di Marco Gambino
“ Marco, quando hai tempo vedi se riesci a mettere in scena questo atto unico su Pio La Torre che ho scritto qualche anno fa; sarei molto felice se tu riuscissi a dare vita all’anima di quest’uomo straordinario ”. Queste furono le parole che, pochi mesi prima di morire, mi disse il caro amico, grande intellettuale, Vincenzo Consolo, porgendomi il volumetto del dramma.
Le rare volte che passavo da Milano una visita a Vincenzo e sua moglie Caterina, seppur breve, era d’obbligo. Sedermi a tavola con loro davanti ad un piatto di pasta seguito dalla consueta insalata a base di aringhe e arance era un grande privilegio. Quello che m’incantava di Vincenzo era la sua estrema semplicità, il suo essere siciliano senza fronzoli.
Di Pio La Torre avevo sentito parlare. Il suo nome echeggiava nella mia memoria da molti anni. Ma come spesso succede, quello che lo aveva reso indelebile era la tragica fine che era stata imposta a lui ed al suo autista Rosario Di Salvo la mattina del 30 Aprile del 1982. Indelebili le immagini della Fiat 131 crivellata dai colpi di kalashnikov. Indelebile la gamba di Pio fuori dal finestrino. indelebili le immagini dei funerali in Piazza Politeama.
Non sapevo però che era figlio di contadini. Non sapevo che studiava di notte e lavorava nei campi di giorno. Non sapevo che era stato lui il padre della riforma agraria in Sicilia. Non sapevo molte altre cose.
Per mesi quel libro restò nei miei scaffali, fino al giorno in cui incontrai Leonardo Mancini, un ragazzo di Milano che conquistato dal fascino di Palermo aveva deciso di stabilire li per qualche mese la sua sede. Tra le varie attività svolte da Leo tra Palermo e Milano ce n’era una che mi affascinava particolarmente. S. Giovanni Decollato, una chiesa situata “nell’ombelico della citta” era diventata, grazie agli sforzi di Leonardo ed all’impagabile supporto di Padre Cosimo Scordato, un centro di attività culturali che avevano lo scopo di coinvolgere gli abitanti del depresso rione di Ballarò. Durante la settimana, fra i doposcuola per i bambini, i cineforum e le mostre d’arte, si alternavano i corsi di recitazione per attori non professionisti curati da Leonardo.
Concepii tutto in un attimo. Pio La Torre figlio della terra, nato in una famiglia di poveri contadini in una Conca d’oro ancora profumata di aranci e limoni, non poteva se non essere raccontato teatralmente da un coro a più voci. Perché non provare a raccontare Pio La Torre con un gruppo di attori non professionisti trovati tra la gente comune che non aveva mai calcato un palcoscenico, di età ed estrazioni sociali diverse educandoli al Teatro cosi come Pio aveva fatto con i contadini educandoli alla democrazia?
E cosi nel giugno del 2014, nella chiesa di San Giovanni Decollato, iniziò il viaggio di “Pio La Torre orgoglio di Sicilia” insieme a Marisa Di Simone, Antonella Gurrieri, Daniele Prestigiacomo, Carmelo Nasello, Gianandrea Dagnino e Leonardo Mancini. Un “cunto” che racconta la storia di un uomo che ha cercato di cambiare la storia del popolo siciliano. Insieme a loro e con le parole di Vincenzo sui palcoscenici che da allora ci hanno ospitato rendiamo omaggio ad uomo straordinario. Alle immagini della sua tragica fine abbiamo aggiunto quelle della speranza, dell’impegno, del crederci a tutti i costi.
Ogni volta che salgo sul palcoscenico per entrare dentro di lui ho i brividi.
Dopo il grande successo di lunedì scorso all’Istituto Italiano di cultura di Bruxelles, per “Pio La Torre, orgoglio di Sicilia” prossima rappresentazione al Teatro Lelio, Palermo, domani 29 Aprile alle ore 21. Ingresso libero
(Gaetano Perricone). Aggiungo solo due parole per dire che Marco Gambino, se non lo conoscete, è un bravissimo e affermato attore palermitano che vive da più di vent’anni a Londra. Sono dunque davvero onorato di ospitare sul Vulcanico questa straordinaria testimonianza “da dentro” su questo suo importantissimo e quanto mai prestigioso impegno teatrale. Tra le varie sue interpretazioni, ha avuto un grandissimo successo recitando sui palcoscenici di mezza Europa le “Parole d’onore” dal libro di Attilio Bolzoni, grande giornalista di “Repubblica”, sul linguaggio mafioso. In Tv ha avuto parti nelle popolari fiction “Il Capo dei Capi” e “Squadra Antimafia“. Scrivo queste righe su di lui con più che un pizzico di orgoglio familiare: Marco, artista di razza con un notevole talento naturale e una enorme passione coltivata da bambino, è mio cugino di primo grado, siamo figli di sorelle. Siamo cresciuti insieme e questa sua progressiva affermazione a livello internazionale mi fa un immenso piacere, ma in fondo non mi sorprende. E’ sempre stato attore, vero. L’ho visto recitare Pio La Torre a Cefalù e mi sono entusiasmato e commosso, anzi emozionato all’idea che un personaggio del genere, per me un mito e un eroe, fosse interpretato così bene, con tanta bravura, passione e impegno civile, da Marco. Ad majora, carissimo cugino. E voi, se non l’avete visto, non perdetevi questo straordinario spettacolo.
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