FONTE: Ufficio Stampa INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Dallo studio comparato sui vulcani Kīlauea (Hawai), Piton de la Fournaise (La Réunion) ed Etna (Italia), individuate le dinamiche dell’instabilità di fianco di diversi edifici vulcanici. I risultati di questo nuovo approccio, realizzato da un team di ricercatori INGV, USGS, IPGP, sono stati pubblicati su Journal of Volcanology and Geothermal Research
Individuati alcuni meccanismi comuni che innescano e condizionano le dinamiche dell’instabilità di fianco, persistente e continua, presenti su parecchi edifici vulcanici, mettendo a confronto vulcani diversi in termini di dimensione, attività eruttiva e contesto geodinamico regionale. Sono i risultati dello studio, a firma Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), United States Geological Survey (USGS), IPGP francese, pubblicato su Journal of Volcanology and Geothermal Research
(http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0377027317301002).
La dinamica dei fianchi degli edifici vulcanici rappresenta un importante elemento di pericolosità. Oltre a condizionare la propagazione di fratture che non solo possono generare terremoti e dissesti fino ai versanti più bassi, ma alimentare pericolose eruzioni laterali (come se ne osservano frequentemente all’Etna), l’instabilità di fianco può evolvere a tal punto da generare un vero e proprio collasso laterale dell’edificio, uno degli eventi vulcanici e naturali in genere più distruttivi e pericolosi.
“Questo lavoro”, afferma Alessandro Bonforte, ricercatore dell’INGV- Sezione di Catania – analizza, tramite uno studio comparato su tre vulcani, tra i meglio studiati al mondo, Kīlauea (Hawaii), Piton de la Fournaise (La Réunion), Etna (Italia), le dinamiche dell’instabilità di fianco persistente e continua che si osserva su parecchi edifici vulcanici”.
Lo scopo è individuare i meccanismi comuni che innescano e condizionano questa dinamica, mettendo a confronto vulcani molto diversi in termini di dimensione, attività eruttiva e contesto geodinamico regionale.
“I tre vulcani analizzati sono molto attivi e presentano tutti un’evoluzione complessa, caratterizzata, per lo più, dallo spostamento nel tempo del centro eruttivo. Nonostante ciò, sono molto diversi tra loro, sia in termini di dimensioni e volumi sia per contesto geodinamico. Riguardo a quest’ultimo aspetto, l’Etna rappresenta l’elemento più complesso, essendosi sviluppato in un contesto dinamico di collisione attiva tra Africa ed Europa, al margine tra crosta continentale e oceanica, rispetto a un semplice edificio che si accresce indisturbato su un substrato stabile e che si deforma solo sotto il proprio stesso peso”, prosegue Bonforte.
Tutte le informazioni disponibili, dai dati bibliografici a quelli geologici e geofisici, sono state correlate alle misurazioni, grazie alle reti di monitoraggio, delle diverse velocità di movimento di fianco.
“Per la prima volta sono state messe a confronto dinamiche relative a vulcani differenti, seppur caratterizzati da instabilità di fianco persistente, cercando di quantificare e parametrizzare i fenomeni osservati e misurati. Un primo approccio di analisi comparata per comprendere gli elementi scatenanti dei fenomeni di instabilità e i processi che ne possono condizionare la possibile evoluzione verso un fenomeno stabile e lento o verso un collasso repentino e violento”, conclude il ricercatore.
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