di Santo Scalia

Solo due anni prima era apparso nelle sale cinematografiche il film La tempesta perfetta (The Perfect Storm), diretto da Wolfgang Petersen, con George Clooney, Mark Wahlberg e Diane Lane. Il titolo, accattivante, lascia presagire che si tratti di una tempesta, ma non di una qualunque: un fenomeno in cui vari elementi sembra che si coalizzino per arrecare il maggiore dei danni possibili.

Traendo ispirazione dal titolo del film, nel 2006, la Sede regionale per la Sicilia della RAI Radiotelevisione Italiana e la Sezione di Catania dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, produssero un documentario della durata di 29 minuti dal titolo L’Eruzione Perfetta – Etna 2002-2003.

Realizzato dai ricercatori Alessandro Bonaccorso e Marco Neri, e da Giovanni Tomarchio – apprezzato fotografo e documentarista che per anni, con i suoi servizi televisivi e le sue meravigliose immagini, ha descritto con amore ed altrettanto rigore e qualità le tante spettacolari fasi eruttive del vulcano Etna – il documentario descrive con rigore scientifico e capacità di sintesi le varie fasi dell’eruzione e le azioni portate avanti per affrontare le principali problematiche.

Perché un’eruzione perfetta? Quali sono stati gli elementi che hanno caratterizzato questo particolare fenomeno eruttivo? Lo lasciamo esporre agli autori che così, sul blog ilVulcanico.it, hanno scritto in occasione del quindicesimo anniversario: «Propagazione di fratture eruttive, formazione di spettacolari coni piroclastici, attività esplosiva e ricaduta di cenere per mesi, minacciose colate di lava in differenti fianchi del vulcano, vistose deformazioni del suolo, marcata sismicità».

Non una semplice eruzione, ma un’eruzione complessa, nel corso della quale tutto ciò che nello stile del nostro vulcano poteva accadere… è accaduto. Un’eruzione da manuale, un’eruzione perfetta, una perfetta concatenazione di eventi unici.

27 ottobre 2002: a sinistra il pennacchio di cenere dal versante Sud, a destra quello dal versante settentrionale (foto Davide Scalia)

«Improvvisamente, nella notte del 26 ottobre del 2002, il magma spacca il tetto di rocce posto al disopra della zona di stoccaggio più superficiale, penetra con estrema violenza il fianco meridionale del vulcano e rapidamente risale lungo lo stesso percorso seguito e indebolito nella precedente eruzione del 2001. Questa volta la sismicità associata all’intrusione del magma si manifesta solo alcune ore prima dell’inizio dell’eruzione, l’ascesa è velocissima. Allerta e allarme hanno tempi eccezionalmente ravvicinati» [dal commento del documentario].

Gli eventi eruttivi che hanno interessato l’Etna (dall’alba del 27 ottobre 2002 al 29 gennaio 2003) si sono protratti per 95 giorni: giorni di fuoco, di terremoti e di apprensione su entrambi i versanti, quello meridionale e quello settentrionale.

L’Autore e l’amico Giovanni Tringali ispezionano un tratto della frattura del versante settentrionale: sullo sfondo, a destra, uno dei crateri ancora fumante (foto Jean-Claude Tanguy)

Entrambe le stazioni turistiche dei due versanti sono state seriamente danneggiate, quella del versante nord praticamente del tutto annientata: distrutti gli impianti sciistici, le strutture commerciali; interrotta la viabilità per l’accesso al Piano Provenzana e l’attività escursionistica verso i crateri sommitali.

Questa eruzione va annoverata tra le eruzioni di tipo biradiale (o diametrale) che l’Etna di tanto in tanto mette in atto: nel 1651 le colate laviche scaturirono «ex Septentrionali et Orientali plaga», come scrisse Athanasius Kircher nella sua opera Mundus Subterraneus pubblicata ad Amsterdam nel 1664, dirigendosi prima verso Mascali, e successivamente verso Bronte; nel 1879 un’eruzione di tipo biradiale interessò contemporaneamente il versante SO e quello NE, nel quale la colata lavica raggiunse il Fiume Alcantara.

Colate laviche del 2002-2003 in entrambi i versanti meridionale e settentrionale (fonte Ingv)

Vale la pena ricordare che nel corso dell’eruzione biradiale del 2002-2003, nel versante meridionale, nel Piano del Lago, si formarono i due coni piroclastici oggi denominati Monti o Crateri Barbagallo. Inoltre, sempre nello stesso versante, fu ricoperta quasi del tutto la struttura chiamata Torre del Filosofo, oggi completamente sepolta a causa delle numerose manifestazioni originatesi dal Cratere di Sud-Est.

A venti anni dall’inizio dell’eruzione le ferite causate dall’attività etnea sono ancora ben visibili; va detto però che, come tante altre volte accaduto in passato, la gente dell’Etna ha caparbiamente reagito: Piano Provenzana, per tanti anni rimasto fuori dai circuiti turistici, è tornato ad essere un punto di partenza per le escursioni ai crateri e nuove attività commerciali e strutture ricettive sono sorte.

L’Etna dà e l’Etna prende. Questo chi vive sulle pendici del vulcano lo sa bene.

In chiusura mi piace ricordare la figura di un noto personaggio del Piano Provenzana: l’amico Ignazio Russo, che oggi non è più con noi.

Con il titolo: raffigurazione artistica del teatro eruttivo del versante settentrionale. Disegno di Etna Draw (Klaus Dorshfeldt) – Collezione personale

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