesimo anniversario dell’eruzione

Eruzione 1991-93 – pagina web del sito ETNA il vulcano.

Wikipedia – Eruzione dell’Etna del 1991-1993

(*) Gli argomenti contrassegnati dall’asterisco saranno approfonditi in articoli di prossima pubblicazione.

La colata di lunedì 13 dicembre nella Valle del Bove: lo splendido scatto di Francesco Caltabiano

(Gaetano Perricone). PS: per la cronaca, un comunicato dell’INGV Osservatorio Etneo ci ha informato che alle 18,06 di ieri, 13 dicembre 2021, le analisi delle immagini delle telecamere di video sorveglianza hanno mostrato l’apertura di una bocca effusiva alla base della parete occidentale della Valle del Bove ad una quota stimata tra 2200 e 2100 m slm, da cui è emessa una piccola colata lavica. Spiega con chiarezza sul suo profilo Facebook il vulcanologo Boris Behncke: “Questa nuova eruzione, perché di eruzione laterale si tratta, certamente intimamente collegata al Cratere di Sud-Est, è completamente tranquilla, senza attività esplosiva e senza alcuna attività sismica. Non si tratta quindi di risalita di un magma “nuovo” e ricco in gas, anzi di gas non se ne vede praticamente”.  Ma sembra quasi che la Muntagna, con questa improvvisa attività, abbia voluto ricordarci quell’evento imponente di trent’anni fa. Corsi e ricorsi storici per quello che sembra uno scherzo del tempo, come se l’Etna giocasse, riprendo le parole del grande Boris, a “prenderci per i fondelli”. 

Con il titolo: il teatro eruttivo in Valle del Bove (foto S. Scalia)

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