di Patrizia Auteri 

Sono trascorsi più di venti giorni e qui nel tribunale di Catania la situazione è ancora la stessa. Io, i miei colleghi e i giudici dell’ufficio Gip, costretti a lavorare in condizioni quasi impossibili, ospitati nel pianterreno, in postazioni di fortuna, in ambienti che si sono trasformati in cancellerie. Poco spazio per noi e per i fascicoli, tutto ammassato e difficile da gestire.

La mattina del 19 ottobre 2022, pur senza i miei amati tacchi a cui rinuncio per andare spedita al lavoro e con comode scarpe da tennis, sono comunque sempre l’ultima ad arrivare in ufficio.  Ci si mette pure l’ascensore fuori servizio a completare l’opera, e col fiatone arrivo al terzo piano dove nel pianerottolo trovo tutti i miei colleghi e i giudici  dell’ufficio Gip… Aspettano me…? pare proprio di sì…

’Eccola è arrivata!’’, (oddio ero più in ritardo del solito?) ‘Sei MI-RA-CO-LA-TA!!!!’’

Non si può accedere alle cancellerie, un nastro rosso sbarra l’ingresso al corridoio degli uffici e piano piano i racconti dei colleghi mi svelano l’accaduto. Com’è possibile che sia crollato il soffitto proprio sopra la mia postazione? Perché? Io e i miei colleghi eravamo in quella stanza poco prima del crollo, il pomeriggio precedente.

Mi soffermo proprio poco a cercare di comprendere le cause della tragedia sfiorata e mentre tutti mi raccomandano di accendere un cero alla Santuzza non appena uscita dal palazzo, il mio pensiero va alla “banalità” della vita, alle azioni e ai gesti ripetitivi ma rassicuranti per molti di noi. A tutto quello che viviamo, vissuto già da altri, all’andamento con ritmi sempre uguali dello spartito della nostra vita, e a come in un attimo tutto ciò può vacillare, creando smarrimento.  Perché la tanto odiata scrivania, tappezzata di fascicoli e carte, e la piccola stanza da condividere con altri due colleghi,  improvvisamente mi mancano, mancano alla mia “banale” ruotine. Perché oggi il vento soffia dove vuole, e non ti scompiglia forte i capelli, ma ti costringe a cambiare la tua solida posizione, a cercare altre vie e guardare le cose con occhi nuovi.

Oggi ‘’l’andante moderato’’ della nostra quotidianità diventa un ‘’andante con moto’’.  Ci guardiamo negli occhi cercando di dire qualcosa, di formulare teorie, ma siamo tutti abbastanza increduli e ci muoviamo senza sapere dove andare. Ma c’è poco da fare, rimbocchiamoci le maniche, impossibile pensare di fermare anche solo per un secondo questo motore e poi… io voglio rivedere i miei oggetti, il mio piccolo mondo sopra la mia grande scrivania, adesso sotterrato.

E’ un saliscendi continuo i primi tre giorni, e chi può, con l’autorizzazione dei VV.FF. e con il caschetto in testa preleva le cose più importanti e fascicoli urgenti dalle proprie stanze.  Io sono stata meno fortunata e ho tutto sotterrato da mattoni e calcinacci, e però guardando la mia scrivania e la mia poltrona, penso che ognuno di noi abbia un angelo. Come un angelo lo è stato l’operaio che, qualche giorno dopo, con destrezza e un pizzico di cavalleria ha estratto dalle macerie le mie cose.

E’ già difficile condividere lavoro e stanza” in tempi di pace” ed è da eroi tollerare questi “gruppi destino” che unisce esseri umani con storie e animi diversi dal tuo e ti costringono a conviverci. E in questo Palazzo di giustizia che oggi sembra piccolo e più inospitale del solito, ci trovano, dopo qualche giorno, una collocazione: l’aula 3 Gip dove quasi giornalmente si celebrano processi, oggi adibita a “maxi cancelleria” e il “gruppo destino” si allarga e mai denominazione è stata più azzeccata.  Abbiamo i fascicoli (quelli che sono riusciti a prelevare dal fatiscente terzo piano) “sistemati” pure sotto la scrivania, disagi notevoli nell’attesa della fine dei lavori di ripristino. Ma accomunati dalla condivisione di una esperienza nefasta, desiderosi di ritrovare presto la nostra serenità, conviviamo cercando di essere solidali, disponibili all’ascolto dei bisogni dell’altro e soprattutto ci regaliamo sorrisi che prima era impensabile spendere per il “collega” di lavoro.

Andiamo avanti così e, sperando che ci trovino una adeguata sistemazione, anche se non definitiva naturalmente, nel frattempo alleniamo il nostro spirito di adattamento e la nostra empatia.

 

Patrizia Auteri

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