di Maurizio Muraglia
In un libretto che può essere letto in poche ore (Fascismo e populismo. Mussolini oggi. Bompiani 2023) ma deve essere meditato molto più a lungo , Antonio Scurati raccoglie il discorso da lui pronunciato il 29 settembre 2022 alle Rencontres internationales de Genève che si tengono ogni anno dal 1946 con lo scopo di mantenere il dialogo culturale tra le nazioni in una prospettiva di pace.
È un libro che rievoca il fascismo ma non per dirci che il fascismo, così come lo abbiamo conosciuto, potrebbe ripetersi. Anzi, egli lo esclude. Lo esclude paradossalmente per non sottovalutarne l’eredità. “Le nostre esistenze di occidentali si sono improvvisamente ristrette, sono diventate tutte una questione privata, una solitudine planetaria” (15). Con quest’affermazione Scurati marca la transizione dal sentire novecentesco, con i suoi umori postbellici e resistenziali, all’edonismo di fine secolo e millennio, che fa fatica a leggere gli eventi in prospettiva storica.
Ma c’è di più. Non è solo questione di disimpegno. È anche questione di impegno mal riposto: “La prescrizione – quasi un diktat culturale – a raccontare il fascismo attraverso l’antifascismo, e dunque la tendenza di un intero popolo a identificarsi con la posizione simbolica della vittima, ha ostacolato l’assunzione di responsabilità narrativa indispensabile a fare i conti col passato”. Occorre ricordare che “noi, gli italiani, eravamo stati fascisti” (25-26), dice Scurati, e attorno a questa consapevolezza egli invita a rivisitare il fascismo coniugando i due assi attorno ai quali si è dipanata la vicenda di Mussolini: violenza e seduzione.
Sono preziose le innumerevoli notazioni storiche con le quali l’autore consente al lettore di andare oltre i luoghi comuni sul fascismo e su Mussolini, preparando il terreno per la seconda parte del testo in cui indaga i fondamenti del populismo, ravvisandoli puntualmente nella retorica fascista del capo e della sua identificazione col popolo: “Questa è la mia tesi: i movimenti, i partiti e soprattutto i leader politici che oggi sfidano la democrazia nella forma che noi abbiamo conosciuto fino ad ora, cioè la piena democrazia, la democrazia parlamentare liberale, teorizzando o praticando formule intimamente contraddittorie quali quella di ‘democrazia autoritaria’, siano essi italiani, spagnoli, francesi, tedeschi, brasiliani o statunitensi, non discendono dal Mussolini fascista. Essi discendono, invece, dal Mussolini populista” (31-32).
È il populismo di Mussolini, in altri termini, ovvero la sua insofferenza per la fatica e la complessità del metodo parlamentare, ereditato da partiti di destra, di sinistra o sedicenti né di destra né di sinistra, che rappresenta, per Scurati, il vero pericolo per la democrazia, dinanzi al quale è necessaria la massima vigilanza. Il populismo di Mussolini viene analizzato attraverso la sua rivoluzione linguistica: “Innanzitutto, frasi brevi. Brevi, brevissime e sintatticamente elementari. Soggetto, verbo, complemento oggetto. Ogni frase un detto memorabile, ogni frase interamente citabile, ogni frase uno slogan” (59).
Difficile non riconoscere quest’attitudine nei leader contemporanei. E difficile non riconoscere anche quel che Scurati ravvisava in Claudio Treves, direttore prima di Mussolini del quotidiano socialista “Avanti!”: “Treves scriveva in nome del popolo ma lo faceva sciorinando una prosa colta, dotta, complessa, un periodare ricco di consecutive e subordinate. Scriveva, insomma, in nome del popolo ma in un modo che il popolo stentava a capire” (61). Non serve commentare.
La parte che Scurati dedica al populismo è di grande acutezza. Dalla politica della paura, alla semplificazione della vita moderna, alla comunicazione al corpo con il corpo è passata in rassegna la fenomenologia della postura populistica, con tutte le ascendenze mussoliniane puntualmente individuate.
Le righe conclusive dedicate alla democrazia sono un invito al risveglio dal torpore indotto dall’ “illusione della democrazia eterna” (89). “A furia di scandire il tempo con gli aperitivi – nota Scurati a proposito del modo in cui la sua generazione nata alla fine degli anni Sessanta, aveva perso di vista la narrazione dei padri e dei nonni -, stavamo dimenticando una verità semplice ma esatta, incontrovertibile e fondamentale, riguardo alla natura stessa della democrazia: la democrazia non è figlia del caso ma nemmeno della necessità; non è un dono del cielo, è una conquista; la storia della democrazia è, fuor di ogni dubbio, la storia della lotta per essa” (89-90).
Un libretto prezioso, segnato dai grandi doni dell’acume storico e della chiarezza espositiva. Un libretto che fa giustizia di ogni retorica, quella fascista come quella antifascista e che non fa sconti a nessun populismo, ravvisandone – al netto della violenza fisica – la profonda continuità col fascismo e con il suo duce e la sua cifra di pericolosità per la democrazia liberale parlamentare.
Un libretto necessario per chiamare le cose col proprio nome.
Antonio Scurati, Fascismo e populismo. Mussolini oggi. Bompiani 2023
Con il titolo: 10 giugno 1940, Mussolini annuncia al popolo italiano l’entrata in guerra
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