di Marisa Mazzaglia
Oggi in tutto il mondo si celebra la Giornata contro la Violenza sulle Donne. Manifestazioni sono previste in Italia ed i tutti i paesi del mondo per dire basta ad una violenza quotidiana, strisciante, subdola, tanto che a volte – e questa è una vera aberrazione – è giustificata dalle stesse vittime.
Una violenza talmente capillare e sconvolgente che una donna su tre può dirsi vittima di una persecuzione diretta in quanto donna, che tocca tutti i tessuti sociali e i livelli di istruzione, che si insinua nel subconscio, che è il capovolgimento totale del complesso di Edipo.
E’ quando realizzi con terrore che la vittima di un femminicidio potrebbe essere tua figlia, tua sorella, tua madre, la tua migliore amica, tu, che decidi che non è più tempo di stare in silenzio e che gridi, insieme a tutte le donne, che questo mondo violento e oscuro non è il tuo, che non si può restare inerti di fronte alla violenza, soprattutto se si tratta di violenza di genere, generata da una distorta visione dei rapporti tra uomo e donna.
E’ proprio lì che sta il discrimine: nella degenerazione del rapporto uomo – donna, vissuto non nell’amore vero, che genera rispetto e comprensione, ma nel presupposto errato dell’esistenza di una gerarchia tra i sessi, di una incapacità di gestire i sentimenti e le emozioni dell’animo umano, nella scorciatoia della violenza, verbale, psicologica o fisica, per affermare il ruolo di supremazia del maschio sulla femmina.
Vivo in una comunità che ha vissuto e vive lo stordimento di episodi anche traumatici, come la morte di una mamma poco più che ventenne, Giordana Di Stefano, per mano di un coetaneo, il suo ex e mi chiedo, come si chiedono tutti, com’è potuto accadere? Come accade che un uomo, spesso il compagno, il marito, il padre, pensi di avere potere di vita e di morte su una donna?
La morte di Giordana, come tutti drammi della violenze sulle donne, chiama in causa tutti noi, non assolve nessuno: noi donne e uomini della comunità in cui è vissuta ed è maturata questa vicenda; noi che abbiamo assistito passivamente ad un abuso familiare ed ad episodi violenti chiudendo la porta, perché la vergogna ci sopraffaceva; noi che abbiamo fatto o non ci siamo ribellate al complimento spinto; noi che abbiamo fatto o nascosto le molestie subite, che abbiamo coperto e non abbiamo svergognato l’uomo che pensa sia un diritto prendersi una libertà che non deve sul corpo o sulla mente di una donna.
C’è un solo, grande spettro da combattere: il silenzio, che è da sempre il più grande nemico delle donne.
Ecco il perché delle mie parole oggi, non ne servono tante, né è necessario essere degli oratori per pronunciarle, ma tutti insieme, uomini e donne, oggi siamo chiamati a dire: BASTA!
Con il titolo: il “posto occupato” per Giordana Di Stefano nella sede del Parco dell’Etna
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