di Santo Scalia

Nell’occorrenza del 30° anniversario dell’eruzione etnea del 1991-93 abbiamo già dedicato, su questo blog, due articoli, rievocando alcuni aspetti di quell’eruzione che minacciò da vicino la cittadina di Zafferana Etnea.

Abbiamo descritto, per sommi capi, i fatti salienti avvenuti in quel frangente (Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 – parte 1) e ricordato un ambiente naturale che oggi risulta profondamente modificato, la Val Calanna (C’era una volta… la Val Calanna. Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 – parte 2). Tenendo fede al proposito allora manifestato di approfondire, nelle opportune date, altri aspetti dell’eruzione, ricorderemo oggi la grande paura vissuta da Zafferana a partire da giorno 9 aprile.

Cosa era avvenuto nei mesi precedenti, dal 14 dicembre 1991 alla prima decade di aprile 1992?

L’ultima grande eruzione dell’Etna del XX Secolo cominciò nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre del 1991, preceduta da una modesta e breve crisi sismica: una frattura, dalla base del Cratere di Sud-Est, squarciò la ripida parete occidentale della Valle del Bove, da quota 3000 a circa 2200 metri s.l.m., dove si aprirono le bocche effusive [vedi ilVulcanico]. Le colate laviche, attraversata l’intera Valle, raggiunsero Portella della Giumenta e da lì precipitarono in Val Calanna.

Corriere della sera 9 aprile 1992

A quel punto fu chiaro quale avrebbe potuto essere l’evoluzione futura dell’eruzione, e quali sarebbero stati i luoghi minacciati dalle invasioni laviche. Il Ministro per il coordinamento della Protezione Civile, come si leggi infatti nella Gazzetta Ufficiale dell’8 gennaio 1992, dispose «[…] la realizzazione di un terrapieno in prossimità della portella  di  Val Calanna  al  fine  di  ritardare  il deflusso del fronte lavico dalla Valle Calanna verso il centro abitato del comune di Zafferana».

Cosa avvenne il 9 aprile 1992?

Facendo uso dell’ottima sintesi degli eventi pubblicata del prestigioso Journal of Volcanology and Geothermal Research (Volume 56, Issues 1–2, May 1993, Pages 1-34), ecco brevemente lo stato dell’eruzione: «Una barriera lunga 234 metri ed alta 21 era stata inizialmente costruita [a Portella Calanna n.d.A.] nel gennaio del 1992 accumulando, con degli escavatori meccanici, 370.000 metri cubi di terra, scorie e pietre. Questo argine trattenne la lava per circa un mese e fu scavalcato il 9 aprile del 1992. Altre tre ulteriori barriere, più piccole (lunghe circa 90-160 metri ed alte da 6 a 12 metri), furono realizzate in aprile al fine di guadagnare tempo mentre la lava scendeva verso il paese di Zafferana, avendo scavalcato il primo argine». [traduzione dell’Autore dal lavoro The control of lava flow during the 1991–1992 eruption of Mt. Etna di F.Barberi, M.L.Carapezza, M.Valenza, L.Villari].

L’argine viene scavalcato dalla lava il 9 aprile 1992
(particolare da un fotogramma di un servizio televisivo di Giovanni Tomarchio)

L’orografia dei luoghi, anche agli occhi dei meno esperti, suggerì che il paese di Zafferana Etnea fosse ormai veramente in serio pericolo. La vallata che collega il paese a Portella Calanna, in rapido pendio con la sua caratteristica pavimentazione con due strisce di basolato lavico, fu infatti il percorso naturalmente seguito dalla lava.

La popolazione, pressata dall’immane minaccia, cominciò a chiedere alle Autorità di intervenire con ogni mezzo per salvare le proprie case e le proprietà, spesso unica fonte di reddito. Si chiese, ancora una volta – cosa che era già avvenuta nel 1983 – di usare anche gli esplosivi pur di fermare le colate laviche (di questo parleremo in un prossimo articolo).

Corriere della sera 11 aprile 1992

Fu a questo punto, dopo che la lava aveva superato anche le tre ulteriori barriere erette per rallentarla, che un agricoltore del luogo, il Signor Giuseppe Fichera, e la sua casetta rurale divennero oggetto dell’attenzione mediatica: una semplice scritta con la vernice sul muro esterno dell’edificio, un “GRAZIE GOVERNO…” accusatorio e provocatorio, ma nel contempo fatalistico gesto di rassegnazione, fu ripreso da tutti i quotidiani, da tutte le televisioni che documentavano giornalmente l’evoluzione della tragedia.

Ma non solo: il Fichera, così come vuole la tradizione quando sta per arrivare un ospite, quando il “padrone del territorio” – l’Etna – stava per raggiungere la sua casa, imbandì il tavolo offrendogli vino e pane; ed il padrone si riprese quanto gli spettava!

La casetta non venne ricoperta del tutto, ma fu resa inagibile, così come il terreno coltivato a vigneto fu invaso dalla lava. “L’Etna dà e l’Etna riprende”, è uno dei concetti radicati nella mente di chi abita le pendici del vulcano.

Poco più avanti, a qualche centinaio di metri, la casa della Famiglia Russo fu raggiunta e miracolosamente risparmiata dalla lava, che arrivò a toccare il muro dell’edificio. Oggi il luogo (Piano dell’Acqua) è meta di tanti turisti e sul posto è stata edificata nel 1994 una stele votiva alla Madonna della Provvidenza, alla quale la comunità di Zafferana è molto devota.

Ma nel frattempo erano accaduti degli eventi di cui parleremo prossimamente…

I precedenti articoli sono stati pubblicati su questo blog il 14 dicembre 2021 Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 (parte 1) – e il 23 dicembre 2021: C’era una volta… la Val Calanna. Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 (parte 2)

Con il titolo: disegno schematico dell’area eruttiva (dal Giornale di Sicilia del 13 aprile 1992 – collezione personale)

 

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