di Giuseppe Riggio

Addio Vincenzino “custode dell’osservatorio”, Turi detto “marteddu”, Carmelo il pioniere, Antonio il coraggioso. Abbiamo scritto di voi. Ben prima siete stati ricordati dai grandi viaggiatori del passato. Patrick Brydone nel 1770 si affidò ciecamente al “Ciclope”, la guida dell’Etna che lo condusse – così racconta lo scozzese- per “luoghi mai calcati da piede umano”.

Per decenni, durante il Novecento, i professionisti etnei del turismo in montagna sono stati considerati anche gli affidabili osservatori dei fenomeni vulcanici, testimoni oculari che gli scienziati interpellavano rigorosamente prima di ogni sopralluogo. Da domani il mondo delle visite guidate sui vulcani siciliani cambierà molto. Racconteremo altre storie, probabilmente molto diverse da quelle del passato.

La guida Biagio Motta detto il Ciclope

La rivoluzione sta avvenendo sotto traccia, ma presto diventerà realtà. In pratica il Collegio regionale delle guide alpine e vulcanologiche è stato commissariato dall’Assessorato regionale al turismo e un professionista incaricato dalla Regione ha indetto una nuova selezione per 80 posti di Guida Vulcanologica. Considerato che l’intero Collegio attualmente conta 65 membri significa che entro due anni l’offerta di accompagnamento sarà più che raddoppiata tra Etna e Stromboli. Centoquarantacinque guide saranno quindi stabilmente disponibili, con la possibilità per ciascuna di loro di condurre gruppi da 20 turisti e quindi potenzialmente ogni mattina potrebbe mettersi in marcia un popolo composto da 2900 persone, desideroso di osservare da vicino l’attività dei vulcani attivi siciliani.

In pratica ovviamente non sarà così, ma suscita pensieri angoscianti, a chi ama i nostri coni fumanti, l’idea stessa che l’offerta di visite guidate possa raggiungere livelli di questo tipo. Cosa ne resterà dell’approccio individuale, personale, intimo a un ambiente che da sempre ha ispirato pensieri altissimi ed emozioni indimenticabili? Ma anche il ruolo stesso delle guide dell’Etna, con la loro storia pluri-secolare considerato che risultavano già organizzate nel 1880, ma attive – come abbiamo visto- anche nel diciottesimo secolo, quanto verrà stravolta da questa iniziativa dell’assessore regionale, Manlio Messina?

Da parte sua l’Assessore ha ovviamente spiegato le sue ragioni: la domanda turistica esiste ed è in aumento, perché non offrire posti di lavoro? Il ragionamento da un certo punto di vista non fa una grinza. Quello che non convince sono i numeri messi in campo, non la volontà assessoriale di offrire opportunità di lavoro. Immettere 80 nuovi operatori in soli due anni significherà un inevitabile congestionamento della fruizione su spazi che, ricordiamolo, sono molto limitati e governati da ordinanze dei vari sindaci che ne penalizzano ancora di più la fruizione.

La guida Antonio Nicoloso fotografato da Santo Scalia nel 2002

Di fatto la “riserva di caccia” attualmente garantita alle guide dalle discusse ordinanze sindacali si ferma a 2900 metri sul Mongibello e a circa 400 metri sul “faro del Tirreno”. Si tratta oltretutto di accompagnamento imposto dai sindaci e non scelto dagli escursionisti, come invece avviene su tutte le altre montagne italiane, anche quelle ben più impegnative e pericolose. Basti pensare a tutti i sentieri esposti e difficili esistenti sulle Alpi, oppure alla questione appena tragicamente emersa sulla Marmolada del crollo dei ghiacciai. Inoltre per i vulcani siciliani occorre considerare che si tratta di ambiti geograficamente molto limitati.

L’offerta che l’Assessorato regionale al turismo intende potenziare è infatti quella tipicamente rivolta alla fruizione dei crateri attivi siciliani, che esercitano una forza di attrazione magnetica, ma che di fatto sono vietati quasi stabilmente, perché nessuna autorità vuole ormai rischiare di prendersi una denuncia in caso di incidenti. I sindaci sostanzialmente preferiscono proibire a tutti (sulla carta), piuttosto che ritrovarsi facilmente in tribunale. Una parte delle guide etnee ha avanzato anche un ricorso al Tar per cercare di opporsi allo stravolgimento quantitativo del loro ambito lavorativo.

Facile bollare questo tipo di iniziative come una difesa da parte di chi già opera e guadagna contro i nuovi potenziali concorrenti. In realtà, come abbiamo visto, ci sono invece aspetti di non poco conto che coinvolgono il rapporto stesso del “popolo dei montanari” e degli appassionati con gli amati vulcani siciliani. La modalità in cui avverrà la fruizione di luoghi speciali quali sono l’Etna e lo Stromboli riguarda non solo i professionisti e i loro accompagnati. Ridurre i vulcani attivi a una sorta di angusto centro commerciale in cui affollarsi per osservare da lontano la presenza di una “star” dello spettacolo, non farà bene alla reputazione e al rispetto che è dovuto a territori di eccezionale bellezza e valore naturalistico. Così come la professione di guida non può essere a tal punto inflazionata, da ridursi a quella di esperto del grande centro commerciale in cui provare a vendere boccette contenenti brividi vulcanici.

Probabilmente basterebbe ridurre i posti da mettere a concorso a un numero ragionevolmente compatibile con i 65 professionisti già in attività per far valutare in maniera diversa tutta l’iniziativa assessoriale. Lasciando così oltretutto ulteriori spazi per assicurare nei prossimi anni il necessario ricambio generazionale. E nel frattempo mettere mano seriamente al dossier “fruizione vulcani attivi”, che resta una anomalia tutta siciliana, ridondante di divieti e proibizioni, mentre i veri pericoli si corrono su cime che sono ben lontane dalla nostra magnifica isola, ma dove -giustamente- gli stessi soccorritori sottolineano che il “rischio zero in montagna non esiste”.

Con il titolo: l’Etna e lo Stromboli (dal web) 

Giuseppe Riggio

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