FONTE: INGVComunicazione
Un recente studio curato da un team di ricercatori dell’INGV e dell’Università Federico II di Napoli ha presentato una stima della probabilità del verificarsi delle eruzioni vulcaniche in un arco temporale che va da uno a centomila anni, considerando sia eventi piccoli che le grandi eruzioni esplosive, comunemente definite “super-eruzioni”
I risultati oggetto di questo perspective paper, frutto del lavoro di Paolo Papale, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), e Warner Marzocchi, dell’Università Federico II, offrono per la prima volta una stima globale della probabilità del verificarsi di una eruzione vulcanica. Il lavoro si basa sulle informazioni relative ad eruzioni vulcaniche avvenute in tutto il mondo e prende in considerazione la distribuzione temporale di eventi di ogni dimensione: grazie a questi dati, frutto di lavori precedenti, Papale e Marzocchi hanno potuto calcolare la probabilità che si verifichi una eruzione di ciascuna taglia, e hanno quindi potuto confrontare queste probabilità con quelle associate ad altri eventi avversi, come l’impatto di asteroidi o il verificarsi di incidenti in centrali nucleari.
“Non esistono piani per affrontare le conseguenze di una eruzione di dimensioni cataclismatiche, in grado di colpire profondamente la società su scala planetaria”, spiega il ricercatore INGV Papale, “tuttavia, tali eruzioni sono avvenute molte volte in passato, certamente avverranno ancora in futuro e la probabilità che ciò accada è dieci volte maggiore della massima probabilità di fusione del nucleo, un rischio considerato accettabile per il funzionamento di una centrale nucleare”.
Non solo: gli effetti di una super-eruzione avrebbero un impatto ben maggiore di quello di un incidente nucleare. Anche se in epoca storica non si è ancora assistito a una eruzione di tali proporzioni, è possibile comprenderne gli effetti grazie alle ricostruzioni geologiche, ai modelli fisici e matematici e alle estrapolazioni dalle osservazioni effettuate su eruzioni di scala minore. Nell’insieme, le conseguenze di una super-eruzione vengono considerate dai vulcanologi tali da mettere in discussione la sopravvivenza della stessa civiltà come la conosciamo oggi: basti pensare, ad esempio, all’eruzione del vulcano Tambora, in Indonesia, avvenuta nel 1815 che, pur essendo stata decine di volte più piccola di una potenziale super-eruzione, causò in Europa quello che venne definito “l’anno senza estate”.
Una super-eruzione che avvenisse da qualche parte nel mondo, dunque, potrebbe causare mesi, forse anni, di chiusura del traffico aereo su gran parte del globo a causa della concentrazione di ceneri vulcaniche nell’atmosfera, in grado di provocare il blocco dei motori a reazione. I cambiamenti climatici, dovuti principalmente alle ceneri vulcaniche e ancor più alla formazione di aerosol negli strati alti dell’atmosfera, potrebbero protrarsi per molti anni con effetti sull’agricoltura in tutto il pianeta.
“La società globale investe grandi risorse per difendersi dalle severe conseguenze del possibile impatto con un asteroide di dimensioni chilometriche, nonostante questo evento abbia una probabilità di verificarsi almeno dieci volte minore rispetto a una super-eruzione”, conclude Papale, “sarebbe quindi opportuno, allo stesso modo, investire nella definizione di piani di resilienza da eruzioni di grandissime dimensioni così da dotare l’umanità di una strategia che consenta la salvaguardia degli elementi critici necessari per il mantenimento del livello di progresso e civilizzazione così faticosamente conseguito”.
Lo studio di Papale e Marzocchi, “Volcanic threats to global society”, è stato pubblicato sulla rivista Science. Lo studio rispecchia le opinioni dei suoi autori.
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