di Gaetano Perricone
Dopo un po’ di tentennamenti, tra ricordi belli e meno belli, nostalgie e incazzature, ho deciso: scrivo qualcosa, poche cose, a cuore aperto e da uomo della strada con … qualche conoscenza sull’argomento, sul Parco dell’Etna, ieri, oggi e domani. L’occasione offerta dall’incontro di stamattina, sabato 13 aprile, alle 10 a Nicolosi, al Centro Giovani di via Angelo Musco 2-4, è troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire.
In fondo dire quello che penso, da ex responsabile per 18 anni dell’ufficio stampa del Parco, da professionista che con immenso orgoglio ha direttamente e personalmente contribuito – come componente dello staff Unesco dell’ente- all’iscrizione dell’Etna tra i siti naturali della World Heritage List, infine e soprattutto da innamorato della Muntagna e dei suoi valori, mi sembra quasi un dovere innanzitutto verso me stesso. E anche un umile contributo al dibattito su questioni di grande interesse e che mi stanno molto a cuore. Insomma: da giornalista di vecchio mestiere, provo a scrivere quello che avrei detto se fossi stato uno dei relatori di questo incontro pubblico.
Devo premettere un ringraziamento sincero e sentito: destinataria è l’on. Gianina Ciancio, deputata regionale del Movimento 5 Stelle, che ha ritenuto con cortesia di invitarmi all’incontro di cui è promotrice, organizzatrice e moderatrice. Ricevere la sua email il 4 aprile scorso è stata una inattesa sorpresa: è infatti la prima volta, da quando ho concluso ormai da un po’ di tempo la mia carriera lavorativa, che per quasi metà si chiama proprio Parco dell’Etna, che un rappresentante politico del territorio mi considera “degno” di coinvolgermi come persona, mostrando una considerazione che certamente mi lusinga e che, nonostante qualcosa da dire e da raccontare sul Parco credo di averla, fino ad oggi non avevo mai ricevuto. Proprio per questa ragione penso che alla fine, superando le mie molte incertezze, molto probabilmente sarò per un po’ presente all’incontro.
Ai ringraziamenti, devo aggiungere un apprezzamento per il “taglio”, a mio avviso decisamente indovinato, che Gianina Ciancio ha inteso dare a questo convegno: un breve spazio agli esponenti politici per i giusti saluti istituzionali, mentre spazio e tempo molto più ampio per parlare dei temi del convegno verrà dato a persone che, senza alcun dubbio, sono in grado per competenza ed esperienza sul campo di affrontarli più che adeguatamente. Come dire: poca chiacchiera e propaganda e molta sostanza, almeno sulla carta. I cinque relatori assicurano pregnanza di contenuti, passione, conoscenza del territorio. Sono, li ricordo: Marco Neri, Primo Ricercatore I.N.G.V, Osservatorio Etneo, Unità Funzionale Pericolosità Vulcanica; Carlo Cassaniti, Geologo e docente a contratto di Normativa Geologica, UniCT; Salvo Caffo, Dirigente Vulcanologo Parco dell’Etna; Giuseppe Riggio, Giornalista, scrittore, esperto di turismo a basso impatto ambientale; Giuseppe Di Paola, Dirigente Ingegnere Parco dell’Etna. Personaggi di notevole spessore del mondo etneo, gente che sa di cosa parla, per me cari amici che stimo molto. Una scelta, questa della Ciancio, che sembra un messaggio preciso: diteci, voi che ci siete dentro e sapete come vanno le cose, quello che secondo voi si potrebbe fare per rendere migliore il futuro del Parco e più incisivo il suo ruolo nel territorio etneo.
Ciò detto, passo a qualche mia riflessione, da libero cittadino dell’Etna e senza peli sulla lingua, non avendo più alcun vincolo professionale che mi frena, sul Parco, tra ieri e domani, senza passare molto per un oggi che conosco poco. Parto da uno stato di fatto: se si mettono sui due piatti di una bilancia da un lato coloro che detestano il Parco dell’Etna e lo hanno sempre detestato, chiamiamoli con linguaggio di oggi gli “haters” del Parco, dall’altro quelli che lo amano spassionatamente, senza se e senza ma, la bilancia dopo 32 anni di vita dell’ente pende ancora pesantemente dal lato dei primi. Per ragioni semplici ed evidenti: con la nascita e il consolidamento dell’area protetta attorno al più alto vulcano attivo d’Europa e l’introduzione della sua rigorosa normativa, molte di quelle cose che si potevano fare dovunque anche in modo spregiudicato, senza alcun interesse o rispetto dell’ambiente e di zone di altissimo pregio naturalistico – come acclarato dall’Unesco il 21 giugno del 2013– dal 17 marzo del 1987 non si possono fare più.
E la cosa, ovviamente, continua a non essere metabolizzata da una grossa fetta della popolazione locale, soprattutto le generazioni di età avanzata – e anche quella parte della politica, piuttosto preponderante, che mal sopporta la presenza di un ente territoriale che per le sue prerogative condiziona, spesso scavalca altri poteri locali e dunque, con fastidio generalizzato, in molti provvedimenti non si può fare a meno del parere del Parco stesso – , mentre tanti dei più giovani, cresciuti con l’idea e la presenza dell’area protetta e delle sue peculiarità speciali, l’hanno accettata e la amano pure, grazie anche all’eccellente lavoro di educazione ambientale a tappeto di tanti bravi insegnanti nelle scuole e del Parco stesso con la sua intensa attività nel settore. Senza contare lo “zoccolo duro” degli amanti della natura etnea ed escursionisti che dell’area protetta sono sostenitori da sempre.
In sostanza, il clima attorno al Parco dell’Etna non è e non è mai stato buono, con polemiche e critiche continue anche per situazioni, in primis il problema atavico di pulizia, decoro e dignità della munnizza sul quale, oggettivamente, l’ente è vittima più di tutti: continua ad essere fondamentalmente considerato, dalla maggioranza delle genti etnee, odioso erogatore di divieti e credo, ahimè, sarà sempre così. Perché, per principio scritto a carattere cubitali sul vulcano e a prescindere da tutto, pare che la colpa sia sempre e comunque del Parco, che per molti è solo un intollerabile ostacolo burocratico con i suoi funzionari “cavillosi”, che cercano di fare il proprio lavoro in una sorta di fortino assediato. Il luogo comune del “Parco dell’Etna ingessato” credo sia ormai tra i più usati della storia contemporanea. Che poi l’ente ci abbia messo e ci metta ogni tanto la sua per rendersi ancora meno amabile, con qualche lentezza o incertezza di troppo e con gli errori che fanno tutti, anche questo è un dato di fatto.
Da un lato, dunque, il popolo locale in prevalenza nemico. E poi, dall’altro, la politica, tutta e a turno, che fino ad oggi, al di là di pronunciamenti vari, non ha smesso e non smette di considerare il Parco dell’Etna – d’altronde come altri luoghi straordinari della Sicilia – terreno di conquista per bramosie di potere e per piantare bandierine sul territorio, con conseguenti lotte più o meno sotterranee tra aspiranti e ambizioni varie agli incarichi più importanti, ma anche generoso bacino di consensi. Senza nulla togliere alle capacità e all’impegno di chi ha occupato negli anni i ruoli di vertice (persone con le quali ho tra l’altro sempre lavorato, con sfumature diverse, in ottima sintonia), è il metodo che secondo me non funziona, quello delle scelte per appartenenza politica e per spartizione di posti di sottogoverno.
Mi si dirà, purtroppo è vero, che da tutte le parti, non solo in Sicilia, è così e che questa è l’espressione concreta del cosiddetto “primato della politica”, un concetto che enunciato così non mi è mai piaciuto, perché credo che il primato sia e debba essere del sentire e della volontà comune. Ma con tenace approccio utopistico continuo a pensare e immaginare che la gestione di un territorio protetto di così grande Bellezza e qualità naturalistica, amato e in qualche caso venerato in tutto il mondo, debba essere affidata a personalità di alto profilo etico e che lo conoscono a fondo; che abbiano una grande e accertata competenza e professionalità adeguata al ruolo; una visione moderna e lungimirante, compostamente manageriale, in sintonia con le norme; che amino molto, con i fatti e non con le parole, il Parco e abbiano entusiasmo e carisma per farlo a loro volta amare e per farlo crescere. Identikit in giro corrispondenti a questo profilo ce ne sono certamente, sotto gli occhi di tutti. Basta cercarli e volerli trovare. Potrei fare qui almeno un paio di nomi, un uomo e una donna, ovviamente non lo farò per non aggiungere ulteriore curtigghiu a quello che c’è già in giro sul toto-nomi per la presidenza …
Ma questo, naturalmente, non basta. Oltre a vertici all’altezza – capaci di interpretare nel modo più incisivo e brillante la “mission” di tutela e di valorizzazione ecocompatibile nel rispetto delle norme e di corretta gestione del sito Patrimonio dell’Umanità, 19.237 ettari tutti in area Parco – , servono quelle risorse, non solo finanziarie ma anche di personale e di mezzi, perché l‘Ente Parco regionale la finisca una volta per tutte di vivere di precarietà e incertezze legate agli umori della politica dominante e riesca finalmente a svolgere in pieno, sempre che lo si voglia davvero, il nobile compito che gli venne affidato dal legislatore siciliano già nel 1981 (prima della sua nascita il 17 marzo 1987), con la legge istitutiva dei Parchi.
Mai dotato degli indispensabili 70 Guardiaparco inizialmente previsti dalla pianta organica, sentinelle dell’ambiente ma oggi anche guide alla conoscenza del territorio di alta professionalità, l’ente che ha sede nel meraviglioso ex Monastero Benedettino di San Nicolò La Rena a Nicolosi soffre in modo evidente il problema della vigilanza contro l’inciviltà e l’arroganza degli ignobili e irredimibili sporcaccioni che se strafottono del concetto di bene comune e degli indomabili abusivi, su un’area protetta molto vasta con i suoi 59.000 ettari; lo sforzo e l’impegno certamente encomiabile e generoso del Corpo Forestale non appare sufficiente. Servirebbe moltissimo e prioritariamente, dunque, dotare il Parco di personale proprio, che svolga questo compito fondamentale, magari pensando anche a quelle Guardie volontarie ambientali o comunque a figure del grande e variegato mondo dell’associazionismo, che in questi anni difficili si è dimostrato molto vicino all’ente, che esistono da altre parti e che, in mancanza di interventi definitivi, potrebbero aiutare a fronteggiare il problema. E forse bisognerebbe anche provare a risistemare e rinforzare un organico che, negli ultimi anni e per ragioni diverse, ha perso varie figure significative.
Iniziative da portare avanti, per una corretta valorizzazione e promozione che porti opportunità di lavoro e qualche po’ di benessere, di questi tempi fondamentale, alle popolazioni locali, ce ne possono essere a bizzeffe: il fascino planetario dell’Etna, la fantastica Natura dell’area protetta, la fertilità del terreno lavico e i suoi prodotti unici, sono punti di partenza formidabili. Purché siano cose serie e concrete e non si torni a parlare periodicamente, come ho spesso sentito in questi anni, di progetti più o meno allucinanti, cretinate strepitose e irrealizzabili in un Parco: dal trenino a cremagliera sulla Pista Altomontana, un pezzo di mondo assolutamente speciale e di incomparabile bellezza, alla improbabile tendopoli turistica in alta quota, a fantascientifiche gare sportive e super campi di lusso e via dicendo, si potrebbe fare un album degno del campionato mondiale delle sciocchezze, sempre con l’idea del grande business che poco ha a che fare con la filosofia alla base di un Parco naturale.
Ma tutto questo e molto altro, che mi farebbe scrivere ancora fiumi di parole (ma non voglio) dipende, mettendo da parte ogni ipocrisia, dalla reale volontà di tenere in piedi il Parco e di farlo funzionare davvero, dotandolo di risorse e mezzi adeguati, per quello che prevede il legislatore, non per quello che serve al potere di passaggio e alla sua corte. Solo con questo tipo di approccio totalmente nuovo e finalmente lungimirante, è il mio umile parere, potrà avere un futuro quest’area protetta così straordinaria che circonda il nostro magico vulcano, che amo moltissimo dal profondo del cuore e alla quale per ovvie ragioni di storia personale mi sento profondamente legato. Altrimenti ogni tentativo di capire le cose per migliorarle, come indubbiamente è l’incontro odierno a Nicolosi, rischia di restare ancora una volta lettera morta.
Basta, passo e chiudo, torno a fare il “Diversamente nonno”. Più tardi mi aspetta un’altra appassionante presentazione a Valverde.
Con il titolo: saponaria sicula Raf, una splendida foto molto simbolica di Luciano Signorello
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