di Santo Scalia

Di Monte Nero, sull’Etna, ce n’è più di uno, anzi, ce ne sono ben cinque: c’è il Monte Nero tout court (altezza 2182 metri s.l.m., generatosi l’11 marzo del 1537, nel versante sud) localizzato poco a monte dell’Osservatorio Astronomico di Serra La Nave, in prossimità di Monte Nero degli Zappini (formatosi intorno all’anno 1250, che raggiunge l’altezza di 1972 metri s.l.m); c’è il Monte Nero del Bosco (nato anch’esso dall’eruzione del 1537 e che si trova all’altezza di 1880 m s.l.m., nel  versante sud, poco più a valle dei Monti Silvestri).

Ma non basta: c’è pure il Monte Nero delle Concazze, cono piroclastico che domina, per la sua notevole mole, il versante nord-est del vulcano; il suo punto più alto raggiunge i  2192 metri s.l.m.; nello stesso settore si trova ancora un altro “Monte Nero”: per distinguerlo dagli altri il compianto amico dott. Giovanni Tringali ha proposto, nel suo lavoro Oronimi Etnei – Il nome dei crateri dell’Etna, la denominazione di Monte Nero Settentrionale (denominazione per altro già utilizzata dal vulcanologo francese Jean-Claude Tanguy nella sua tesi per il dottorato, nel 1980).

Per brevità, in questo articolo, con la denominazione “Monte Nero” intenderemo riferirci proprio a quest’ultimo. Nato 375 anni fa, nel corso dell’eruzione del 1646-47, con il suo punto più elevato arriva a quota 2049 ed ha, alla sua base, un diametro di circa 580 metri.

Ma cosa accadde nel 1646? Alcune notizie – non molte, in verità – possiamo trovarle nei testi degli storici etnei: il Canonico Giuseppe Recupero (San Giovanni la Punta, 1720 – Catania, 1778); l’Abate Francesco Ferrara (Trecastagni, 1767 – Catania, 1850) ed il vulcanologo Carlo Gemmellaro (Nicolosi, 1787 – Catania, 1866).

Brano da Storia naturale e generale dell’Etna di Giuseppe Recupero, 1815

Il 20 di novembre, nel versante settentrionale, si aprì una bocca cinque miglia sotto il Cratere, dalla quale fluì una colata di lava che danneggiò le colture delle terre di Castiglione. Il Recupero, nell’opera Storia naturale e generale dell’Etna stampata a Catania nel 1815, riferendo le notizie riportate in una memoria di un tal Pietro Lanza – unica testimonianza coeva all’eruzione del 1646 – così scriveva: «[…] L’incendio, che molestò di gran lunga il territorio di Castiglione, fu quello accaduto l’anno 1646, secondo ricavasi da una memoria originale di un tal di Lanza […]: eccola qui tutta per intiero “Ex nobile Petro Lanza. Die 20  Novembris 1646, vigilia della beatissima Vergine. Sotto questo giorno ad ore 18 [ore “all’italiana”, n.d.A.], scassò (si aprì) la Montagna, e fece un gran danno nel territorio di Castiglione, et il foco sta seguitando” […]».

Brano da Descrizione dell’Etna con la storia delle eruzioni e il catalogo dei prodotti di Francesco Ferrara, 1818

Successivamente il Ferrara, nel suo libro Descrizione dell’Etna con la storia delle eruzioni e il catalogo dei prodotti (pubblicato a Palermo nel 1818) citando uno scritto di Don Pietro Carrera (Militello in Val di Noto, 1573 – Messina, 1647), riportò così gli avvenimenti di quell’anno e la nascita del Monte Nero: «Una memoria in un esemplare dell’opera di Carrera scritta senza dubbio in quel tempo, e da me letta annunzia una eruzione fattasi il dì 20 novembre del 1646 da una voragine apertasi cinque miglia sotto la cima, tra greco, e tramontana; la lava colando verso Castiglione consumò una grande estensione di alberi di nocciole. Sembra che siasi formata allora la picciola montagna conica di quel luogo detta oggi Monte nero […]”.

Particolare dalla Tav. VI allegata a Storia naturale e generale dell’Etna di Giuseppe Recupero, 1815

L’attività eruttiva cominciata, come già detto, il 20 di Novembre del 1646 terminò 58 giorni dopo, il 17 gennaio dell’anno successivo. L’ampia colata lavica, lunga circa 6,8 chilometri, giunse fino a quota 670 metri s.l.m.

Brano da La vulcanologia dell’Etna di Carlo Gemmellaro , 1858

È Carlo Gemmellaro che aggiunge qualche altro dettaglio: nella sua opera La vulcanologia dell’Etna (pubblicata a Catania nel 1858), oltre a riportare la testimonianza del Recupero, ci fa sapere che l’eruzione cessò «[…] dopo aver cagionato più di due cento mila scudi di guasto nella contrada delli Germaneri, essendosi inoltrata la lava sino alla via che conduce a Linguaglossa […]».

Si stima che il volume delle lave emesse sia stato di  circa 190 milioni di m3, mentre il volume di tephra che formò il cono di scorie, cui fu dato il nome di Monte Nero, si sia aggirato intorno a 7 milioni di m3.

Un breve ma piacevole filmato del sorvolo del cratere di Monte Nero, ripreso all’elicottero, si può vedere su YouTube nella pagina curata dall’Autore.

Con il titolo: Monte Nero visto dall’elicottero. Sullo sfondo, in prospettiva, Castiglione e Francavilla di Sicilia (foto S. Scalia)

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