di Santo Scalia
Che i crateri dei vulcani attivi siano da sempre e dovunque considerati porte di accesso agli inferi è cosa risaputa. Ma una cosa sono i miti e le leggende, un’altra invece sono le testimonianze!
E testimoni di aver visto i diavoli sull’Etna sono rispettabilissimi cronisti del passato, Niccolò Speciale e Frate Bonaventura Seminara da Troina.
Niccolò Speciale, originario di Noto, fu rinomato cronista degli eventi accaduti in Sicilia; scrisse una Historia Sicula (otto libri in latino) che riguarda gli avvenimenti dal 1282 al 1337. Speciale fu inviato dal re Federico al Papa Benedetto XII, durante la sua permanenza ad Avignone, e per quel che ci riguarda in particolare fu spettatore dell’eruzione dell’Etna del 1329.
Speciale narra di parecchi uomini, nelle vicinanze del monte, che furono portati via dai diavoli, i quali, assumendo vari aspetti, profferivano terribili menzogne. A contrastare però i diavoli usciti dal Mongibello fu il miracoloso Velo della santa martire Agata: sempre Niccolò Speciale racconta l’evento: «Essendosi il torrente di fuoco diviso in tre braccia e l’uno di essi minacciando la città, prima che il fuoco invadesse il pomerio, gli fu opposto il velo della beata Agata, la quale aveva impetrato la liberazione della patria».
Anche Tommaso Fazello da Sciacca, autore delle Due Deche dell’historia di Sicilia, nel capitolo Del Monte Etna & de’ suoi fuochi del libro secondo, conferma tale episodio: «Nell’anno poi del Signore MCCCXXIX […] innanzi ch’egli arrivasse a’ confini del paese, i Catanesi cavato fuori il velo di Sant’Agata, lo spensero».
Frate Bonaventura, in una cronaca della disastrosa eruzione del 1669, narra che l’arcivescovo della Georgia, ritenendo che l’eruzione fosse opera dei diavoli, compì tutta una serie di esorcismi sotto i suoi stessi occhi. Scrive il frate: «Quest’anno [1669] crepò la Montagna di Moncipello a’ 7 di marzo sopra li sottoscritti casali e ne bruggiò undici, cioè Malpasso, Nicolosi, Potigelli, Guardia, Monpileri, Marretti, Camporotondo, San Pietro, Misteri bianco, un quartiere della Mascalucia, la metà di San Giovanni di Galermo, e per ultimo il giorno della Pasca di Resurrezione, a’ 9 aprile, entrò nella città di Catania a’ hore 22; e, prima di sonare le 24, rivò colle mura del convento dei Padri Benedettini, passò più innanzi e brugiò un quartiero col monistero di San Gerolimo».
Dopo aver descritto l’eruzione, il Frate narra del prodigioso fenomeno: «Venuto da Malta l’arcivescovo della Georgia, di natione greco, prelato di gran confidenza in Dio, per quanto potei vedere, che si trattenne nel nostro convento dieci giorni incirca, fattoci gli esorcismi mostrò che si fermasse, mentre per sua gentilezza e confidenza (che) ci haveva per causa che il reverendo padre guardiano, allora il Padre Arcangelo da Jaci me l’haveva dato in cura che vi assistessi, mi disse esserci assistenza personale de’ Spiriti Maligni e che, mentre era sopra la feluga, vide il demonio in corpo assunto, che assisteva con strumento in mano a intrizzare il fuoco (il) quale per exorcismi fatti, non solo si fermò che rea rivolto nel mare, ma né meno bruggò più case dentro la città: et io, frate Bonaventura da Troina, indegno sacerdote cappuccino, fui testimone di vista dalli 7 di marzo sino alli 10 di maggio».
Il diavolo in persona, quindi, “intrizzava” il fuoco nel 1669!
Letteratura, cinema, tradizione etc. hanno spesso trattato di diavoli e satanassi etnei: solo a titolo di esempio voglio ricordare, per la letteratura, la raccolta I diavoli del Gebel di Santo Calì, studioso, storico e scrittore di Linguaglossa scomparso nel 1972. L’opera, pubblicata postuma nel 1995, raccoglie miti, storie e fiabe della tradizione contadina etnea.
Il cinema, in particolare con l’indimenticato Pier Paolo Pasolini, ha trovato sull’Etna idonee ambientazioni: il vulcano divenne infatti set cinematografico per i films Teorema, Porcile e per I racconti di Canterbury.
Tra le tradizioni che ancora oggi sono vive nel territorio etneo c’è la cosiddetta Diavolata (o meglio, I Diavulazzi ‘i Pasqua), una rappresentazione dalle origini settecentesche sull’eterna lotta tra Male e Bene: i diavoli e la Morte cercano insieme di convincere gli Uomini a rimanere dannati, ma l’Arcangelo Michele interviene e sconfigge definitivamente Lucifero, rendendo l’Umanità libera. La rappresentazione si tiene nella piazza principale di Adrano, la domenica di Pasqua.
Con il titolo: il Sacro Velo di Sant’Agata viene portato contro il fiume di lava (da una illustrazione di Morabito)
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