di Santo Scalia
Vi sarà capitato, leggendo qualche pubblicazione in lingua inglese, di trovare il toponimo The Chasm per indicare il cratere che noi oggi comunemente denominiamo “La Voragine“.
Ma andiamo un po’ indietro nel tempo: sin dagli inizi del Settecento e fino al 1911, sull’Etna vi era, nella sua parte sommitale, una sola grande apertura, denominata Cratere Centrale.
La cartografia etnea, per lungo tempo, ha dunque utilizzato semplicemente il termine “cratere”, o “cratere centrale”, o anche “gran cratere”, per indicare questa grande apertura.
Nel 1911, sul fianco nord-orientale del cono principale, si generò il primo dei crateri subterminali, il Cratere di Nord-Est; nell’ottobre del 1945, nella parte nord-orientale del fondo pianeggiante interno al Cratere Centrale, in seguito ad un collasso, si formò un’apertura circolare (detta pit crater dagli anglofoni), e questa fu la prima manifestazione del cratere che successivamente verrà denominato La Voragine (anche se l’area interessata dal crollo era stata già attiva sin dagli anni Venti).
Il vulcanologo Salvatore Cucuzza Silvestri, nella sua pubblicazione L’eruzione dell’Etna del 1947 (apparsa sul Bulletin of Volcanology – Vol. 9; Iss. 1, del 1949), riporta così la nascita del cratere: «Successivamente infatti, nell’Ottobre del 1945, si aprì nel settore N.E. una buca di sprofondamento, del diametro di circa 10 m., che andò sempre più allargandosi […]»; poco dopo aggiunge «Nel gennaio del 1947 […] la buca di sprofondamento si presentava di forma quasi circolare con un diametro di circa 15 m. ed una profondità che non superava i 20 m. Le sue pareti, quasi a picco, mostravano la sezione dell’imponente banco di lava consolidata in masse prismatiche colonnari […]». Una buca di sprofondamento che, da un diametro di una decina di metri, nell’arco di una ventina d’anni, si allargò fino ad occupare quasi la metà del grande cratere dell’Etna.
Successivamente, nell’aprile del 1964, sulla “terrazza craterica” (l’area più o meno pianeggiante che si trovava alla sommità del Centrale) nacque un nuovo conetto, il Cratere del 1964; questo sarà in seguito fagocitato dal progressivo ingrandirsi di una nuova bocca, la Bocca Nuova, nata nel 1968 e anch’essa nell’area della terrazza craterica.
Negli anni ’70 dello scorso secolo ci si trovò ad avere ben tre crateri nell’area che precedentemente veniva denominata semplicemente Cratere Centrale; vi fu quindi l’esigenza di identificare il cratere che per primo si era formato all’interno del “recinto craterico”, quello nato nel 1945: per indicarlo si utilizzò il nome “La Voragine”. Non furono pochi, comunque, a continuare a chiamare quest’ultimo cratere col vecchio nome di Cratere Centrale, e forse tutt’oggi qualcuno lo fa ancora.
Il famoso vulcanologo Haroun Tazieff, nella sua opera L’Etna et les volcanologues (pubblicata a Parigi dall’editore Arthaud, nel 1972) fu tra i primi ad utilizzare il nome Voragine: «In quel periodo, il fondo del cratere centrale era relativamente piatto, si vedeva straordinariamente bene la grande frattura da cui è attraversato e il formidabile fosso della Voragine si apriva nel suolo […]» (dalla versione italiana del 1974 L’Etna e i vulcanologi, edito da Mondadori).
A partire dal 1973, e poi nel 1978 e nel 1981, il ricercatore inglese della Open University John Murray, con l’assistenza di Christopher R.J. Kilburn e T.J. Sanderson, realizzò una carta topografica della sommità del Monte Etna (in scala 1:5.000), nella quale compaiono le due denominazioni La Voragine e The Chasm per indicare il cratere formatosi nel 1945 e distinguerlo dal Nord-Est, dal Cratere del ’64, dalla Bocca Nuova e dal Cratere di Sud-Est (che aveva avuto origine nel 1971).
Ma perché gli scrittori anglofoni chiamano “chasm” questo cratere e qual è l’origine del termine? In effetti il termine inglese indica esattamente abisso, quindi anche “voragine”, ma le origini sono più antiche: l’Etimologia (disciplina linguistica che studia la storia delle parole) ci porta immancabilmente al greco antico; e in greco il sostantivo neutro χάσμα (traslitterato “chasma”) ha il significato di “apertura”, “voragine”. Il passare da “chasma” a “chasm” è stato facile.
A dire il vero, già nel XVIII secolo, il padre gesuita Giovanni Andrea Massa, nella sua opera Della Sicilia, grand’isola del Mediterraneo in prospettiva il Mont’Etna, o Mongibello, esposto in veduta da un religioso (pubblicata a Palermo nel 1708), aveva fatto uso del termine Voragine. Nel descrivere il cratere alla sommità del vulcano, infatti scrive: «Si abbassa questa Voragine tanto all’ingiù in profondo così sprofondato, che, testimonio il P. Kircherio, gito ad osservarla, non se ne scorge il fondo, Vorago tam profunda est, ut omnem visum fugiat […]».
Come già detto, per lungo tempo in cima all’Etna c’è stato un unico grande cratere, formatosi probabilmente in seguito al collasso del cono avvenuto durante l’eruzione del 1669, il 25 di marzo; di tale crollo scrive Giovanni Alfonso Borelli (1608 – 1679): «Contemporaneamente crollò la parte sommitale dell’Etna che si ergeva come un berretto a forma di cono o torre sopra il vasto pianoro, e nel mezzo si aprì un cratere enorme, ampio tre miglia» (traduzione da Storia e meteorologia dell’eruzione dell’Etna del 1669, pubblicata da Giunti nel 2001, a cura di Nicoletta Morello).
L’episodio fu annotato anche da Don Pasquale Calcerano (1656-1670), Canonico di Acireale, nella Cronaca manoscritta del 1752, pubblicata nel 1929 da Vincenzo Raciti Romeo, Canonico e acese anch’egli.
Oggi, anche nella letteratura vulcanologica, oltre che negli articoli degli organi di stampa, il toponimo La Voragine è stato adottato per indicare il cratere del ’45. Anche la cartografia recente, come ad esempio la Carta escursionistica Altomontana (S.E.L.C.A. Firenze, 2008) e la Geological Map of Etna Volcano (I.N.G.V. 2011), indicano con il termine La Voragine il cratere che prima veniva indicato semplicemente come Cratere Centrale.
Nel tempo LaVoragine si è resa protagonista di varie manifestazioni eruttive importanti, come ad esempio nel 1960, quando il pennacchio eruttivo che ne scaturì fu paragonato ad un fungo atomico o, in tempi più recenti, nei primi giorni di dicembre del 2015, quando una possente attività ha rimodellato l’intera area sommitale. Rimandiamo a questi articoli, pubblicati in passato da questo blog (www.ilvulcanico.it) per un approfondimento.
Con il titolo: il Cratere nato nel 1945, in una foto del 1950 circa (Foto Collezione S. Scalia)
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