di Maurizio Muraglia*
Scioperare per protestare. La scuola lavora ogni giorno, e a ondate eleva il suo grido di dolore. Nel 2008 contro Gelmini, nel 2015 contro Renzi, nel 2022 contro Draghi. Ogni sette anni. Solo nel primo caso si trattava di una ministra e non di un presidente del consiglio. Infatti negli ultimi due casi i ministri sono soltanto dei passacarte. Lo era per la verità anche Gelmini, in relazione a Berlusconi-Tremonti, ma chissà perché ci ricordiamo di Gelmini.
Scioperare è cosa buona e giusta, è un atto di democrazia. Il sindacato fa la sua parte, ed anche questa è cosa buona e giusta. Niente è fuori posto. Ma la politica non può cambiare, e se cambia cambia perché lo aveva messo in conto prima delle proteste e farà finta di averle ascoltate. Come ha fatto Bianchi quando ha tolto la seconda prova della maturità al ministero, ne ridusse il punteggio e la concesse alle commissioni. Pacca sulla spalla dei protestanti. Metodo semplice: scrivo il peggio, faccio protestare e poi arrivo dove volevo.
La politica scolastica degli ultimi vent’anni è figlia della saldatura tra politici e ventre molle popolare che di istruzione non gliene frega nulla. Lo stesso ventre molle che sostiene partiti populisti cui a loro volta della scuola non importa anche perché i loro massimi rappresentanti ne hanno fatto pochina. E si vede quando parlano. I partiti non populisti si costernano, si indignano, si impegnano poi gettano la spugna con gran dignità perché anche loro non sanno che pesci prendere e pur di stare al governo mangiano qualsiasi minestra, compresa quest’ultima inserita nel PNRR.
Le ragioni della protesta nel 2008, nel 2015 e nel 2022 sono diverse: tagli orizzontali feroci e riordino classista (2008), Buona scuola (2015) e adesso PNRR, ma se vai a guardare attentamente non manca la continuità: trattamento economico straccione, tagli alla spesa per la scuola, ambiguità delle politiche per il reclutamento. Attorno a questi tre tronchi irrisolti si avvolgono come rampicanti questioni via via emergenti, dall’alternanza scuola lavoro, al tentativo di differenziare le carriere, ai vari bonus premiali, alla formazione in servizio legata al salario e via discorrendo. I sindacati vengono riveriti a parole, ma la loro rilevanza, come quella delle associazioni professionali, in viale Trastevere è nulla. E certamente non è una bella notizia.
Ma la vera continuità sta ancora più a monte delle continuità, e sta nell’imbarbarimento progressivo della società (in)civile, che di cultura, educazione, apprendimento non sa più che farsene dal momento che ormai innalza altari alle nuove élites chiamate influencer e parcheggia i ragazzini a scuola per strappare un pezzo di carta come che sia. Una politica seria dovrebbe far crescere la società piuttosto che rispecchiarla. Invece sembra non siano più concepibili governi che non siano espressione di questa società che di sociale ormai ha soltanto i social. Né potevano cambiare la musica l’ammucchiata emergenziale di questo governo e l’attuale ministro “affettuoso”, che di affettuoso ha soltanto il modo di maneggiare il celebre ombrello di Altan (per i più giovani consultare Google digitando ombrello Cipputi).
*Insegnante presso Liceo Europeo Maria Adelaide di Palermo
Con il titolo e dentro l’articolo: la manifestazione del 30 maggio 2022 a Palermo (foto di Laura Mollica)
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