di Enzo Ganci
“C’erano una volta due sposi, che formarono una famiglia ed ebbero nove figli. Erano Mamma Grammatica e Papà Vocabolario ed i loro figli si chiamavano: Articolo, Nome, Aggettivo, Pronome, Verbo, Avverbio, Preposizione, Congiunzione, Esclamazione. Erano le nove parti del discorso”.
Questa non è una favola di Andersen o dei fratelli Grimm. Era una lezione tenuta ai bambini di prima elementare da una grande maestra di tanti anni fa e che adesso, purtroppo, non c’è più. Un espediente per esser certi che quella lezione, anche se dovesse passare un secolo, non sarebbe stata dimenticata.
Erano parole di Giuseppina Messina, per quasi quarant’anni insegnante della scuola elementare “Pietro Novelli” di Monreale, dalla cui cattedra e dai cui insegnamenti sono passate tante generazioni di monrealesi. Era il suo modo di fare lezione …
Giuseppina Messina, classe 1916, era rimasta orfana di padre quando aveva appena due anni. Il suo papà, infatti, Antonino Messina, era morto sul Carso a fine ottobre del 1918, durante la Prima Guerra Mondiale, qualche giorno prima della sua conclusione, avvenuta – come tutti sappiamo – con la vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto del 4 novembre di quell’anno, quando le truppe italiane, comandate dal generale Armando Diaz, sconfissero definitivamente l’esercito dell’impero austro-ungarico, chiudendo il conflitto a proprio favore.
Un uomo sfortunato, il soldato monrealese Antonino Messina. Dopo tre anni di dura trincea, fatta di freddo e di stenti, era stato colpito da un proiettile austriaco, a pochi giorni dal “cessate il fuoco”, perdendo la vita e lasciando nella disperazione la sua famiglia che lo aspettava invano a Monreale e che, quando lui poteva scrivere, leggeva con trepidazione le sue lettere dal fronte. Oggi è sepolto nel Sacrario monumentale di Redipuglia, in Friuli Venezia Giulia.
Giuseppina, quindi, crebbe nel mito del padre e della sua memoria, ma soprattutto nel mito delle Forze Armate, impegnate per difendere la Patria.
Una vera e propria “devozione”, che trasmise per tanti anni ai suoi numerosi alunni, ai quali insegnava l’inno di Mameli, così come le canzoncine dei Bersaglieri, degli Alpini e tutto quello che richiamasse il valore del “sacro amor di Patria”.
Formata ai valori strettamente cattolici, Giuseppina Messina era una di quelle maestre che oggi definiremmo “all’antica”, di quelle che non si risparmiavano un solo istante, che non mancavano mai da scuola e che ritenevano valori imprescindibili la disciplina e le buone maniere.
Erano i tempi in cui anche i bambini di sei anni che arrivavano alla prima elementare, rivolgendosi all’insegnante rigorosamente con il “Lei”, la chiamavano “Signora Maestra”. Un appellativo che era solo il segno di un rispetto verbale nei confronti dell’insegnante.
Erano i tempi in cui si imparavano le poesie a memoria, così come le tabelline, le province delle Regioni d’Italia, le capitali di Stato o gli affluenti di destra e di sinistra del Po. Quando si facevano le gare di lettura o ci si sfidava sulla lezione del giorno, per stimolare la competizione. I tempi in cui si entrava in classe tutti in fila per tre, senza vociare e ci si alzava in piedi in automatico e … “senza pipitare” quando in classe entrava un’altra insegnante, se non addirittura il direttore.
Quando gli alunni più monelli prendevano qualche innocente “scappellotto” senza fare tragedie e i loro genitori non si sognavano affatto di chiamare il Telefono Azzurro. Anzi, schierandosi spesso, per partito preso, dalla parte della maestra, provvedevano ad infliggere quello che era una pietra miliare del sistema educativo di quel tempo: il cosiddetto “resto”.
Tempi che – purtroppo o per fortuna non saprei – francamente dire non torneranno più. Così come non tornerà più quella grande, grandissima figura di Giuseppina Messina, un’insegnante, ma ancor prima una maestra di vita, alla quale centinaia di monrealesi, me compreso, debbono dire un sincero, profondo e commosso: grazie
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