

“Il fiume di lava investe gli otto piloni della sciovia e a quota 2200 m si divide in due bracci, di cui uno va verso la Casa Cantoniera ed un altro punta dritto verso il Rifugio Sapienza. Sulla frattura si formano una decina di hornitos su una lunghezza di 400 m, che fischiano producendo un sibilo simile a quello di un reattore. Nella stessa serata la lava taglia la Provinciale 92 per la prima volta e distrugge la Casa Cantoniera e la Caserma dei Carabinieri poco lontano. Il 9 aprile una gran massa di lava investe a più riprese il Rifugio Sapienza e la funivia, che però resistono mentre soccombono le strutture più piccole. Il 12 aprile un braccio della colata entra all’interno del vivaio della Forestale sotto Monte Vetore, mentre il grande fabbricato “Don Bosco” e la caserma della Forestale vengono distrutte completamente. Il 16 aprile la lava principale inghiotte anche la vecchia masseria “Casa del Bosco”, che rappresentava fino all’inizio del 1900 un punto di riferimento per chi saliva sul vulcano. Tra il 18 e il 19 il flusso principale ritorna a muoversi speditamente ed investe il ristorante “La Quercia”.

Qual è, a questo punto, il sentire della gente rispetto all’andamento dell’eruzione ?
“Questo avvenimento fa aumentare la preoccupazione della popolazioni di Nicolosi, Belpasso e Ragalna, che cominciano a chiedere a gran voce un intervento per cercare di “arrestare” il flusso lavico – continua LucianoSignorello – Il flusso si concentra in direzione di Monte Parmintelli e interrompe la strada Adrano-San Leo, arrivando a meno di 3 km da Ragalna. E così il 28 aprile, dopo diversi giorni di insistenze ed indecisioni, la Commissione Grandi Rischi approva un piano di intervento che consiste principalmente nel tentativo di deviare la colata e di costruire dei setti di contenimento.Il tentativo di deviazione consiste nell’aprire una breccia nell’argine naturale della colata, a monte dell’ingrottamento maggiore, a mezzo di cariche esplosive, per far “ricominciare” il cammino della colata, quasi dalla bocca eruttiva originaria. L’operazione vienefissata per il 14 maggio“.
Ed eccola, quella notte, nella parole emozionate del testimone Luciano: “Era il 14 maggio del 1983. Non dormivamo da 72 ore. Avevamo capito che avremmo vinto quella battaglia, ma non la guerra. Ci avevano inseguiti tutto il pomeriggio e la notte affinché facessimo brillare le mine. Il motivo? Televisivo! Lo spettacolo! Alle 4 del mattino finalmente arrivammo al countdown. Ma dovemmo restare il piedi altre 24 ore. In ogni caso ci eravamo riusciti e, soprattutto, avevamo capito e verificato molte cose. Per una serie di circostanze complementari si riuscì nell’intento di rallentare il fronte lavico. Io c’ero!”
Conclude Signorello: “Dal momento di inizio cantiere succederà di tutto ed ogni volta bisognerà affrontare una nuova emergenza e risolverla velocemente. Si arrivò a lavorare anche 24 ore ininterrottamente e su più fronti contemporaneamente. Il 6 di agosto di quell’indimenticabile 1983 , tutti i componenti della squadra tecnica della Provincia Regionale ci ritirammo dai cantieri, per tornare negli uffici di Catania. Io me ne tornai a casa, ero partito una notte di fine aprile, tornai all’alba del 6 agosto, e dormii per due giorni di fila. Un’ultima cosa. Siccome molti si convinsero che l’intervento finì con la volata (n.d.r, tecnicamente l’esplosione), nelle foto della gallery è evidenziato il grande lavoro di contenimento della colata, che riprese da Monte Castellazzo e che si riversò sulla precedente”.
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