di Rosario Catania

ROSARIO PAZZO

L’otto marzo 1669, primo Venerdì di Quaresima, fu una giornata destinata a rimanere particolarmente impressa nella memoria degli abitanti del piccolo borgo di Mompileri.

Anche se in quel secolo l’Etna era stata particolarmente attiva con ben undici eruzioni di varia durata, quello che avvenne sin dalle prime ore dell’otto Marzo del 1669, come ci è dato di sapere dalle cronache dell’epoca, fu subito chiaro a tutti che doveva essere qualcosa di realmente eccezionale. Sin dalle prime luci dell’alba, forti scosse sismiche colpirono il piccolo borgo e paesi limitrofi, provocando ingenti danni e distruzioni.

Tra i giorni 10 ed 11 il paese di Nicolosi venne raso totalmente al suolo, ad eccezione della Chiesa Madre, e nei tre giorni successivi, le scosse continuarono quasi ininterrottamente, tanto che la gente del luogo fu costretta a dormire all’aperto nonostante la stagione.

L’undici Marzo, alle ore 22, due larghe fenditure, una delle quali lunga 18 chilometri che si estendeva sino al cratere ellittico, si aprirono dietro il monte detto della Fusara, dalle quali cominciarono a fuoruscire ceneri e lapilli. Poche ore più tardi una terza bocca, apertasi dietro lo stesso monte, cominciò ad emettere un forte flusso di lava e alle ore 2 del 12, una quarta bocca si aprì tra monte Salazara e Mompileri, anch’essa effusiva.

Seguendo la naturale pendenza del terreno, la lava si diresse a ponente, verso Malpasso, raggiungendo dopo poche ore La Guardia di Malpasso e lo stesso Malpasso. Nel breve arco di dodici ore i due centri abitati furono, totalmente cancellati dalla geografia del luogo, lasciando al loro posto solo un fiume di “ferrigne e nericate selci” e “solo intatto lasciò per allora il Convento de’ Frati Zoccolanti Reformati” come testualmente riporta il libro del Tedeschi, pubblicato lo stesso anno dell’eruzione.

Il paese di Mompileri, sebbene fortemente danneggiato dalle potenti scosse sismiche dei giorni precedenti, ma protetto come era dal monte omonimo, non era stato ancora toccato dalla eruzione che, intanto marciava inesorabilmente verso Catania, divisa in diversi rami, distruggendo Nicolosi, San Pietro di Clarenza, Camporotondo, Misterbianco, Botteghelle, Torre del Grifo, Falliche,Plache e Mascalucia. Ma presto anche la speranza degli abitanti di quel borgo andò in frantumi, a causa dell’ apertura di una quinta bocca effusiva nella stessa zona della quarta, con la fuoriuscita di un poderoso flusso di lava.

Ecco cosa avvenne la sera del 13 Marzo, secondo una impressionante descrizione dell’epoca fatta dal Recupero:

Frattanto, venuta la sera, un braccio della divisata fiumana andò rapida ad urtare nella base settentrionale del Monte, ed ivi invisceratosi in esso, venne a perforarlo da banda a banda ed a sboccare nella parte meridionale di detto Monte. Fu senza meno una meraviglia troppo strana, vedere pullulare un torrente focoso dal seno del vecchio Monte, tutto verdeggiante per alberi e vigneti che lo ricoprivano. Ma tale spettacolo durò pochissimo perché scompaginato il Monte dalla veemenza e rapidità del torrente, si squarciò da per tutto con fenditure anche di un palmo e, risaccandosi tutta quella gran massa, si aprì un grandissimo trepido quasi al centro, si abbassò per metà per la parte che guarda ad Oriente e si otturò quel canale procacciatosi già da quel torrente, il quale, poscia, fu obbligato dal corso trasversale, circondare detto Monte dalla parte di Oriente, e poi andare a seppellire la vicina terra di Mompilieri come successe la stessa notte”.

La lava si muoveva così velocemente da non consentire a nessuno di salvare neanche le poche masserizie che potevano essere presenti nelle case di quella povera gente, prevalentemente pastori o contadini. Nonostante questo, alcuni volontari cercarono di salvare, in un disperato tentativo, il meraviglioso gruppo dell’Annunciazione, trasportandolo a spalla. Ma neanche quello fu loro concesso dal velocissimo incedere della lava. Percorse settanta “canne”, anche questo piccolo gruppo di fedeli fu costretto a desistere dall’impresa e, per potersi mettere in salvo, dovette abbandonare il gruppo marmoreo nei pressi, o dentro, la bottega di un fabbro.

Mompileri fu totalmente distrutta nell’arco di tre ore e mai più ricostruita. In poche settimane la lava giunse anche a Catania e coprì il Lago di Nicito e quello che un autore del tempo, il Massa, non esita a definire “le più belle e venerabili memorie dell’antichità catanese” come il Circo Massimo, l’Anfiteatro, il Colosseo, la Naumachia, circondò il Castello Ursino, distrusse gran parte delle mura di Catania poste ad Oriente ed arrivò sino al mare non prima di avere seppellito ed estinto“quei trentasei fonti di acque cristalline, detti volgarmente li Canali” che erano, probabilmente, parte del naturale rifornimento idrico di Catania.

Nel 1698, dopo circa 20 anni dall’eruzione, la gente di Mompileri, emigrata in quel che restava dei paesi limitrofi e a Catania, iniziò una serie di scavi nella zona della Chiesa Maggiore alla ricerca dei gruppi marmorei nella speranza che qualcosa potesse essersi salvato, grazie anche all’opera di Mecenate del Duca Giovann’Andrea Massa. Gli scavi non diedero alcun risultato, anche se fu raggiunta la zona della Cappella, probabilmente perché non tutti sapevano che il gruppo marmoreo dell’Annuciazione era stato spostato. Nel 1704 gli scavi furono ripresi forse a seguito dell’insistenza di una pastorella che si diceva certa dell’esistenza della statua della Madonna.

Il 18 Agosto 1704, dopo 35 anni dall’eruzione, fu raggiunta la nicchia dove era sistemata la statua ed agli occhi attoniti di coloro che eseguivano gli scavi apparve intatta la Statua così come, attualmente, si può ammirare sull’ Altare Maggiore del nuovo Santuario di Mompileri. Il 18 Gennaio 1955, a seguito di scavi eseguiti a circa “settanta canne” dal luogo dove doveva sorgere l’altare sono stati ritrovati i volti dell’Arcangelo e di Maria, oltre ad alcuni altri piccoli frammenti del famoso gruppo marmoreo.

(ricerche storiche e fotografie di Rosario Catania )

Rosario Catania

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